Non solo litio ma anche sodio nella decarbonizzazione.

Non solo litio ma anche sodio nella decarbonizzazione.

Un aspetto nodale è rappresentato dalla possibilità di trovare alternative alle batterie al litio nel processo di decarbonizzazione.

In questi giorni, oltre ad un ulteriore sviluppo dei supercondensatori (supercaps), che nel recente hanno avuto una serie di applicazioni promettenti, il Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali del KAIST (Korea Advanced Institute of Science and Technology) ha annunciato la creazione un prototipo di batteria al sodio con prestazioni interessanti, in prima battuta, circa due terzi delle batterie al litio.

Un aspetto che potrebbe far rivalutare questa soluzione riguarda il tempo di ricarica che potrebbe essere ridotto a pochi minuti superiore, comunque, ai citati supercaps che si possono ricaricare in una manciata di secondi.

Il sodio, inoltre, è più diffuso e molto meno inquinante del litio, basti pensare che è il catione (la metà della molecola) del cloruro di sodio, il sale da cucina, anche se le dimensioni del suo atomo paiono poter limitare, al momento, la densità energetica (quantità di energia immagazzinabile) delle singole batterie.

Un dubbio è però in agguato: perché queste ed altre soluzioni che ci affrancherebbero dal legame vincolante con la Cina sono poco presenti nei media e nelle discussioni come possibili alternative alle batterie al litio?

La risposta è abbastanza logica: perché il mondo industriale ha già sposato la soluzione cinese, ossia le batterie al litio, con ingenti investimenti che condizionano lo sviluppo e l’adozione di altre soluzioni.

D’altra parte, forse proprio per questo, il folletto Elon Musk sta confermando, salvo uno degli improvvisi mutamenti di rotta che lo contraddistinguono, il suo impegno nello sviluppo delle batterie al litio, scartando le altre soluzioni.

Detto questo, una riflessione, che pare emergere dai dati resi disponibili nelle ultime settimane, dovrebbe ridurre o almeno mitigare la quasi parossistica frenesia di eliminazione delle auto a motore endotermico nelle grandi città portata avanti specialmente dai sindaci aderenti al gruppo C40 Cities.

Le emissioni di anidride carbonica europee sono, infatti, il 10% di quelle totali e il 13% di queste è addebitabile al settore automobilistico in toto, compresi i trasporti pesanti.

In definitiva parliamo dell’1,3 delle emissioni globali che se trasformato in elettrico potrebbe evitare, e solo se l’energia fosse fatta integralmente da fonti rinnovabili, una quota tutto sommato modesta delle emissioni.

Altre considerazioni da analizzare vedono il nostro paese al terzo posto in Europa per la produzione di energie rinnovabili con una percentuale pari a circa il 45 % della produzione di energia elettrica totale.

In tali conteggi non si dice che però che l’intero comparto delle rinnovabili non solo non coprirebbe che una percentuale molto modesta del fabbisogno energetico dell’automotive (Radio 24 del 31/8/24) e che copre, ad oggi, una minima percentuale del fabbisogno energetico della futura produzione di idrogeno.

Idrogeno, che al momento può trovare impiego solo nell’industria chimica o nel trasporto su rotaia stante l’indisponibilità di auto ad idrogeno (sono disponibili solo Toyota Mirai e la Hyundai Nexo, con 13 immatricolazioni totali nel recente) non tanto per il costo ma per il nodo irrisolvibile, al momento, del trasporto e distribuzione dell’idrogeno per autotrazione.

Forse è molto meglio incentivare le politiche energetiche del settore civile e, specialmente, aziendale che vedono alcune grandi aziende operare e promuovere l’indipendenza energetica civile con il fotovoltaico almeno nei piccoli centri e il recupero dei solai dei complessi industriali dismessi per convertire delle superfici termo radianti in superfici di recupero energetico.

Cosa meritevole, peraltro, effettuata nel primo caso con un grande finanziamento specifico dall’attuale Governo, ma non adeguatamente pubblicizzato sui media.

Tornando ai sistemi di accumulo dell’energia, forse, l’attendismo indotto dalla strapotenza delle soluzioni al litio, nel futuro, potrà essere di vantaggio per chi come il nostro Paese di litio non ne possiede ma che potrebbe iniziare a produrre tanta energia fotovoltaica (il sole non ci manca!) in loco e sfruttare le nuove soluzioni di accumulo energetico oggi in fase di sperimentazione.

 

 

 

 

 

 

 

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