Soldi rubati ai fragili

Soldi rubati ai fragili

Lo STATO può essere chiamato a pagare?

 

Quando gli amministratori di sostegno si appropriano dei beni dei loro amministrati commettono il reato di peculato, ma chi risarcisce i danneggiati?

Troppo spesso la giustizia lascia le vittime senza risorse e il sistema di vigilanza fallisce.

Negli ultimi anni, la giurisprudenza ha ridefinito i confini del peculato, inglobando la malversazione a danno di privati e aumentando le responsabilità di chi gestisce denaro o beni destinati a soggetti fragili. Un tema particolarmente controverso riguarda gli amministratori di sostegno, figure chiave nella tutela patrimoniale di chi non può provvedere autonomamente ai propri interessi. Questi incaricati, nominati dai giudici tutelari, hanno il compito di garantire la protezione economica di soggetti vulnerabili, ma in alcuni casi il loro operato si è trasformato in un vero e proprio abuso di potere con conseguenze drammatiche per le vittime.

L’amministratore di sostegno: tra tutela e rischio di abusi

L’amministratore di sostegno viene designato dal giudice tutelare per gestire il patrimonio di individui incapaci di amministrare autonomamente le proprie risorse. Questo ruolo prevede il controllo di conti bancari, beni immobili e altre risorse finanziarie della persona assistita. Tuttavia, il grande potere fiduciario che ne deriva può sfociare in pratiche illecite.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45982/2024, ha stabilito che la sottrazione di fondi appartenenti a soggetti fragili può configurare peculato, qualora l’amministratore rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. Questo orientamento amplia la possibilità di perseguire penalmente chi sfrutta il proprio ruolo per fini personali, anche se le somme sottratte formalmente appartengono a privati.

La riforma del peculato: nuovi scenari giuridici

L’assorbimento della malversazione a danno di privati nel reato di peculato ha avuto conseguenze rilevanti:

Inasprimento delle pene: La sottrazione indebita di denaro può comportare la reclusione fino a 10 anni, una pena ben più severa rispetto alla precedente normativa sulla malversazione.

Estensione della responsabilità: La nuova interpretazione giurisprudenziale permette di perseguire anche chi gestisce fondi privati, se questi hanno un’interazione con la Pubblica Amministrazione.

Nuove linee interpretative: Secondo la Cassazione (sentenza n. 37854/2023), il peculato si consuma nel momento stesso dell’appropriazione indebita, indipendentemente dal danno economico arrecato alla persona assistita.

Confisca per equivalente: un ostacolo al recupero delle somme sottratte?

Uno strumento chiave per contrastare il peculato è la confisca per equivalente, che consente di sottrarre al condannato beni di valore equivalente alla somma rubata, anche se il denaro illecito non è più disponibile.

La sentenza n. 20567/2023 della Cassazione ha chiarito che, in caso di appropriazione indebita da parte di un amministratore di sostegno, possono essere confiscati immobili e conti bancari, indipendentemente dal loro collegamento diretto con l’illecito. Questo meccanismo mira a garantire che il colpevole non tragga beneficio dal reato, ma può avere effetti negativi sulle possibilità di risarcimento per le vittime, che potrebbero trovarsi senza risorse da recuperare.

Quando lo Stato può essere chiamato a risarcire le vittime?

Un aspetto controverso riguarda la possibilità che lo Stato sia chiamato a risarcire le vittime di peculato da parte degli amministratori di sostegno.

Se gli organi di controllo, come il giudice tutelare, non esercitano un’adeguata supervisione sull’operato degli amministratori, potrebbe configurarsi una responsabilità indiretta dello Stato. Tuttavia, attualmente non risultano sentenze definitive in cui lo Stato sia stato formalmente condannato al risarcimento delle vittime.

Alcuni episodi recenti hanno sollevato dubbi sulla qualità della vigilanza statale. Un caso emblematico è quello di Nuoro, dove un’amministratrice di sostegno ha sottratto 2 milioni di euro ai suoi assistiti, lasciando le vittime in gravissime difficoltà economiche. A Terni, invece, un amministratore ha fatto sparire 80.000 euro nel corso di dieci anni, sfruttando le vulnerabilità di un’anziana sotto tutela.

In entrambe le circostanze, i familiari delle vittime hanno denunciato una mancanza di controlli da parte delle autorità competenti, evidenziando come il sistema abbia fallito nella protezione di soggetti fragili. In questi scenari, la possibilità che lo Stato debba rispondere dei danni potrebbe essere oggetto di dibattito giuridico, soprattutto in presenza di gravi negligenze nella nomina e nel controllo degli amministratori di sostegno.

Chi protegge davvero le persone fragili?

L’evoluzione giuridica ha ampliato le tutele contro gli abusi patrimoniali, ma ha anche evidenziato criticità nel sistema di vigilanza. Se da un lato il riconoscimento del peculato nella gestione di fondi privati può dissuadere gli illeciti, dall’altro la confisca per equivalente e la difficoltà di risarcimento rischiano di complicare il recupero delle somme per le vittime.

Il ruolo dello Stato nella vigilanza e nella prevenzione sarà fondamentale per evitare nuovi scandali. La magistratura potrebbe essere chiamata a chiarire se e quando lo Stato debba rispondere per i danni economici subiti dalle vittime di peculato da parte di amministratori di sostegno.

La domanda resta aperta: chi protegge davvero i più deboli?

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