Equo compenso…equo per chi?

Equo compenso…equo per chi?

La legge  sull’equo compensoLegge 21 aprile 2023, n. 49  ha introdotto alcune prescrizioni specifiche in relazione al compenso

che deve essere stabilito fra il professionista e il cliente laddove questi rientri fra le seguenti categorie:

  • imprese bancarie assicurative e loro controllate, mandatarie;
  • imprese con più di 50 lavoratori;
  • imprese con ricavi annui superiori a 10 milioni di Euro;
  • pubblica amministrazione e società a partecipazione pubblica.

Sono escluse dall’ambito di applicazione della nuova disciplina le prestazioni rese dai professionisti a società veicolo di cartolarizzazione e  quelle rese in favore di agenti della riscossione.

Il principio è certamente corretto poiché stabilisce che la corresponsione di un compenso deve essere  proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti.

Per i professionisti iscritti agli ordini e collegi,  la legge specifica che i valori presi a riferimento sono attualmente quelli stabiliti da Decreto ministeriale n. 140/2012, che dovranno essere comunque aggiornati.

Il professionista, in questo caso il Commercialista, che non rispetta queste indicazioni può essere sanzionato in disciplina.

Tutto ciò avrebbe senso se fosse stato introdotto dopo l’aggiornamento de valori attribuiti alle prestazioni che, ad oggi, con l’applicazione del citato Decreto, sono assolutamente sproporzionati alle attività svolte.

Non solo: il commercialista, spesso, si trova a subire la concorrenza di soggetti che non sono vincolati a questa norma e, di conseguenza, rischiano di trovarsi in un notevole svantaggio in un contesto competitivo già molto aggressivo.

Quindi se il commercialista non applica le tariffe rischia sanzioni disciplinari, ma se le applica subisce la minaccia di perdere il cliente.

Eppure all’epoca, il CNDCEC espresse soddisfazione su una norma che, ad oggi,  per chi non ha esclusive contiene  indubbie criticità.

Forse, ad esempio, sarebbe stato opportuno prevedere le sanzioni per prestazione piuttosto che per categoria vincolando tutti coloro che effettuano un’attività verso la clientela…così l’equo compenso che, di principio, è corretto prevedere, avrebbe posto tutti gli operatori sullo stesso piano.

A distanza di un anno il CNDCEC pur avendo molta fretta nell’approvare il nuovo codice deontologico (che ha sollevato molte polemiche e l’impugnativa da parte di un sindacato di categoria) oltre che la modifica di una legge istitutiva  (che certamente non ha carattere di urgenza), non ha invece ancora aggiornato i valori ai quali ci si deve attenere.

A distanza di un anno e avendo registrato tante perplessità sull’applicazione a noi commercialisti di questa norma anche ( e forse soprattutto) proprio nei confronti della pubblica amministrazione e delle società a partecipazione pubblica un dubbio sale alla mente…equo compenso…equo per chi?

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