Turismo Dazi Italia e ci casca pure l’ambiente!
Alta la tensione sul dibattito dei dazi Usa per i possibili risvolti in Italia.
Ma ci si deve chiedere in primis quale impatto può avere concretamente sull’economia italiana un innalzamento dei tassi Usa se è vero che la nostra economia è trainata dal turismo che è il motore dello sviluppo di tutta la penisola nessuna area esclusa e pure avendo delle nicchie di importanti di distretti industriali ancorché localizzati in poche aree specifiche.
Se gli Stati Uniti aumentano i dazi verso l’UE settori specifici italiani (moda, agroalimentare, macchine utensili…) potrebbero subire un calo di competitività, con conseguenza di un possibile riposizionamento delle filiere produttive di alcuni distretti d’eccellenza.
L’impatto sull’Italia potrebbe portare ad esportazioni penalizzate se i prodotti italiani diventano più cari per chi compra in dollari con una maggiore concorrenza sui capitali così che per attrarre investimenti, l’Italia (e l’UE) potrebbero dovere mantenere tassi alti per poi giungere ad un indebolimento della domanda globale, che può colpire i settori industriali esportatori. Inoltre, il combinato disposto dell’aumento dei tassi da parte della Federal Reserve tende a: rafforzare il dollaro (USD), rendere più costoso l’accesso al credito a livello globale, spostare capitali verso gli USA (perché offrono un rendimento più alto).
Certo possibili scenari! E il turismo?
È davvero un cuscinetto per l’economia italiana a differenza della maggiore parte delle economie europee?
Il turismo è vero che statisticamente rappresenta circa il 13% del PIL italiano e pure ha un impatto diffuso, anche nelle aree meno industrializzate.
Ma non finisce qui. Il 13% rappresenta solo una stima diretta del valore economico legato al turismo (servizi alberghieri, ristorazione, trasporti, biglietteria, guide, e poco altro).
Il suo effetto moltiplicatore è molto più alto poiché rileva su comparti che non sono inseriti direttamente nel PIL turismo e alimenta indirettamente molti altri settori.
Basti pensare:
- al comparto immobiliare specialmente delle seconde case e delle case vacanze acquisto/ristrutturazione di seconde case, boom affitti brevi, rendite turistiche;
- al comparto agro-alimentare, vendita diretta, prodotti tipici, ristorazione di qualità, enoturismo;
- al comparto dei viaggi e della mobilità locale, agenzie, tour operator, servizi esperienziali, guide;
- al comparto artigianale, souvenir, moda, ceramiche, oggetti locali;
- al comparto artistico/culturale, scuole di cucina, laboratori, musei, eventi legati al territorio;
- al comparto sportivo incluso il (cicloturismo). Nel 2023 si sono registrate 56,8 milioni di presenze cicloturistiche in Italia (circa il 6,7 % del totale), con un impatto economico diretto di oltre 5,5 miliardi di euro (+35 % rispetto al 2022) con oltre 89 milioni di presenze stimate nel 2024 e valori economici che si avvicinano ai 9,8 miliardi (cicloturismo genera indotto nel settore ricettivo, ristorazione, servizi di noleggio bike, artigianato locale, mobilità e coordinamento con infrastrutture);
- al comparto religioso e pellegrinaggi.
Nel 2023, l’Italia ha accolto circa 6 milioni di turisti religiosi con 25 milioni di presenze, generando un giro d’affari compreso tra i 3 e i 4 miliardi € nel 2024 è previsto un aumento del 25%.
