Il dovere di verità nell’esercizio della Professione Forense

Dovere di verità nell’esercizio della Professione Forenze

Articolo 50 del Codice Deontologico Forenze

Il Titolo IV del nuovo codice deontologico forense disciplina in maniera completa i doveri dell’avvocato durante il procedimento e il processo, raccogliendo tutte le norme di condotta che il difensore deve osservare in tali contesti.

L’articolo 50 del nuovo codice deontologico forense, intitolato “Dovere di verità”, sancisce un principio fondamentale che guida la condotta dell’avvocato nell’esercizio della professione.

L’articolo 50 infatti richiede all’avvocato di agire sempre con integrità e onestà intellettuale, contribuendo attivamente alla ricerca della verità e alla corretta amministrazione della giustizia, senza mai piegare la realtà a vantaggio del proprio interesse o di quello del cliente.

  1. L’avvocato non deve introdurre nel procedimento prove, elementi di prova o documenti che sappia essere falsi.

Il comma 1 vieta all’avvocato l’introduzione di prove, elementi di prova o documenti che sappia essere falsi. L’avvocato, in quanto collaboratore della giustizia, ha il dovere di contribuire alla ricerca della verità, non di ostacolarla attraverso l’utilizzo di materiale falso. Egli ha l’obbligo categorico di astenersi dall’introdurre nel processo qualsiasi elemento che egli sappia essere falso. Questo divieto è assoluto e non ammette eccezioni legate all’interesse del cliente.

  1. L’avvocato non deve utilizzare nel procedimento prove, elementi di prova o documenti prodotti o provenienti dalla parte assistita che sappia o apprenda essere falsi.

Il secondo comma specifica ulteriormente il dovere di verità dell’avvocato, estendendolo anche alle prove fornite dalla parte assistita.

  1. L’avvocato che apprenda, anche successivamente, dell’introduzione nel procedimento di prove, elementi di prova o documenti falsi, provenienti dalla parte assistita, non può utilizzarli o deve rinunciare al mandato.

Il terzo comma impone all’avvocato una condotta attiva nel momento in cui scopre la falsità di prove introdotte dal proprio cliente e la conseguente adozione di misure adeguate, che possono arrivare fino alla rinuncia al mandato. Questo comma sottolinea che l’obbligo di non utilizzare prove false sorge anche qualora l’avvocato ne venga a conoscenza dopo che queste sono state introdotte nel procedimento. Il divieto scatta nel momento in cui l’avvocato sa della falsità, oppure quando ne viene a conoscenza successivamente. Ciò significa che se inizialmente l’avvocato non era consapevole della falsità di un elemento fornito dal cliente, ma lo scopre in seguito, ha l’obbligo di non utilizzarlo ulteriormente nel procedimento.

Qualora la natura o la rilevanza della prova falsa siano tali da minare irrimediabilmente il rapporto di fiducia con il cliente o da rendere impossibile una difesa leale e veritiera, l’avvocato ha il dovere di rinunciare al mandato.

Questa disposizione mira a preservare l’integrità e la credibilità della professione forense, evitando che l’avvocato, anche involontariamente, diventi partecipe di attività fraudolente all’interno del processo.

  1. L’avvocato non deve impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.

Il quarto comma vieta all’avvocato di assumere una posizione che possa far apparire le proprie affermazioni come una testimonianza giurata. Il ruolo dell’avvocato è quello di sostenere le ragioni del cliente attraverso l’analisi delle prove e l’argomentazione giuridica, mantenendo una netta distinzione dal ruolo del testimone e preservando la corretta dinamica processuale. L’avvocato deve concentrarsi sulla plausibilità e sulla rilevanza giuridica dei fatti esposti, non sulla loro personale attestazione di veridicità.

  1. L’avvocato, nel procedimento, non deve rendere false dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di fatti di cui abbia diretta conoscenza e suscettibili di essere assunti come presupposto di un provvedimento del magistrato.

L’avvocato ha il divieto assoluto di rendere dichiarazioni false, sia affermando l’esistenza di fatti non veri, sia negando l’esistenza di fatti veri di cui è a conoscenza diretta.

Questo comma impone all’avvocato un obbligo specifico di sincerità e trasparenza nelle sue comunicazioni dirette con il giudice riguardo a fatti rilevanti di cui ha conoscenza personale, contribuendo così alla lealtà del contraddittorio e alla corretta amministrazione della giustizia.

  1. L’avvocato, nella presentazione di istanze o richieste riguardanti lo stesso fatto, deve indicare i provvedimenti già ottenuti, compresi quelli di rigetto.

Questo sesto comma dell’articolo 50 introduce un obbligo di trasparenza e completezza informativa a carico dell’avvocato nella presentazione di istanze o richieste multiple relative alla stessa vicenda.

Questo comma impone all’avvocato un comportamento improntato alla massima correttezza e trasparenza nel rapporto con il giudice, fornendo un quadro informativo completo e veritiero sulla storia processuale delle istanze presentate.

  1. La violazione dei divieti di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

In questo settimo e ultimo comma dell’articolo 50 vengono delineate chiaramente le conseguenze disciplinari derivanti dalla violazione dei doveri di verità sanciti nei commi precedenti.

La violazione dei commi 1, 2, 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. Questa sanzione, più severa, riflette la gravità delle condotte che minano direttamente la fiducia nell’avvocato e nell’amministrazione della giustizia, come l’introduzione o l’utilizzo consapevole di prove false o la falsa dichiarazione di fatti al giudice.

La violazione del comma 6 comporta l’applicazione di una sanzione disciplinare di natura più lieve come l’avvertimento.

Il dovere di verità però non si limita al solo contesto processuale, ma si estende a qualsiasi attività professionale dell’avvocato.

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