CBDC Una sigla con cui dovremo fare i conti
Central bank digital currency, le valute digitali delle banche centrali (CBDC) una nuova evoluzione del concetto di valuta?
Le CBDC sono le valute digitali emesse dagli istituti centrali che apparentemente non sarebbero differenti dalle corrispondenti monete fiat attuali.
Le monete fiat sono valute non legate ad una copertura del loro valore attraverso il possesso di un equivalente valore di una merce (solitamente era l’oro della riserva aurea dello stato).
Nascono in Cina nel XIII secolo e vengono utilizzate anche in Europa nei secoli seguenti generando non pochi problemi di inflazione in quanto battere moneta diveniva facilissimo, con tutte le conseguenze derivanti.
Esse sono oggi la regola in quanto il loro valore risiede nel fatto che esiste un’autorità – lo Stato – che agisce come garante e finché tutti i cittadini concordano sul fatto che una moneta ha validità e valore, esso lo mantiene.
.Il termine “fiat” significa in latino “che sia fatto” e indica un sistema garantito dal governo che ne stabilisce il valore e lo identifica ufficialmente come mezzo di scambio, lo mette in circolazione e lo controlla.
Ma, allora, qual’è la differenza e perché esiste una forte pressione verso l’adozione di dollari, euro o yuan in forma CBDC, al di là delle scontate motivazioni legate ai pagamenti digitali?
Nel mondo la Cina, cinese ha stato lanciato su base limitata l’eCNY come test pilota nel 2019 e in Nigeria l’eNaira, in uso da ottobre 2021, è accettata come CBDC del paese.
La domanda vera è perché 87 paesi, di tutti i tipi e distribuzione geografica (che rappresentano oltre il 90% del PIL globale) stanno studiando come gestire le valute digitali delle proprie banche centrali?
Un aspetto fondamentale è il passaggio in cui si escludono gli attuali gestori delle operazioni e delle transazioni, che in definitiva sono i reali gestori della valuta.
Infatti, essa verrebbe collocata in un portafoglio digitale gestito direttamente dal suo possessore mentre oggi siamo tutti in grado di effettuare le transazioni digitali ma solo mediante i nostri istituti bancari, che effettuano per nostro conto le transazioni.
Questi ultimi nel nuovo assetto non compaiono più in quanto la gestione diviene completamente autonoma.
La differenza non pare abissale ma ad una attenta riflessione, nata dall’ascolto di una trasmissione su una emittente capitolina, mi ha dato, forse, una chiave di lettura.
Tale passaggio servirebbe a portare allo scoperto e mobilizzare quelli che recentemente sono stati ribattezzati “capitali immobilizzati e infruttiferi” presenti nei conti correnti.
Peccato che fino ad ora venissero chiamati risparmi!
Allora, ricapitoliamo la rivoluzione sarebbe quella di riunire tutti i nostri beni correnti in un portafoglio elettronico di cui determinare la precisa consistenza, da parte dei governi, sarebbe molto facile e su cui operare lo sarebbe altrettanto, con tutti i rischi connessi, sia di carattere truffaldino che di gestione impositiva da parte delle autorità.
Credo che occorra una attenta meditazione sul significato di questo nuovo assetto e controllarne l’evoluzione.