Riforma del 139 e la politica del mettere a tacere
In questi giorni sto rivivendo l’esperienza di chi, legittimamente, solleva dubbi e perplessità sulla riforma proposta dal Cn,
portando argomentazioni che, possono non essere condivise, ma sono precise e circostanziate ed invece che essere valorizzato come spunto per un dibattito, va incontro ad attacchi da parte di coloro che portano avanti la politica de” i panni sporchi che si lavano in famiglia”.
Secondo questa corrente di pensiero, in altre parole, su un tema come il futuro della nostra professione, partita strategica per i nostri iscritti, ai Presidenti degli ordini territoriali è richiesto di stare zitti, di non diffondere le tante osservazioni sollevate nell’unica riunione di confronto sul Dlgs.139/05 svoltosi a luglio, perché solo una voce può dare la propria versione ed è quella del Presidente nazionale.
Non condivido e non ritengo di dover sottostare a questa politica delle “segrete stanze” perché riflette un approccio oligarchico che non condivido.
Appare evidente che, a fronte dell’intensa campagna mediatica del CN sia verso la politica che verso gli iscritti sulle motivazioni che hanno indotto alla stesura dell’ attuale testo, l’unico percorso per far conoscere voci dissenzienti sia utilizzare lo stesso metodo.
Del resto la tecnica de “i panni sporchi si lavano in famiglia” se condivisibile in altri casi, appare totalmente inappropriata in questo contesto.
L’Ordine di Milano (ed io in prima persona), infatti, non è mai stato (né sarà) volano di notizie lesive dell’immagine del CN e della categoria…ma qui il piano è differente e verrei meno al mio ruolo di presidente se non dichiarassi apertamente il mio dissenso.
Va, poi, sottolineato che, di fatto, il testo definitivo è stato diffuso e portato alla politica senza essere stato condiviso e nemmeno votato dai Presidenti, non consentendo ,quindi, a chi non condivideva la proposta, di esprimersi formalmente in merito.
Unica strada lasciataci dal Presidente de Nuccio stesso, a questo punto, è quella della comunicazione verso l’esterno, ben consapevoli di innescare le solite “difese d’ufficio”.
Un’altra tecnica per cercare di mettere a tacere chi la pensa in modo diverso è l’ accusa di dietrologia…la conosco molto bene perché spesso usata proprio contro di me.
Non si discute del merito, non si argomenta in modo civile con osservazioni specifiche, avviando un costruttivo confronto….con l’approccio di “Catone il censore” si parte con un attacco alla persona accusandola di chi sa quali fini.
Per chiarezza, rispetto il CN e il suo Presidente e ne riconosco il ruolo…ma non vi è nessuna “lesa maestà ”nell’esprimere in pubblico la propria opinione, soprattutto su un tema come la riforma che non rientra, di certo, fra le competenze esclusive del Consiglio Nazionale (che avrebbe dovuto avere, per tale motivo, solo la funzione di semplice coordinatore del tavolo di lavoro sulla riforma con la presenza, fra l’altro, anche dei sindacati).
Mi chiedo…ma le pressioni per far tacere chi non condivide questa proposta, con l’ostentata difesa dei principi democratici “che c’azzeccano”?


Concordo pienamente.
Vorrei organizzare una conferenza via zoom per dare possibilita’ ai colleghi di esprimere liberamente le loro idee.
Non e’ prevista dalla regolamento ma una mozione di sfiducia nei confronti del Presidente De Nuccio e dei componenti del Consiglio Nazionale sarebbe opportuna.
Ho lottato per tre anni nei Tribunali italiani sino alla Cassazione ed alla Corte Costituzionale per veder accolto il mio diritto a sostenere gli esami di abilitazione come ragioniere commercialista.
Dopo 49 anni di iscrizione all’Albo sono disposto a ricominciare da capo per difendere la professione.
Io ci sono.
Cara Marcella, (mi permetto di darti del Tu esclusivamente perché in passato mi hai concesso di farlo). Sei una professionista encomiabile, anche quello che scrivi è sacrosanto, il confronto tra intelligenze è vitale per una comunità; solo che dimentichi di evidenziare che l’approccio “oligarchico” delle “segrete stanze” e le solite “difese d’ufficio” andrebbero “risolte” anche a livello territoriale. Perché quando si difendono i diritti, si difendono i diritti di tutta la comunità, non solo della cosiddetta èlite. Io non ho 49 anni di iscrizione all’Albo, me ne sono bastati 7 per capire tutto. Anche NOI ci siamo.