La tutela delle persone fragili
Amministrazione di sostegno: sistema di protezione o vettore di abusi? Il ruolo dello Stato
Come ormai noto l’amministrazione di sostegno è stata introdotta nel nostro ordinamento come uno strumento di tutela per le persone che, a causa di difficoltà fisiche o psichiche, non sono pienamente in grado di provvedere ai propri interessi. Il suo obiettivo principale è quello di garantire protezione, pur mantenendo il più possibile l’autonomia residua del beneficiario. Tuttavia, in alcuni casi, chi è incaricato di proteggere gli interessi delle persone fragili abusa della posizione, commettendo gravi reati come il peculato. A ciò si aggiunge la responsabilità dello Stato, soprattutto quando la vigilanza da parte delle autorità competenti risulta inadeguata.
In questo articolo vogliamo esplorare il problema, sulla base della giurisprudenza penale, civile e amministrativa, per comprendere i punti critici e le soluzioni possibili e individuare strategie di prevenzione.
Amministratori di sostegno e reati di peculato
Sono purtroppo sempre più numerosi i casi in cui gli amministratori di sostegno tradiscono la fiducia di cui godono.
Eclatante è stato a Nuoro il caso di Roberta Barabino che ha sottratto ai suoi amministrati, talvolta con la complicità del consorte, nell’arco di sei anni, circa due milioni di euro ad oltre cinquanta persone e nei confronti della quale sono ancora pendenti alcuni processi.
Altro esempio emblematico è la sentenza del 23 gennaio 2024 della Corte d’Appello di Roma, dove l’amministratore è stato condannato per sottrazione di somme ingenti dai patrimoni di persone fragili. La sentenza ha sottolineato la mancanza di vigilanza da parte delle autorità competenti, che ha permesso all’amministratore di agire indisturbato.
Un altro caso di rilievo è rappresentato dalla sentenza n. 58237 del 2018 della Corte di Cassazione, in cui un’amministratrice di sostegno è stata condannata per essersi appropriata di circa 60.000 euro dai conti dell’assistito. La Corte ha ribadito che gli amministratori di sostegno rivestono la qualifica di pubblico ufficiale o incaricati di pubblico servizio, il che li rende soggetti alle norme sul peculato.
Giurisprudenza penale: quando si configura il peculato
Il peculato, disciplinato dall’articolo 314 del Codice Penale, si configura quando un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio si appropria di denaro o beni di cui ha la disponibilità per ragioni del proprio ufficio. Sentenze come quella della Corte di Cassazione n. 29188 del 2021 hanno chiarito che il reato si consuma nel momento in cui avviene l’appropriazione indebita, anche se non vi è un danno diretto per la pubblica amministrazione. In un altro caso, la Corte di Cassazione n. 10213 del 2022 ha confermato la condanna di un amministratore che aveva usato somme del beneficiario per scopi personali, ribadendo l’importanza della trasparenza nella rendicontazione.
Omessa vigilanza: quando lo Stato è responsabile
La responsabilità dello Stato entra in gioco quando si dimostra che c’è stata una carenza nel controllo da parte del giudice tutelare o delle altre autorità preposte. La sentenza del Consiglio di Stato n. 9541 del 2022 rappresenta un caso emblematico, evidenziando che la mancata revisione dei rendiconti periodici e l’inerzia di fronte a segnalazioni di irregolarità possono configurare una responsabilità dello Stato per omissione. La giurisprudenza amministrativa sottolinea che il giudice tutelare ha un obbligo di vigilanza costante per garantire che gli amministratori di sostegno agiscano nell’interesse del beneficiario.
La Corte d’Appello di Roma (23 gennaio 2024) ha ulteriormente chiarito che l’omessa verifica dei rendiconti da parte del giudice ha avuto un ruolo determinante nel permettere le appropriazioni indebite. Questo evidenzia come l’assenza di controlli possa trasformare un sistema di tutela in un veicolo per abusi.
Giurisprudenza civile: il risarcimento del danno
Dal punto di vista civile, il risarcimento del danno può essere richiesto sia contro l’amministratore di sostegno condannato, sia contro lo Stato, se si dimostra che il danno è stato causato da negligenza istituzionale. Le sentenze della Corte di Cassazione civile hanno chiarito che è necessario fornire prove concrete di:
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Nesso causale tra la mancata vigilanza e il danno subito.
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Omissioni documentate, come rendiconti mai verificati o segnalazioni ignorate.
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Danno patrimoniale subito dal beneficiario.
Un esempio pratico è fornito dalle sentenze che hanno condannato lo Stato per mancata sorveglianza, sottolineando la necessità di rafforzare i controlli istituzionali e affermando principi fondamentali per tutelare i diritti delle persone fragili e stimolare un miglioramento nei controlli istituzionali.
