Siglato Patto di stabilita e crescita in Europa nuove regole

Siglato Patto di stabilita e crescita in Europa nuove regole

Raggiunto l’accordo sul patto di stabilità in Europa e si è molto discusso delle conseguenze che da tali accordi possono derivare all’Italia

Il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) è un accordo internazionale stipulato e sottoscritto nel 1997 dagli Stati membri dell’Unione europea che riguarda il controllo delle politiche di bilancio pubbliche dei paesi aderenti all’Eurozona.

L’obiettivo principale  è quello di mantenere e rafforzare i requisiti di adesione all’Eurozona e promuovere una più stretta integrazione monetaria.

In sostanza il patto prevede che gli Stati membri rispettino due parametri relativi al bilancio dello Stato:

  1. Deficit pubblico: Deve essere inferiore al 3% del PIL.
  2. Debito pubblico: Deve essere al di sotto del 60% del PIL o comunque tendente al rientro.

Ove un Paese non rispetti questi parametri, sono previste fasi di avvertimento e raccomandazione. Se le misure correttive non vengono adottate, possono essere applicate sanzioni proporzionali al deficit eccessivo.

Nel Patto sottoscritto sono previste, fra l’altro, le seguenti regole:

  • l’obbligo di mantenere il rapporto deficit/Pil entro il 3% e il rapporto debito pubblico/Pil sotto il 60% senza l’obbligo di ridurre di 1 ventesimo all’anno la quota del rapporto debito/Pil in eccesso rispetto al livello del 60% (come era in precedenza).

gli  Stati non in linea con i parametri dovranno mettersi in regola con piani di 4 anni o (in caso di riforme e investimenti) di 7 anni, come proposto dalla Commissione europea, e concordati sul modello di Piani nazionali di ripresa e resilienza. Gli Stati con un deficit sopra il 3% dovranno ridurlo dello 0,5% all’anno.

Nei piani di rientro, il parametro di riferimento sarà la spesa primaria netta, ovvero il totale della spesa pubblica, calcolato però sottraendo la spesa per gli interessi sul debito, la spesa ciclica per la disoccupazione e le spese sovvenzionate dall’Ue.

– I Paesi con un rapporto debito/Pil oltre il 90% (l’Italia su tutti) dovranno ridurre il debito dell’1% all’anno, quelli sotto il 90% dello 0,5% all’anno. Quanto al deficit, per garantire un «cuscinetto» nelle situazioni di crisi, bisognerà scendere all’1,5% del Pil al di sotto della soglia obbligatoria del 3%. Gradualmente, però: con un aggiustamento annuo strutturale primario pari allo 0,4% del Pil nei piani di 4 anni e dello 0,25% in quelli di 7.

Si è introdotta una clausola transitoria per il periodo dal 2025 al 2027 dove nel calcolo del taglio di deficit si terrà conto degli interessi sul debito e degli investimenti in più fatti in quegli anni per la transizione verde e digitale e per la difesa: queste somme saranno defalcate dallo 0,5%.

Appare evidente, conti alla mano, che per l’Italia sarà molto difficile rispettare  i vincoli imposti , ma l’accordo, come sottolineato dal Ministro Giorgetti, è stato frutto di inevitabili compromessi.

Certo è che per l’Italia inizia una fase molto complessa e difficile .

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito fa uso di cookie per migliorare l’esperienza di navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’utilizzo del sito stesso. Utilizziamo sia cookie tecnici sia cookie di parti terze per inviare messaggi promozionali sulla base dei comportamenti degli utenti. Può conoscere i dettagli consultando la nostra privacy policy. Proseguendo nella navigazione si accetta l’uso dei cookie; in caso contrario è possibile abbandonare il sito.