L’internazionalizzazione d’impresa.

Intervista con il dr. Fulvio Portinari, senior partner dello Studio Associato Portinari Forti in Pavia. Oltre alle consulenze “normali” si occupa di internazionalizzazione d’impresa, fiscalità internazionale ed Enti del terzo settore.

Cosa si intende per internazionalizzazione d’impresa?

L’internazionalizzazione d’impresa è un processo che consiste nel portare un’azienda a “colloquiare” con “business parties” di altri stati o stabilirsi nel territorio straniero con uno o più insediamenti produttivi al fine di ampliare il proprio volume d’affari.

Si tratta cioè di cogliere le opportunità di business presenti in uno stato diverso da quello di residenza della Headquarter Company.

Fino a qualche anno fa questa operazione era facilmente accessibile solo ad imprese di grandi dimensioni, mentre oggi è un traguardo raggiungibile anche da medie o piccole imprese.

Con il termine “internazionalizzazione d’impresa” si intende anche il procedimento inverso e cioè la possibilità, da parte di imprese estere, di aprire una branch o una stabile organizzazione in Italia.

Il lavoro del commercialista implica un’attività di consulenza che richiede la collaborazione di più professionisti italiani ed in loco, posto che è umanamente impossibile conoscere la legislazione di ogni nazione nel mondo.

Da qui l’importanza di creare una sinergia fra i professionisti di diversi paesi del mondo e di sapersi coordinare per ottenere una sorta di studio professionale multinazionale atto a supportare le esigenze originate da legislazioni tributarie (e non) diverse.

Infatti, per ciascun paese del mondo con cui una società vuole iniziare una attività economica è necessario conoscere le norme legali, societarie, doganali, fiscali e perfino la normativa specifica del settore merceologico che l’azienda tratta.

La fattibilità del progetto di internazionalizzazione passa obbligatoriamente attraverso diversi steps.

Cosa comporta per un’impresa l’apertura di una sede all’estero?

Il fattore determinante e la parole chiave è: “preparazione” nel senso di preparazione dell’impresa ad affrontare il mercato estero.

Per sgombrare il campo da dubbi posso dire che le internazionalizzazioni “fai da te” sono destinate a fallire.

Troppe sono le variabili da conoscere e coordinare per evitare il classico “bagno di sangue”.

Sin da subito l’impresa dovrà assicurare la conoscenza approfondita di almeno due lingue: italiano ed inglese ed inoltre la conoscenza della lingua locale, perché chi vuol vendere o trattare dei prodotti all’estero deve quasi necessariamente parlare la lingua del potenziale acquirente.

Non solo: dovrà riuscire a presentare la propria merce in assonanza alle tradizioni ed i costumi del paese target. Quanti prodotti di successo in Italia, all’estero hanno fallito!

Proprio per evitare questo, come dicevo poc’anzi, è necessaria la collaborazione di diversi professionisti, ad esempio per fare un contratto sarà necessaria la collaborazione di un avvocato d’impresa e/o internazionalista.

Altri elementi di successo sono una corretta analisi di mercato: solo per fare un banale esempio sarebbe fallimentare vendere vini nei paesi arabi o vendere frigoriferi al Polo nord: bisogna sempre e comunque fare i conti con la realtà, intendo con la realtà locale del paese target.

Ancora. L’impresa dovrà conoscere le sue possibilità di fare business in un determinato territorio e disporsi ad investimenti anche di notevole entità.

Possiamo quindi sostenere che è nata una nuova professionalità?

Diciamo che, allo stato, svolgere l’attività di consulenza alle imprese in campo internazionale, comporta un notevole impegno, è necessario avere uno studio strutturato, nel quale alcuni colleghi si occupano delle pratiche c.d. “ordinarie” mentre altri coltivano questo genere di attività, che comporta anche stabilire contatti produttivi, creare una rete di collegamenti e di rapporti nazionali ed internazionali.

E’ un’opportunità di lavoro che può affiancarsi al lavoro tradizionale e che, personalmente mi entusiasma.

 

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