Le vie per il risarcimento
Le vittime di peculato possono intraprendere due percorsi per ottenere un risarcimento:
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Azione contro l’amministratore di sostegno: Se i beni confiscati al condannato sono sufficienti a coprire il danno subito, è possibile agire direttamente contro di lui.
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Azione contro lo Stato: In caso di omessa vigilanza, la responsabilità dello Stato può essere fatta valere attraverso una causa civile, presentando prove delle negligenze istituzionali.
Prevenzione e riforme: come proteggere i più vulnerabili
Per evitare che episodi simili si verifichino in futuro, è necessario adottare una serie di misure preventive che possono aiutare a ridurre il rischio di abusi nell’amministrazione di sostegno e a garantire una maggiore protezione delle persone vulnerabili.
1. Vigilanza più rigida e frequente
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Controllo periodico obbligatorio: I giudici tutelari dovrebbero verificare regolarmente i rendiconti degli amministratori di sostegno per assicurarsi che siano trasparenti e dettagliati.
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Audit esterni: Introdurre verifiche indipendenti.
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2. Formazione specifica per gli amministratori e le autorità
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Corsi di formazione obbligatori: Per gli amministratori, è importante ricevere una preparazione su aspetti legali, etici e gestionali per svolgere il ruolo in modo responsabile.
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Aggiornamento continuo: Anche giudici tutelari e funzionari pubblici potrebbero beneficiare di corsi sulle migliori pratiche e sui segnali d’allarme di possibili abusi.
3. Miglioramento dei sistemi di segnalazione
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Canali anonimi per le segnalazioni: Creare strumenti sicuri e accessibili per famiglie e beneficiari, in modo che possano segnalare sospetti di abuso senza timore di ritorsioni.
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Centralizzazione delle informazioni: Un database nazionale degli amministratori di sostegno potrebbe facilitare la raccolta di dati e l’individuazione di eventuali recidive.
4. Sanzioni più severe e tempestive
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Pene dissuasive: Chi viene riconosciuto colpevole di peculato dovrebbe affrontare sanzioni più severe per scoraggiare comportamenti illeciti.
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Rimozione immediata dal ruolo: Quando emergono sospetti fondati, gli amministratori di sostegno dovrebbero essere sospesi dall’incarico in attesa di ulteriori indagini.
5. Promozione della trasparenza
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Tecnologia e digitalizzazione: Introdurre piattaforme digitali per la gestione e il monitoraggio dei patrimoni, accessibili anche ai familiari e ai giudici tutelari.
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Rendicontazione pubblica: Rendere i resoconti più trasparenti e facilmente consultabili da tutte le parti interessate.
6. Collaborazione tra istituzioni
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Rafforzare la rete di protezione: Creare un coordinamento tra diverse istituzioni (giudici, servizi sociali, associazioni) per una supervisione più efficiente.
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Coinvolgimento della comunità: Incentivare associazioni di supporto e volontariato per monitorare situazioni potenzialmente critiche.
Il ruolo dei familiari
In questo sistema di protezione e prevenzione è importantissimo il ruolo dei familiari che possono svolgere un ruolo attivo nel monitoraggio dell’amministratore di sostegno. Alcuni strumenti utili includono:
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Richiedere trasparenza nei rendiconti: Analizzare i movimenti finanziari del beneficiario per individuare anomalie.
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Segnalare sospetti: Documentare discrepanze e comunicare al giudice tutelare.
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Partecipare alle decisioni: Collaborare con l’amministratore per garantire che le spese siano in linea con gli interessi del beneficiario.
Questi interventi possono contribuire a creare una rete di protezione efficace intorno al beneficiario.
Rafforzare la vigilanza e promuovere la collaborazione tra istituzioni, familiari e società civile è indispensabile per costruire un sistema equo e protettivo.
Un equilibrio da tutelare
L’amministrazione di sostegno deve rimanere uno strumento di protezione e inclusione, ma le sue vulnerabilità devono essere affrontate con rigore. La giurisprudenza dimostra che, sebbene esistano strumenti per punire gli abusi, è necessario migliorare la prevenzione e la trasparenza per proteggere i diritti delle persone fragili, al contrario di ciò che spesso accade nella pratica, allorché ai tentativi di controllo da parte dei familiari, viene opposta la privacy del beneficiario.
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Ho letto con grande interesse l’articolo, che condivido pienamente nei suoi contenuti e nelle preoccupazioni espresse. Desidero segnalare che, in alcune circostanze, l’amministratore di sostegno può arrivare a commettere abusi persino più gravi del peculato. Si sono verificati casi in cui il beneficiario è stato non solo collocato in una RSA contro la sua volontà, ma anche isolato affettivamente, impedendogli di mantenere contatti con familiari e amici. Tali condotte, che sfruttano in modo cinico la vulnerabilità della persona assistita, rappresentano una delle forme più gravi e inaccettabili di abuso.
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