Le Fidejussioni bancarie, un caso ancora aperto che pone in difficoltà le banche?

Le Fidejussioni bancarie, pone in difficoltà le banche?

 Vizi, nullità e decadenza, rilevabilità e rimedi a tutela dei fideiussori.

Il presente contributo tratterà di una garanzia tipicamente richiesta dagli istituti di credito in occasione della concessione di un finanziamento, e cioè la fidejussione bancaria, ovverosia quel contratto di garanzia con cui il garante assicura al beneficiario (in questo caso la banca) il pagamento dei debiti del contraente.

Le banche, nel disciplinare questo rapporto, solitamente fanno uso degli schemi negoziali predisposti dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana).

La Banca d’Italia, in qualità di Autorità Garante della concorrenza tra istituti creditizi, con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, ha rinvenuto nell’applicazione uniforme da parte degli enti creditizi di tre disposizioni di quel modello (segnatamente, clausole di “sopravvivenza”, “reviviscenza” e rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c.) un’intesa restrittiva della concorrenza vietata dall’art. 2, co. 2, lett. a) legge “ Antitrust ” n. 287 del 1990

Tale sanzione ha infatti riguardato le seguente clausole: (i) Clausola di reviviscenza, per cui il fideiussore è tenuto a rimborsare alla banca le somme che dalla banca stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo, la (ii) Clausola di rinuncia all’art. 1957 c.c per cui i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 c.c, che si intende derogato, e la (iii) la Clausola di sopravvivenza, per cui qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce l’obbligo del debitore di restituire le somme comunque erogate dalla Banca, in deroga all’art. 1939 c.c.

Su tale questione, e sulle conseguenze applicative di tale sanzione, è intervenuta la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 30 dicembre 2021, n. 41994 la quale ha risposto alla seguente domanda: cosa accade se, nel contratto di fideiussione stipulato tra la banca e il cliente (contratto a valle), sono riportate pedissequamente le clausole dello schema ABI (intesa a monte) dichiarate in contrasto con la disciplina antitrust?

Secondo la Suprema corte, trova applicazione il rimedio della nullità parziale, infatti, qualora nel contratto di fideiussione (a valle) siano riprodotte le tre clausole dichiarate nulle dalla Banca d’Italia, opera il “principio di conservazione” degli atti negoziali.

Quindi, il contratto di fideiussione a valle è nullo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito a monte.

Per contro, è nullo l’intero contratto, in deroga al principio di conservazione, solo laddove sia dimostrata la diversa volontà delle parti «nel senso dell’essenzialità – per l’assetto di interessi divisato – della parte del contratto colpita da nullità».

La sanzione di nullità appena esaminata riguarda anche quelle fidejussioni rilasciate alle banche a distanza di tempo dall’accertamento della violazione da parte dell’antitrust (2005 su schema ABI 2003): risulta infatti che, pur dopo il 2005 e la sanzione di Bankitalia, gli Istituti di credito abbiano continuato a proporre in modo pressoché automatico le stesse identiche condizioni, censurate da Bankitalia, per le quali, pur se sottoscritte a distanza di tempo dai testi oggetto di censura, è sempre possibile agire a propria tutela.

Nello specifico, si pone l’attenzione sulla sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 3510/2022 del 9/11/2022, la quale ha ancora una volta chiarito che non sfuggono all’illiceità per conformità al modello ABI quelle fideiussioni rilasciate anche in epoca successiva al provvedimento del 2005.

La Corte di Milano ha, infatti, precisato che l’aspetto sostanziale e dirimente è la coincidenza delle condizioni contrattuali con il testo di uno schema contrattuale che, in concreto, dà attuazione all’intesa restrittiva vietata, come nella fattispecie.

Analogamente, anche il Tribunale di Milano, con sentenza n. 8610/2021, ha chiarito sul punto che “le considerazioni e le presunzioni sopra richiamate non possono che essere estese alle fidejussioni antecedenti al 2005, nella parte in cui riproducevano le clausole contestate, così come vadano perpetrate per le fidejussioni rilasciate successivamente al 2005, laddove risultino adesive all’illecita intesa anticoncorrenziale, secondo quanto desumibile dalla sostanziale corrispondenza dell’intero testo contrattuale con lo schema a suo tempo esaminato dalla banca d’Italia”.

E’ interessante a questo punto della trattazione accennare brevemente ad altri due temi: quello sulla prova dell’intesa anticoncorrenziale e quello della conseguenza della declaratoria di nullità delle singole clausole, in particolare quella con cui viene derogato il disposto di cui all’art. 1957 c.c., a mente del quale il garantito deve agire contro il fidejussore entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Orbene, sotto il profilo della prova che colui che lamenta i vizi della fidejussione deve fornire, lo strumento individuato è l’istanza, ex art.210 c.p.c., di ordine di esibizione banca di copia di fideiussioni dello stesso periodo di quelle in esame, ed al riguardo si ricorda ex multis la recente ordinanza del Tribunale di Milano del 15/5/2024, con la quale è stato ordinato ad otto istituti di credito indicati nel provvedimento la produzione dei modelli standard di fideiussione omnibus utilizzati in un periodo successivo.

