Responsabilità dei soci per atti dannosi

Responsabilità dei soci per atti dannosi

Responsabilità dei soci per atti dannosi: rileva anche l’autorizzazione all’illecito

Con l’ordinanza n. 22169 depositata il 1° agosto 2025, la Corte di Cassazione ribadisce la portata applicativa dell’art. 2476, comma 8, c.c., chiarendo che anche i soci non amministratori di una S.r.l. possono essere chiamati a rispondere in solido con gli amministratori per gli atti di gestione pregiudizievoli, qualora abbiano intenzionalmente determinato o agevolato l’adozione di tali condotte.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha confermato la condanna nei confronti di alcuni soci per il danno derivante dalla prosecuzione dell’attività sociale nonostante la perdita del capitale, condotta posta in essere in violazione degli obblighi previsti dagli artt. 2482-ter e 2487 c.c., senza che si procedesse tempestivamente alla liquidazione della società.


La fattispecie: soci consapevoli e rinvio della liquidazione

L’inerzia nell’affrontare tempestivamente una crisi patrimoniale conclamata, protratta per mesi nonostante la piena consapevolezza della situazione economico-finanziaria della società, è stata posta al centro dell’accertamento giudiziale. Secondo quanto ricostruito dai giudici di merito, i soci avevano deliberatamente scelto – in modo unanime – di rinviare l’adozione delle misure imposte dalla normativa, evitando la liquidazione per perseguire l’obiettivo di cedere le proprie partecipazioni prima che il loro valore si azzerasse.

In tale contesto, la Cassazione ha ritenuto sussistente una condotta intenzionale idonea ad integrare la responsabilità solidale dei soci, anche se non titolari di quote di controllo, escludendo che la minore entità della partecipazione sociale potesse valere come scriminante.


Il perimetro della responsabilità ex art. 2476, comma 8, c.c.

L’art. 2476, ottavo comma, introduce una deroga al principio cardine della responsabilità limitata nelle società a responsabilità limitata (art. 2462 c.c.). La norma dispone infatti che rispondono solidalmente con gli amministratori anche i soci che abbiano “intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi” per la società, gli altri soci o i terzi.

La Corte sottolinea che:

  • non è richiesta una deliberazione formale: la decisione o autorizzazione può emergere anche da condotte di fatto che abbiano inciso sull’attività gestoria degli amministratori;

  • l’intenzionalità non deve riferirsi al danno in sé, ma alla decisione o autorizzazione dell’atto gestorio: è sufficiente la consapevolezza dell’illiceità dell’atto e la volontà di influenzare l’azione degli amministratori;

  • la partecipazione minoritaria non esclude la responsabilità, ove risulti che il socio abbia comunque preso parte alla decisione lesiva, condividendo un indirizzo gestionale imprudente o dannoso.


Il principio confermato: la responsabilità si estende al socio “influente”

Nel respingere il ricorso dei soci, la Corte ha ritenuto immune da censure l’impostazione della Corte d’Appello che aveva attribuito rilievo determinante all’atteggiamento attendista e alla volontaria prosecuzione dell’attività societaria in perdita. Il danno accertato – ossia l’aggravamento della situazione patrimoniale conseguente alla mancata liquidazione – è stato direttamente ricondotto alla condotta unitaria dei soci, espressa nelle assemblee e nella gestione della crisi, in spregio agli obblighi imposti dalla legge.

In particolare, la motivazione valorizza il fatto che:

  • le assemblee si siano svolte con deliberazioni sempre unanimi;

  • le decisioni siano state orientate non a risanare la società, ma a salvaguardare il valore delle quote;

  • l’omessa liquidazione abbia consentito la prosecuzione di un’attività già compromessa, aggravando la perdita patrimoniale.


L’ordinanza n. 22169/2025 rafforza un orientamento giurisprudenziale che attribuisce rilievo sostanziale alla posizione del socio attivo nelle scelte societarie, anche se privo di poteri gestori diretti. La partecipazione all’indirizzo strategico, soprattutto nelle fasi patologiche della vita societaria, comporta una quota di responsabilità che non può essere elusa dietro la formale estraneità alla gestione.

Per gli operatori del diritto e i consulenti societari, la decisione impone un rinnovato livello di attenzione in sede assembleare e nella documentazione delle dinamiche societarie: il confine tra gestione e responsabilità, nella s.r.l., si fa sempre più sottile.

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