L’Amministratore indipendente ed i comitati endoconsiliari

L’Amministratore indipendente ed i comitati endoconsiliari

Amministratore indipendente e comitati endoconsiliari: il loro impatto nella gestione dei conflitti di interesse e nella governance aziendale

La funzione di controllo degli amministratori indipendenti è descritta in modo molto pragmatico dalla Commissione Europea, che sancisce la necessità di eleggere un numero sufficiente di amministratori senza incarichi esecutivi in modo da garantire che eventuali conflitti di interessi rilevanti che coinvolgano degli amministratori siano affrontati correttamente[1]. Questo ruolo di garanzia generale nei confronti del verificarsi di conflitti d’interessi è strettamente connesso all’istituzione all’interno del board di tre comitati con poteri consultivi in relazione alla nomina ed alla remunerazione degli amministratori, e in tema di controllo interno[2]. Queste sono, infatti, attività̀ nelle quali il rischio di conflitto d’interessi degli executive è molto alto e pertanto sembra opportuno affidare lo svolgimento di queste mansioni agli amministratori non esecutivi e agli indipendenti[3]

L’istituzione dei comitati non è obbligatoria, ma se costituiti devono essere composti da tre membri[4], ed hanno essenzialmente funzioni propositive e consultive. Il Comitato di redazione del Codice di Autodisciplina sottolinea l’utilità̀ dell’attività̀ istruttoria svolta dai comitati con la formulazione di proposte, raccomandazioni e pareri, che è finalizzata a consentire a tutti i membri del C.d.A. di assumere decisioni con maggiore cognizione di causa[5]. In merito, però, non si può̀ fare a meno di sollevare qualche dubbio sull’effettiva efficacia della funzione dei comitati interni, in ragione, principalmente, dell’assenza di alcun potere decisorio

  1. Comitato per le nomine

Il comitato nomine ha il dovere di garantire la massima trasparenza del procedimento di elezione degli amministratori, nel senso che deve verificare che le informazioni sulle qualità̀ personali e professionali relative ai candidati proposti per tale carica siano complete, veritiere e giungano tempestivamente[6].

Uno dei profili di maggior rilievo in merito al comitato nomine, del quale si sottolinea comunque l’eventualità̀, è che, nell’ipotesi in cui venga istituito, debba essere composto in maggioranza da amministratori indipendenti. Prima del 2006, la norma prevedeva la presenza di una maggioranza non di indipendenti, bensì̀ di amministratori non esecutivi; in questo modo si legittimava l’istituzione di un comitato nomine composto completamente da non executive insider director, facendo venire meno tutte le garanzie di neutralità̀ che un organo endosocietario di ricerca, analisi e distribuzione di informazioni dovrebbe possedere. Pertanto, risulta opportuna la scelta di imporre una maggioranza di independent director, dal momento che l’autonomia di giudizio dei membri del comitato può̀ determinare verosimilmente un aumento di efficienza della sua attività̀[7].

Sotto l’aspetto del controllo, il profilo che rileva maggiormente concerne l’obbligo da parte del comitato nomine di valutare la sussistenza dei presupposti di legge per candidare un soggetto alla carica di amministratore indipendente. Questa indicazione di best practice assume un valore decisivo nel momento in cui il legislatore impone la presenza di amministratori indipendenti all’interno dei C.d.A. Infatti, se si applicasse il Codice di Autodisciplina, si assisterebbe ad un aumento effettivo dell’indipendenza degli amministratori, poiché́ l’idoneità̀ dei candidati a qualificarsi come tali sarebbe valutata dagli stessi amministratori indipendenti in carica. Seppur la lista dei candidati sia presentata dagli azionisti, si può̀ ragionevolmente affermare che sia l’obbligo di esauriente informazione, sia la formulazione di un parere sulle qualifiche degli stessi candidati compiuto da un comitato autonomo, determinano un miglioramento degli standard professionali di tutti i membri del C.d.A., oltre che un aumento del livello d’indipendenza degli amministratori indipendenti.

