La famiglia nel bosco tra scuola e libertà educativa
Il caso emblematico mette a confronto homeschooling e istruzione tradizionale, sollevando dubbi su controlli, affidamenti e tutela dei minori
Immagina un sentiero che si perde tra gli alberi, il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli. È qui che una famiglia ha deciso di costruire la propria vita, lontano dalle città e dalle regole della scuola tradizionale. Una scelta che, a prima vista, può sembrare romantica e coraggiosa: crescere i figli immersi nella natura, educarli secondo valori propri, senza campanelle né banchi.
Ma dietro questa immagine suggestiva si nasconde un conflitto che riguarda tutti: fino a che punto i genitori possono scegliere liberamente l’educazione dei figli? E dove inizia il dovere dello Stato di garantire istruzione, socializzazione e tutela?
La scuola come spazio di uguaglianza
La scuola pubblica, istituzionalizzata dall’articolo 34 della Costituzione, è molto più di un edificio con aule e lavagne. È un presidio di uguaglianza, un luogo dove bambini di origini diverse si incontrano e crescono insieme. Qui si apprendono nozioni, ma soprattutto valori comuni: rispetto, convivenza, cittadinanza.
Ogni mattina, milioni di studenti varcano la soglia di un istituto che non è solo un contenitore di programmi ministeriali, ma un ponte verso la società. La scuola riduce le disuguaglianze, soprattutto nei contesti più fragili, e offre a ciascuno la possibilità di costruirsi un futuro.
Homeschooling: libertà e responsabilità
Accanto alla scuola tradizionale, esiste un’altra strada: l’homeschooling. L’articolo 111 del D.Lgs. 297/1994 riconosce ai genitori la possibilità di provvedere direttamente all’istruzione dei figli. È una scelta minoritaria, ma in crescita, motivata dal desiderio di personalizzare l’apprendimento e trasmettere valori culturali e identitari.
Non è però una libertà assoluta: i genitori devono dichiarare la loro scelta, dimostrare idoneità tecnica ed economica e garantire che i figli sostengano esami di idoneità. Autonomia e responsabilità, dunque, camminano insieme.
Il diritto all’istruzione come bene comune
La Corte Costituzionale ha ricordato che il diritto all’istruzione non è solo sapere, ma anche socializzazione. Un bambino che cresce isolato rischia di perdere non solo opportunità di apprendimento, ma anche di relazione e di futuro.
La giurisprudenza lo ha ribadito: il TAR Liguria (sentenza n. 716/2022) ha sottolineato che l’istruzione parentale deve essere effettiva, mentre la Cassazione (ordinanza n. 23802/2023) ha confermato che l’interesse superiore del minore prevale sempre, legittimando controlli e verifiche da parte dello Stato.
Ombre e fragilità del sistema di controllo
Il sistema di vigilanza sui minori si regge sulle relazioni dei servizi sociali. In teoria, strumenti tecnici di indagine; in pratica, documenti che pesano come macigni nelle decisioni giudiziarie, spesso senza un vero contraddittorio.
Questo ha alimentato la percezione di un potere opaco, talvolta condizionato da logiche esterne. In alcuni casi, l’affidamento dei minori a comunità private ha sollevato dubbi di conflitti di interesse, poiché tali strutture ricevono fondi pubblici.
L’allontanamento come extrema ratio
Allontanare un bambino dalla propria famiglia dovrebbe essere una misura eccezionale, adottata solo di fronte a gravi carenze educative o pericoli concreti. Eppure, la fragilità del sistema – basato su relazioni discutibili e senza pluralità di indagini – rischia di trasformare la tutela in trauma.
Un bambino strappato alla sua famiglia non perde solo un contesto, ma un pezzo di sé. Per questo il Tribunale dovrebbe privilegiare verifiche preventive e sostegno educativo, evitando che la protezione si trasformi in violenza istituzionale.
La famiglia nel bosco come metafora
La scelta di crescere i figli in un contesto naturale e appartato ci interroga sul senso profondo dell’educazione: libertà, conoscenza, relazione.
Se l’autonomia familiare diventa isolamento, il diritto all’istruzione perde la sua dimensione sociale. Se il controllo pubblico diventa potere opaco, l’educazione perde la sua dignità.
La vera sfida non è stabilire chi vince, ma trovare un equilibrio credibile tra responsabilità e libertà. La famiglia nel bosco diventa così un caso-simbolo, un prisma attraverso cui leggere le tensioni tra Stato e individuo, tra regole e desideri, tra protezione e autonomia.
Un patto educativo da costruire
Il conflitto tra homeschooling e scuola tradizionale si scioglie solo se si assume come criterio l’interesse del minore: apprendimento reale, accesso alle relazioni, prospettive di futuro.
La scuola garantisce uguaglianza e inclusione; l’istruzione parentale offre personalizzazione e prossimità. Il compito del diritto è far convivere queste ragioni, con controlli trasparenti, pluralità di valutazioni e sostegni prima delle sanzioni.
Verso un dibattito serio e trasparente
È tempo di aprire un confronto autentico. Famiglie, giuristi e istituzioni devono collaborare per costruire un sistema di controllo proporzionato e rispettoso, capace di tutelare i minori senza trasformare la protezione in abuso.
Non basta scegliere tra scuola tradizionale e homeschooling: occorre pretendere che ogni percorso educativo sia accompagnato da giustizia, chiarezza e dignità.
Solo così, tra i sentieri del bosco e le aule scolastiche, potremo costruire un patto educativo credibile, dove libertà e responsabilità non siano nemici, ma alleati.

