Il divieto di accaparramento di clientela
L’articolo 37 del Codice Deontologico Forenze
Acquisire nuova clientela e ottenere nuovi incarichi rappresenta una necessità vitale per la professione forense, analogamente a quanto accade per tutte le professioni intellettuali.
Nel mercato dei servizi legali, l’incontro tra domanda e offerta è reso particolarmente arduo dal fatto che l’incarico all’avvocato si basa su un rapporto di stretta fiducia, il quale presuppone che il cliente conosca personalmente il professionista.
A differenza delle attività commerciali, dove la promozione e la vendita possono essere aggressive e dirette, nella professione forense l’acquisizione di clientela è rigorosamente disciplinata da principi deontologici, che mirano a conciliare l’esigenza del professionista di espandere la propria attività con la salvaguardia del decoro professionale, la lealtà tra colleghi e, in particolare, la libera decisione del cliente.
L’acquisizione di clientela da parte degli avvocati è strettamente regolamentata dall’articolo 37 del Codice Deontologico Forense.
L’articolo 37 del Codice Deontologico Forense “DIVIETO DI ACCAPPARRAMENTO DI CLIENTELA” impedisce agli avvocati di acquisire clienti con mezzi scorretti o non conformi a correttezza e decoro.
“1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.
2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per I’ottenimento di incarichi professionali.
3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.
4. È vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
5. È altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.
6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.”
Il primo comma vieta esplicitamente agli avvocati di procurarsi clienti tramite agenzie, procacciatori d’affari o comunque in modi che non rispettino i principi di correttezza e decoro professionale.
Il secondo comma vieta espressamente all’avvocato di corrispondere o anche solo promettere a colleghi o a terzi provvigioni o altre forme di compenso in cambio della presentazione di clienti o dell’ottenimento di incarichi professionali.
Il terzo comma dell’articolo 37 mira a prevenire qualsiasi forma di “compravendita” di clientela o incarichi, sanzionando sia il tentativo (offerta di omaggi o prestazioni) che l’azione compiuta (promessa o corresponsione di vantaggi) finalizzati a tale scopo.
Il quarto comma sanziona l’avvocato che, direttamente o tramite intermediari, proponga le proprie prestazioni professionali presso l’abitazione degli utenti, nei loro luoghi di lavoro, di riposo o di svago, nonché in spazi pubblici o aperti al pubblico.
Il quinto comma sanziona l’avvocato che, di propria iniziativa e senza aver ricevuto una specifica richiesta, offre a una persona ben precisa una prestazione professionale ritagliata su una sua particolare problematica o affare.
Il sesto comma stabilisce la sanzione disciplinare applicabile in caso di violazione di uno qualsiasi dei divieti di accaparramento della clientela. Ogni qualvolta un avvocato ponga in essere una delle condotte vietate dai commi da uno a cinque dell’articolo 37 (l’utilizzo di procacciatori, l’offerta di compensi per la presentazione di clienti, l’offerta di servizi in luoghi inappropriati o prestazioni personalizzate non richieste), sarà soggetto alla sanzione disciplinare della censura.
Costituisce accaparramento di clientela, e quindi una violazione deontologica, l’accettazione di un incarico professionale con un compenso onnicomprensivo irrisorio, in quanto tale pratica, pur non essendo di per sé illecita, lo diventa quando realizzata con modalità non conformi a correttezza e decoro. Anche la diffusione di informazioni da parte di un avvocato, tramite siti internet, che offra prestazioni professionali gratuite, a prezzi simbolici o comunque bassamente commerciali, costituisce una violazione disciplinare.
E’ doveroso ricordare che costituisce illecito deontologico quale accaparramento vietato di clientela il comportamento dell’avvocato che induce il cliente a conferirgli l’incarico di procedere in giudizio con la promessa che gli onorari saranno corrisposti solo in caso di vittoria.