  1. Comitato per la remunerazione

 Il Codice di Autodisciplina prevede che un organo interno formuli delle proposte al C.d.A. per la remunerazione di tutti gli amministratori, prestando particolare attenzione che questa sia adeguata ad “attrarre, trattenere e motivare”[8]  i consiglieri con le qualità̀ professionali necessarie alla proficua gestione della società̀. Il comitato dovrà̀ essere composto da amministratori non esecutivi, la maggior parte dei quali indipendenti[9] e le proposte dovranno essere presentate in assenza dei diretti interessati, al fine di garantire un’attività̀ collegiale trasparente e priva di condizionamenti.

Dal momento che una parte significativa dei compensi degli esecutivi è determinata in relazione ai risultati economici conseguiti o al raggiungimento di obiettivi prestabiliti, il comitato dovrà̀ proporre eventuali piani di stock option, o di assegnazione di azioni, e verificare che, una volta approvati dall’assemblea, questi vengano applicati in modo corretto. In altre parole, al comitato è affidato il compito di indicare i criteri generali su cui si devono basare le proposte per la remunerazione degli executive, e monitorare l’effettiva attuazione delle stesse.

La normativa in tema di comitato per la remunerazione è stata correttamente modificata in modo da comprendere nell’area di interesse del comitato stesso anche i compensi degli amministratori indipendenti[10]. Tale scelta dovrebbe maggiormente tutelare sia l’autonomia che l’efficienza di coloro che ricoprono questa carica[11]. Infatti, un buon incentivo per aumentare gli standard qualitativi e quantitativi del monitoraggio degli amministratori indipendenti può̀ essere rappresentato da un adeguamento della loro remunerazione in base all’impegno richiesto a ciascuno di essi[12].

Infine, si noti come non convince in pieno la scelta del Comitato di basare tale disciplina sulla considerazione che procedimentalizzare la remunerazione degli amministratori delegati fosse utile per allineare gli interessi di quest’ultimi a quelli degli azionisti e che un sistema di remunerazione variabile avrebbe agevolato l’incentivazione e la fidelizzazione di tutta l’alta dirigenza[13].

Queste valutazioni sarebbero adeguate se si prospettasse una disciplina per società̀ di capitali a “proprietà̀ diffusa” dove il problema degli agency cost è rappresentato dal pericolo che i manager perseguano interessi diversi da quelli della società̀; la questione si pone diversamente in un sistema di società̀ a “proprietà̀ concentrata”, dove gli interessi degli amministratori delegati sono già̀ allineati a quelli degli azionisti di maggioranza[14]. Forse sarebbe stato utile prestare maggior attenzione per quanto riguarda la fissazione di tutele sulla remunerazione di coloro che hanno compiti di controllo all’interno del board, pur ammettendo che, sotto questo aspetto, si siano comunque fatti dei passi avanti.

  1. Comitato per il controllo interno

 Un aspetto centrale sotto il profilo dell’attività̀ di controllo degli amministratoti indipendenti è svolto da un comitato preposto (per il controllo interno), ove tale concetto rappresenta il complesso di processi atti a consentire una sana e corretta conduzione dell’impresa, attraverso adeguate procedure di identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei rischi afferenti alla società̀. Quest’attività̀ di verifica, pertanto, contribuisce ad aumentare gli standard di efficienza delle operazioni aziendali, l’affidabilità̀ delle informazioni finanziarie, il rispetto di leggi e regolamenti e, più̀ in generale, la salvaguardia dei beni aziendali[15].

Tali funzioni, che rappresentano un elemento qualificante di buon governo societario, sono rimesse alla responsabilità̀ dell’organo amministrativo, cui è attribuito il compito di fissare le linee di indirizzo e verificare periodicamente l’adeguatezza e l’effettivo funzionamento dei controlli interni[16]. Il Codice prevede un procedimento nel quale gli amministratori delegati individuano i principali rischi aziendali e li sottopongono al consiglio, che deve prendere le opportune decisioni in merito alla loro gestione; inoltre, un executive, incaricato dal C.d.A. a sovrintendere alla funzionalità̀ del sistema di controllo interno, deve attuare le direttive date dall’organo amministrativo per la progettazione, la direzione e il monitoraggio del sistema stesso[17]. L’amministratore delegato a tale compito avrà̀, inoltre, l’obbligo di stabilire le procedure per il controllo interno, di proporre al C.d.A. i candidati per la nomina uno o più̀ preposti a questa attività̀ e di dotarli di mezzi idonei.