Quanto alla nullità della clausola di rinuncia all’art. 1957 c.c. ed al termine decadenziale di sei mesi in esso previsto, si osserva che, come poc’anzi visto, le clausole di deroga alla disciplina codicistica di cui all’art. 1957 c.c. sono senza dubbio nulle, quando il modello di fideiussione proposto dall’istituto è assimilabile al vietato modello ABI.

Si è visto altresì come la nullità (anche soltanto) parziale – come di recente si sono orientate le sopra citate Sezioni Unite del 2021 – di tale specifica clausola comporta l’ineludibile ulteriore passaggio, consistente nella reviviscenza della disposizione di cui all’art. 1957 c.c., con la conseguente applicazione della decadenza semestrale stabilita in tale norma.

D’altra parte, nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi (dalla scadenza dell’obbligazione) garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal diritto a rivalersi su quest’ultimo, l’art. 1957, primo comma, c.c. manifesta l’esigenza di impedire che il fideiussore, per l’inerzia del creditore, resti incerto in ordine agli effetti ed alla sorte della sua obbligazione.

In altre parole, la disposizione normativa di cui all’art. 1957 c.c. ha lo scopo di sollecitare il creditore nell’intraprendere solerti iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, di modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa.

Sul punto, si è espressa anche la sopracitata pronuncia n. 3510/2022 della Corte d’Appello di Milano, che così recita: “””venuta meno la deroga all’art. 1957 c.c. per vizio di nullità, per quanto sopra riferito – al contratto in esame si applica la disposizione codicistica secondo cui “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”””.

Dello stesso tenore, si richiama anche la sentenza n. 639 del Tribunale di Lucca del 21/6/2022, che ha chiaramente statuito: “””accertata incidentalmente la nullità parziale della clausola n. 6 della fideiussione omnibus in atti, e la conseguente piena operatività dell’art. 1957 c.c., e considerato che non risulta allegata e dimostrata la proposizione nei confronti del debitore principale dell’azione giudiziaria nel termine di sei mesi dal recesso dal rapporto bancario (27.12.2016), l’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c. è fondata, con conseguente rigetto dell’azione di pagamento e revoca del decreto ingiuntivo opposto”””.

Ed ancora, nello stesso senso, il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza n. 1336/2021, che conferma che: “””La declaratoria di nullità comporta che non vi è deroga al dettato dell’articolo 1957 c.c., con la conseguenza che il fideiussore rimane obbligato pur dopo la scadenza dell’obbligazione principale, solo a condizione che “il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”””.

Per completezza espositiva, va precisato che le censure di Bankitalia prima e delle SS. UU. della cassazione hanno riguardato una fidejussione omnibus, ovverosia quella fidejussione ordinaria con cui il fidejussore si impegna a garantire i debiti presenti o futuri.

Si è posta quindi la questione sull’applicabilità dei ridetti principi anche alle fidejussioni specifiche, ovverosia a quelle fidejussioni che garantiscono l’adempimento di una obbligazione determinata.

Trattasi di un falso problema, a parere di chi scrive, con il confronto della migliore giurisprudenza.

Infatti, il provvedimento della Banca d’Italia si riferisce alle sole “fideiussioni omnibus” per il semplice fatto che, in origine, lo schema ABI era stato predisposto appositamente per le fideiussioni omnibus; tuttavia, successivamente, il modello è stato pacificamente applicato (ex plurimis Corte di Appello di Milano n. 3082 del 4/10/2022) anche alle fideiussioni specifiche, e quindi non c’è ragione di escludere queste ultime dall’efficacia del provvedimento della Banca d’Italia.

Non a caso la Banca d’Italia, nel censurare l’intesa ABI, ha fatto preciso riferimento alle condizioni generali di contratto da applicare alla “fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” in generale (cfr. punto 91 del provvedimento n. 55 del 2.5.2005).

Come recentemente stabilito dalla Corte di Appello di Genova (sentenza 2/12/2022 RG 923/2020) “In realtà l’equivoco relativo alla inapplicabilità alle fideiussioni specifiche si fonda sul fatto che in origine lo schema ABI fosse stato predisposto appositamente per le fideiussioni omnibus, senza considerare che nei fatti poi il medesimo schema sia stato poi applicato anche alle fidejussioni specifiche. La stessa Banca d’Italia, nel censurare l’Intesa ABI, fa riferimento (punto 91 del provv. 55/2005) a “fideiussioni a garanzia di operazioni bancarie” senza specificare che debba trattarsi di fideiussioni “omnibus”, e molta giurisprudenza di merito ne ha fatta applicazione a tutte le tipologie di fideiussione.

D’altronde lo schema ABI utilizzato è il medesimo e riconoscere, solo per il diverso nomen iuris, legittimità alle fideiussioni specifiche e non a quelle omnibus significherebbe consentire alla banca di eludere facilmente il precetto dell’Antitrust, come nella fattispecie citata.

 

 

 

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