Autofinanziare l’impresa non pagando le imposte

Da qualche tempo, da quando il tasso degli interessi legali è a livelli prossimi allo zero, è prassi comune, per le imprese, omettere i versamenti delle imposte, in particolare i versamenti periodici dell’imposta sul valore aggiunto, attendere l’arrivo della comunicazione di irregolarità e procedere alla rateazione degli importi omessi.

Rispetto al classico finanziamento bancario, l’autofinanziamento con l’omissione dei versamenti delle imposte, presenta due vantaggi. Il primo è il costo; con gli interessi legali vicini allo zero e la sanzione per omessi versamenti pari al 10%, il TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) non supera il 4%, un valore molto più conveniente rispetto ad un normale finanziamento bancario. Il vantaggio principale, però, è l’automatismo dell’operazione; infatti, per la rateazione, non è necessario ottenere la preventiva autorizzazione e, rispetto ad una richiesta di finanziamento bancario, è un operazione molto più rapida. Inoltre vi possono accedere anche le imprese che non hanno il merito creditizio idoneo ad ottenere credito bancario.

Per quanto sopra esposto, ricorrere alla omissione dei versamenti delle imposte e alla successiva rateazione per autofinanziarsi, apparentemente, potrebbe sembrare un’operazione ideale e senza rischi. Tuttavia essa nasconde un insieme di pericoli tanto sottovalutati quanto letali.

Finanziarsi con le imposte è paragonabile a soffrire di ipertensione o ad avere il colesterolo alto. Come in tutte le patologie croniche, è facile abituarsi alla condizione patologica e sottovalutare i pericoli a lungo termine. L’ipertensione, ad esempio, è una malattia che inizialmente non preoccupa ed il paziente tende a sottovalutare i rischi, infatti essa risulta pericolosa a lungo termine. Anche il finanziarsi con le imposte, all’inizio può non dare problemi rilevanti, ma si rivela fatale nel medio lungo termine.

Non versando le imposte, queste imprese, diventano preda facile dell’entusiasmo e iniziano a non pagare le imposte di continuo, aspettando l’avviso dell’agenzia delle entrate per rateizzarlo. Esse cadono in una spirale che le porta a falsare la percezione della sostenibilità finanziaria e tendono a rinviare al futuro la valutazione di eventuali interventi correttivi sulla gestione aziendale. In un gran numero dei casi, infatti, vi ricorrono imprese che hanno problemi di carattere finanziario i quali non consentono loro l’accesso ai tradizionali canali bancari per ottenere credito.

La facilità con cui ottengono le rateizzazioni, porta queste imprese a sottovalutare le tensioni di carattere finanziario, cosicché rinviano al futuro l’analisi e la soluzione di tali problemi.

La percezione distorta della situazione finanziaria porta queste imprese a sopravvalutare la loro capacità a sostenere le rateazioni in corso con i flussi di cassa prodotti dalla gestione ordinaria, con il conseguente pericolo di arrivare al punto da non riuscire a far fronte alle rate. Come ben sappiamo, la conseguenza di saltare il piano di rateazione comporta l’iscrizione a ruolo delle somme dovute, con la sanzione che aumenta dal 10% al 30% e l’aggravio di ulteriori costi dovuti agli aggi di riscossione, il che fa lievitare il TAEG dal conveniente 4% a percentuali ben superiori agli interessi di mercato.

Tuttavia, l’effetto negativo maggiore si manifesta nei confronti del sistema bancario. Saranno le banche che, alla prima revisione degli affidamenti, noteranno un incremento dei debiti tributari che porta al conseguente peggioramento degli indicatori di bilancio dell’area finanziaria. Nel modo di ragionare delle banche, un peggioramento in questa area aziendale è il sintomo di una crisi molto grave che, presto o tardi, porterà al default. Chi si occupa di finanza aziendale conosce molto bene la circostanza che le aziende falliscono per cassa e non per competenza e le banche, che fanno dell’analisi finanziaria il loro credo, tengono in notevole considerazione questo pericolo. Pertanto l’incremento dei debiti tributari, dovuti a ripetute richieste di rateazione delle comunicazioni di irregolarità, avrà come conseguenza il peggioramento del rating bancario, con  il relativo pericolo di revoca degli affidamenti o la negazione di eventuali richieste di finanziamento.

In conclusione, va bene il ricorso occasionale alla rateazione delle imposte, ma quando essa è ricorrente diventa il sintomo di problemi ben più gravi e pertanto è bene fare ricorso all’aiuto di uno specialista in finanza d’impresa, che ci aiuti ad indagare il vero problema e le relative contromisure, tenendo presente che i problemi di carattere finanziario hanno la caratteristica di incrementare, in misura esponenziale, la loro gravità con il trascorrere del tempo.

di Giancarlo Coppola

Dottore Commercialista – Finanzialista

Presidente Commissione Finanza Aziendale ODCEC – Palmi

Faculty Member Masterbank – Direttore Area Research (www.masterbank.it)

Presidente ANEFI – Ass. Naz. Esperti in Finanziamenti d’Impresa (www.anefi.it)

 

3 pensieri su “Autofinanziare l’impresa non pagando le imposte

  1. Guido Ascheri dice:

    Analisi corretta. Tuttavia il finanziamento delle imprese evitando di pagare le imposte era molto utilizzato negli anni fine 80 inizio 90.
    Ricordo che sull’argomento una professoressa dell’Università di Parma fece un esaustivo studio.
    Guardando all’estero, in Svezia si e’ verificata la situazione opposta. Le banche praticano interessi zero ed in alcuni casi tasso negativo.
    I contribuenti hanno pagato imposte non dovute perché lo stato rimborsa riconoscendo un congruo interesse sulle somme non dovute.

    • Giancarlo Coppola dice:

      A quell’epoca, con le sanzioni per omessi versamenti al 100% e senza ravvedimento operoso, non era troppo conveniente fare questa. Tuttavia, ancora oggi, questa prassi è più diffusa di quel che si potrebbe pensare.
      Interessante lo studio dell’Università di Parma, hai idea di dove si possa trovare?

  2. Roberto Maccarone dice:

    Il Carrozzone dell’Ufficio Imposte e dell’Ufficio IVA, non erano un mostro di efficienza nei controlli e chi non pagava, in percentuale molto alta gli andava bene, perché si finanziava a fondo perduto come oggi invece fanno i Cinesi in Italia

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