I preposti al controllo interno non devono dipendere gerarchicamente da alcun responsabile di aree operative e hanno l’obbligo di riferire in merito al loro operato al comitato per I preposti al controllo interno non devono dipendere gerarchicamente da alcun responsabile di aree operative e hanno l’obbligo di riferire in merito al loro operato al comitato per il controllo, al collegio sindacale e, eventualmente, anche all’amministratore incaricato di sovrintendere alla funzionalità̀ del sistema di controllo interno. La ratio è quella di tutelarli da qualsiasi condizionamento di giudizio, consentendo loro di svolgere con efficienza l’attività̀ di monitoraggio di cui sono incaricati: nell’ipotesi in cui, però, il loro diretto superiore sia anche il direttore del settore operativo di cui devono valutare l’affidabilità̀ dei processi di controllo interno, difficilmente essi espleteranno obiettivamente le loro mansioni.

L’art. 8 del Codice di Autodisciplina prevede la costituzione di un comitato per il controllo interno, che deve essere composto interamente da amministratori non esecutivi, la maggior parte dei quali indipendenti ex art. 3[18]

Ai sensi dell’art. 8.C.3. del Codice di Autodisciplina, il comitato per il controllo interno: a) valuta, unitamente al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari ed ai revisori, il corretto utilizzo dei principi contabili e, nel caso di gruppi, la loro omogeneità ai fini della redazione del bilancio consolidato; b) su richiesta dell’amministratore esecutivo all’uopo incaricato esprime pareri su specifici aspetti inerenti alla identificazione dei principali rischi aziendali nonché alla progettazione, realizzazione e gestione del sistema di controllo interno; c) esamina il piano di lavoro preparato dai preposti al controllo interno nonché le relazioni periodiche da essi predisposte; d) valuta le proposte formulate dalle società di revisione per ottenere l’affidamento del relativo incarico, nonché il piano di lavoro predisposto per la revisione e i risultati esposti nella relazione e nella eventuale lettera di suggerimenti; e) vigila sull’efficacia del processo di revisione contabile; f) svolge gli ulteriori compiti che gli vengono attribuiti dal consiglio di amministrazione; g) riferisce al consiglio, almeno semestralmente, in occasione dell’approvazione del bilancio e della relazione semestrale, sull’attività svolta nonché sull’adeguatezza del sistema di controllo interno.

Si deve, però, sottolineare che con i limitati poteri conferiti a questo comitato interno le possibilità di incidere sostanzialmente nell’attività di governance sono limitate.

La valutazione e il monitoraggio dei sistemi di controllo interni possono essere efficaci solo in relazione a rischi economici che non sono calcolati o voluti dall’esecutivo, ma non hanno alcuna efficacia nei confronti di scelte consapevoli compiute dagli amministratori delegati. Infatti, il comitato deve sempre fare riferimento ed è “subordinato” alle scelte del C.d.A., che è l’organo competente a prendere i provvedimenti riguardo alle scelte eccessivamente rischiose o sbagliate compiute dai settori operativi. Il problema è che, se i membri del comitato di controllo interno sono diretti dagli amministratori esecutivi i quali fanno parte del C.d.A., e dallo stesso consiglio sono delegati e indirizzati alla gestione delle attività sociali, difficilmente le segnalazioni e gli indirizzi del comitato potranno avere un seguito (segnalazioni che invece potranno avere valore, in fase di attribuzione di responsabilità, in una fase già patologica).

[1] COMMISSIONE EUROPEA, Raccomandazione n. 2005/162/CE sul ruolo degli amministratori senza incarichi esecutivi o dei membri del consiglio di sorveglianza delle società̀ quotate e sui comitati del Consiglio di amministrazione o di sorveglianza, op. cit., 638.

[2]Il Report of the High-Level Group of Company Law Experts on a Modern Regulatory Framework for Company Law in Europe, European Commission, Brussels, 4 November 2002, 60, nota come ‹‹In these three areas, executive directors clearly have conflicts of interests. Nomination is about the continuation of their own jobs and the jobs of their colleagues and potential new colleagues, and the persons who monitor them. Remuneration is about the rewards the executive directors receive for their services to the company. Audit is about the probity of the financial and non-financial accounting for the performance of the company by the executive directors who are responsible for its performance››.