Il Giubileo 2025 è atteso con numeri monumentali: 35 milioni di arrivi, 105 milioni di presenze e una spesa prevista di oltre 16 17 miliardi € In alcune località (Assisi, Loreto, Pompei, San Giovanni Rotondo), la quota del PIL comunale derivante dal turismo religioso può superare il 50% (pellegrini rappresentano una forma di turismo meno stagionale, con flussi diffusi durante tutto l’anno, sostenendo destinazioni anche nei mesi non di punta; tra i percorsi di grande richiamo: la Via Francigena, Via Romea Germanica, cammini regionali e conventuali, che favoriscono ospitalità diffusa: agriturismi, B&B, ospitalità religiosa + alto potenziale promozionale e culturale dei cammini contribuisce alla valorizzazione territoriale e allo sviluppo di microeconomia locale)
Quindi, l’effetto “indotto” e “moltiplicato” del turismo può dirsi arrivi facilmente oltre il 25%-30% del PIL italiano
L’andamento della stagionalità di alcuni flussi turistici che peraltro diminuisce sempre più con il passare degli anni può essere un freno verso una presa d’atto che il turismo nel suo insieme può benissimo arrivare ad oltre il 50% del Pil.
Del resto, le Città d’arte come Roma, Firenze, Venezia, Napoli hanno flussi quasi costanti tutto l’anno. Il turismo esperienziale e lento (borghi, cammini, agriturismi) si è sviluppato anche in bassa stagione.
Le destinazioni termali e wellness attraggono turismo 12 mesi l’anno.
La digitalizzazione del lavoro ha aumentato i soggiorni lunghi (workation, nomadismo digitale).
Vi sono poi turismo culturale, sportivo e religioso che non conoscono sosta e favorisce la destagionalizzazione oltre all’economia delle aree interne, stimolando opportunità imprenditoriali e investimenti sul territorio.
Il turismo è quindi sempre meno stagionale nonostante le antiche considerazioni che è sostanzialmente estivo, collegato alle mete balneari, o invernale, per le mete montane; tuttavia, con soprese a dati attuali che in buona parte smentiscono e vedono le stagioni dedicate alle aree balneari e montane allungarsi.
Ma dobbiamo chiederci ancora se è poi vero che il turismo è soggetto ad avvenimenti imprevedibili come il meteo o crisi internazionali e a fluttuazioni del potere di acquisto delle varie monete che ne possono condizionare l’andamento?
È vero che il meteo, come il cuore, non si può governare. E lo stesso può valere per le crisi internazionali, che con i loro riflessi spesso drammatici, travolgono economie e persone, talvolta in modo imprevedibile.
Tuttavia, non siamo del tutto impotenti: e se è impossibile evitare certi eventi, possiamo almeno mitigarli, agendo sulle cause e non solo sugli effetti.
Il clima, ad esempio, è intimamente legato alla temperatura terrestre, alla gestione dell’ambiente, al consumo di risorse. È in questo ambito che l’azione umana può fare la differenza. L’intento non è eliminare l’imprevedibilità del meteo, ma moderarne gli effetti più estremi, spesso accentuati proprio da comportamenti irresponsabili e scelte miopi.
L’Europa, e l’Italia in particolare, hanno una responsabilità e un’opportunità in tal senso. Il nostro Paese vanta una biodiversità straordinaria, un patrimonio ambientale unico, che non è solo motivo di orgoglio ma risorsa primaria del turismo, uno dei pilastri dell’economia nazionale.
L’Italia è riconosciuta così bella in tutto il mondo proprio per il suo ambiente che è onere e onore mantenere e curare da parte di tutti noi.
Cura del territorio, manutenzione ambientale, riduzione dell’impatto climatico: sono questi i nuovi fondamenti dell’economia e di un turismo che è – e deve essere – “alto” e sostenibile.
Non solo per attrarre nuovi visitatori, ma per garantire un futuro stabile e resiliente a un settore fortemente influenzato dai cambiamenti ambientali.
Il turismo, specialmente per l’ITALIA, come molti altri comparti strategici – agricoltura, energia, idroelettrico, estrazione mineraria, gestione delle acque – dipende in modo diretto e profondo da fattori climatici, paesaggistici e naturali.
La loro tutela non è solo una scelta etica o ecologica, ma una condizione strutturale per la continuità economica e il benessere, oserei anche la sopravvivenza, della specie umana.

