L’automobile quale futuro?

L’automobile quale futuro?

Tempi moderni, follie moderne.

In questi giorni la crisi dell’automotive europeo, e del gruppo Stellantis in particolare, ha portato alla luce una serie di fatti che meritano una serie di riflessioni.

La prima potrebbe riguardare il ruolo di Carlos Tavares, da più parti ritenuto l’artefice del disastro Stellantis, con le conseguenze che stanno ripercuotendosi, drammaticamente, sull’occupazione dell’intero settore, indotto compreso, nel nostro Paese.

Ma se osserviamo con attenzione la situazione dovremmo notare che, forse, sta riemergendo il capitalismo, quello peggiore, che non si pone alcun problema a livello sociale, con buona pace del tanto invocato, a livello europeo, bilancio di sostenibilità sociale.

Infatti, assieme alla fusione con Peugeot la sede fiscale di Stellantis è passata da Torino ad Amsterdam e con essa i proventi dei 14 marchi del gruppo: Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Citroën, Dodge, DS Automobiles, FIAT, Jeep, Lancia, Maserati, Opel, Peugeot, Ram Trucks e Vauxhall.

Questo fa si che i dividendi del gruppo sono stati, sono e saranno, tassati, almeno per EXOR che ha sede in Olanda, al 15% e non al 26%, come sarebbe successo con l’aliquota italiana e con buona pace dell’orgoglio di contribuire ai fabbisogni del nostro Stato che tanto ha dato e sta dando al Gruppo.

Un mero calcolo? Certamente, però, ritornando al CEO di Stellantis, occorre annotare che a fronte di una distribuzione di dividendi pari a circa 23 miliardi, avvenuta negli ultimi anni, si è avuto un tracollo di vendite e il conseguente effetto sull’occupazione, specialmente nel nostro paese.

Come è stato possibile?

In sintesi Tavares ha solo “spremuto il limone” come richiesto dagli azionisti, Exor in prima linea, lasciando l’intero settore in braghe di tela e in attesa di un cavaliere bianco, (che qualcun individua in Renault), che possa andare a recuperare i cocci, d’altra parte solo così si può giustificare la lauta liquidazione oggetto di tante critiche.

Possiamo amaramente concludere che a questo punto parlare di industria automobilistica italiana è assolutamente fuori luogo e poco possono fare i nostri politici per cercare di fermare l’emorragia occupazionale anche dopo aver elargito cassa integrazione, da 2021 ad oggi, per 984 milioni (di cui 703 Inps e 280 Stellantis), nonostante l’utile di cui sopra.

Follie? Forse. Però proseguiamo analizzando il tanto vantato accordo della UE con il Mercasur (Mercato comune del Sud America) dalla rediviva e semi miracolata Ursula von der Leyen che prevede l’abbattimento dei dazi doganali tra i due sottoscrittori.

Ad esso si stano opponendo i francesi che, con grande lucidità, stanno valutando come il comparto agroalimentare europeo, non solo francese, potrebbe uscirne con le ossa rotte in quanto assolutamente non competitivo, specialmente sulle materie prime come cereali, olio, carne latte e derivati.

Ovviamente non abbiamo dubbi sul pensiero che ha sul tema il Ministro Lollobrigida, fautore dell’innalzamento dei tassi sulle derrate alimentari importate per cercare di rendere competitiva la nostra agricoltura.

Quello che lascia esterrefatti è la motivazione che pare abbia convinto i tedeschi a sostenere l’accordo: la possibilità di accedere ad un nuovo mercato per il loro settore dell’automotive.

Orbene, qualcuno mi dovrebbe spiegare come si possa pensare di vendere delle auto di fascia medio alta come Mercedes, BMW, Audi, che sono oggi già poco appetibili, in quanto molto care, in un mercato relativamente ricco come quello europeo , nel quale il reddito medio pro capite è superiore a 30.000 euro, per andare a venderle in paesi in cui i cittadini hanno dei redditi pari a meno di un terzo del nostro.

Misteri o follie? Ma forse c’è qualcos’altro che non ci dicono sul fatto che l’Europa voglia, forse, e non si sa per quale motivo, in qualche modo voglia contrastare la penetrazione cinese nel Sud America a discapito del nostro settore agricolo e probabilmente non solo di quello.

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