[3] COMMISSIONE EUROPEA, Raccomandazione n. 2005/162/CE sul ruolo degli amministratori senza incarichi esecutivi o dei membri del consiglio di sorveglianza delle società̀ quotate e sui comitati del consiglio di amministrazione o di sorveglianza, op. cit., 638, che sottolinea come ‹‹I consigli d’amministrazione o di sorveglianza dovrebbero essere organizzati in maniera tale che un numero sufficiente di amministratori senza incarichi esecutivi o di membri del consiglio di sorveglianza indipendenti possa svolgere un ruolo efficace nei settori chiave in cui la possibilità̀ che si verifichino conflitti di interessi è particolarmente elevata. A tal fine, fatto salvo il punto 7, dovrebbero essere costituiti dei comitati per le nomine, le remunerazioni e la revisione dei conti, tenendo conto dell’allegato I, all’interno del consiglio d’amministrazione o di sorveglianza quando quest’ultimo, a norma del diritto nazionale, svolge delle funzioni per quanto riguarda le nomine, le remunerazioni e la revisione dei conti››.

[4] l’art. 5.C.1. del Codice di Autodisciplina, alla lett. a) stabilisce che ‹‹ì comitati sono composti da non meno di tre membri. Tuttavia, negli emittenti il cui Consiglio di amministrazione è composto da non più̀ di cinque membri, i comitati possono essere composti da due soli consiglieri, purché̀ indipendenti››

[5] V. commento all’art. 5 del Codice di Autodisciplina

[6] Il termine indicato dall’art. 6.C.1. del Codice di Autodisciplina entro il quale devono essere depositate le informazioni relative ai candidati è quindici giorni prima dell’assemblea. Inoltre, ai fini di aumentare la trasparenza, si suggerisce la pubblicazione di tale informativa sul sito internet dell’emittente

[7] La disposizione del Codice italiano è in linea con quella del Combined Code inglese che all’art. A.4.1. recita “There should be a nomination committee which should lead the process for board appointments and make recommendations to the board. A majority of members of the nomination committee should be independent non-executive directors. The chairman or an independent non- executive director should chair the committee, but the chairman should not chair the nomination committee when it is dealing with the appointment of a successor to the chairmanship. The nomination committee should make available8 its terms of reference, explaining its role and the authority delegated to it by the board.”

[8] V. art. 7.P.1. del Codice di Autodisciplina.

[9] V. art. 7.P.3. del Codice di Autodisciplina

[10] La disciplina previgente, invece, stabiliva ai sensi dell’art. 8.1 che il comitato per la remunerazione formulasse proposte al consiglio, in assenza dei diretti interessati, per la remunerazione degli amministratori delegati e di quelli che ricoprono particolari cariche, nonché́, su indicazione degli amministratori delegati, per la determinazione dei criteri per la remunerazione dell’alta direzione della società̀. Tale modifica è, inoltre, in linea con quanto indicato dal Report of the High-Level Group of Company Law Experts on a Modern Regulatory Framework for Company Law in Europe, European Commission, Brussels, 4 Novembre, 2002, 8.

[11] G. FERRARINI, N. MOLONEY, Remunerazione degli amministratori esecutivi e riforma del governo societario in Europa, in Riv. Soc., 2005, 620 s.

[12] art. 7.C.2. del Codice di Autodisciplina.

[13] Commento all’art. 7 del Codice di Autodisciplina.

[14] G. FERRARINI, Grandi paghe, piccoli risultati: ‹‹rendite›› dei managers e possibili rimedi (a proposito di un libro recente), op. cit., 879 ss.

[15] Art. 8.P.1. e 8.P.2. del Codice di Autodisciplina.

[16] Art. 8.C.1. del Codice di Autodisciplina.

[17] Art. 8.C.5. del Codice di Autodisciplina.

[18] Già nella versione 2002 del Codice non si parla di “adeguato numero di amministratori non esecutivi”, e che proprio in quella sede si è optato per una maggioranza di indipendenti. Si evidenzia, inoltre, come nelle ipotesi in cui l’emittente sia controllato da altra società quotate, il comitato di controllo interno deve essere composto esclusivamente da amministratori indipendenti.

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