CODICE ANTIMAFIA NEWS

Codice Antimafia News

Verso un nuovo paradigma di gestione e destinazione dei beni confiscati  D.L. 48 2025

di Antonio Uva

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’11 aprile 2025 (Serie Generale n. 85), il Decreto-Legge n. 48 è entrato in vigore il 12 aprile 2025, portando con sé un’ampia riforma in materia di sicurezza pubblica, prevenzione antimafia, documentazione interdittiva, gestione dei beni confiscati, e molto altro.

L’intervento normativo, frutto di una pluralità di esigenze politiche e amministrative, spazia dal diritto penale al diritto dell’economia pubblica, toccando il cuore delle politiche di legalità e rigenerazione economica dei territori.


I principali assi di intervento

Il D.L. 48/2025 si sviluppa su tre direttrici fondamentali:

  1. Contrasto alla criminalità organizzata e gestione dei beni confiscati (artt. 1–9).

  2. Sicurezza urbana, tutela dei cittadini e delle vittime di usura (artt. 10–18).

  3. Tutela del personale delle forze dell’ordine e giustizia penale minorile e familiare (artt. 19–22).


Misure di contrasto alla criminalità organizzata e gestione patrimoniale: gli artt. 3 e 7

1. Documentazione antimafia e imprese individuali (art. 3)

Due le novità salienti:

  • Estensione della verifica antimafia ai contratti di rete (modifica all’art. 85, co. 2, lett. h-bis Cod. antimafia).

  • Introduzione dell’art. 94.1, che consente al prefetto di limitare gli effetti dell’interdittiva nei confronti di imprese individuali in stato di bisogno, garantendo temporaneamente la continuità dell’attività e il sostentamento del nucleo familiare. La norma prevede un controllo annuale, misure prescrittive e l’esclusione per i condannati (anche in appello) per reati gravi (art. 67, co. 8 D.lgs. 159/2011).

2. Gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati (art. 7)

Il legislatore introduce numerose modifiche al Codice Antimafia (D.lgs. 159/2011) per migliorare l’efficienza e la legalità nella gestione giudiziaria:

  • Impugnazioni più garantiste: estensione del termine per impugnare le misure personali da 10 a 30 giorni (art. 10, co. 2).

  • Urbanistica e verifica tecnica dei beni immobili confiscati: obbligo per l’amministratore giudiziario di dettagliare caratteristiche tecnico-urbanistiche, abusi e impieghi possibili del bene (art. 36, co. 2-bis). I Comuni devono rispondere entro 45 giorni.

  • Demolizione degli abusi non sanabili e acquisizione dell’area al patrimonio del Comune (art. 40, co. 1-bis).

  • Verifica annuale dell’efficacia del piano di prosecuzione dell’impresa (art. 41, co. 1-novies).

  • Cancellazione automatica delle imprese “vuote” o non rilanciabili dal Registro delle Imprese entro 60 giorni (art. 41, co. 5-bis e art. 44, co. 2-ter).

  • Esclusione da incarichi e contratti di parenti e condannati per mafia (art. 45-bis, co. 1-bis).

  • Obbligo di iscrizione gratuita delle modifiche aziendali derivanti dalla gestione giudiziaria (art. 51-bis).

  • Regolamento per i compensi dei coadiutori dell’Agenzia (art. 38, co. 3-bis), con vincolo di invarianza finanziaria.

Una ulteriore riforma   del sistema antimafia

L’articolo 7 del Decreto-Legge 11 aprile 2025, n. 48 si inserisce in un contesto di progressiva revisione del sistema delle misure di prevenzione patrimoniali, sempre più chiamato a coniugare l’efficacia del contrasto alle economie criminali con la certezza del diritto e la funzionalità amministrativa. L’intervento si colloca in un disegno politico più ampio, teso a rafforzare l’effettività della confisca e a renderla una leva di riqualificazione sociale, economica e territoriale, anziché un mero strumento ablatorio.

L’impulso normativo nasce anche dalla crescente attenzione alle criticità attuative emerse negli ultimi anni: ritardi nei procedimenti di verifica urbanistica, opacità nella gestione di imprese confiscate, incertezze sui compensi professionali e difficoltà nella destinazione dei beni, più volte denunciate nei rapporti della Corte dei conti (v. Delibera Sez. Autonomie n. 16/SEZAUT/2020/FR) e nella Relazione annuale ANBSC.

 Termini e garanzie procedurali – garanzie difensive rafforzate

Si segnala, in primo luogo, l’ampliamento da 10 a 30 giorni del termine per l’impugnazione dei provvedimenti applicativi delle misure personali (art. 10, co. 2). Tale modifica, per quanto puntuale, riflette una maggiore attenzione al principio del contraddittorio e si allinea alle esigenze di effettività del diritto di difesa, già più volte segnalate in dottrina e giurisprudenza (v. Cass. pen., sez. un., n. 4880/2015).

La modifica all’art. 10, co. 2, del Codice antimafia – con l’estensione a 30 giorni del termine per proporre impugnazione avverso le misure personali – è coerente con l’evoluzione giurisprudenziale che ha sollecitato un bilanciamento più equo tra esigenze di prevenzione e tutela dei diritti fondamentali. In tal senso, la Corte costituzionale, già con la sentenza n. 24/2019, aveva chiarito la necessità di evitare automatismi e compressioni irragionevoli nel sistema di prevenzione.

Beni immobili: urbanistica, destinazione e demolizione

L’innovazione più rilevante riguarda però l’obbligo, per l’amministratore giudiziario, di illustrare dettagliatamente le caratteristiche tecnico-urbanistiche degli immobili nella relazione prevista dall’art. 36. La previsione (nuovo comma 2-bis) impone una interlocuzione strutturata con i Comuni, che devono riscontrare le richieste entro 45 giorni.

Tale norma si inserisce nella crescente esigenza di valorizzazione concreta dei beni confiscati, già sostenuta dalla Corte dei conti e da vari studi ANBSC, ma spesso ostacolata da incertezze urbanistiche. La norma impone ora una più chiara definizione del quadro urbanistico-funzionale del bene, anche in vista dell’art. 48 del Codice, relativo alla destinazione.

Si introduce inoltre una novità di forte impatto: nel caso di abusi non sanabili, il giudice delegato ordina la demolizione (art. 40, co. 1-bis), evitando così l’ingresso nel patrimonio dello Stato di beni irregolari e vincolando l’area di sedime al patrimonio indisponibile del Comune. Si applicano, in tal caso, le norme del DPR 380/2001. La giurisprudenza amministrativa aveva già evidenziato la necessità di distinguere tra acquisizione del bene e sanabilità degli abusi (Cons. Stato, Sez. VI, n. 7149/2020). In parallelo, la Corte dei conti ha più volte segnalato l’inefficienza derivante dall’assegnazione di beni inutilizzabili agli enti locali (Delib. n. 7/2022, Sez. Controllo per la Regione Siciliana), sottolineando l’esigenza di un controllo ex ante sulla regolarità edilizia. La previsione colma un vuoto normativo più volte denunciato dalla giurisprudenza amministrativa e contabile. L’introduzione del nuovo comma 2-bis all’art. 36 e del comma 1-bis all’art. 40 mira a colmare una lacuna strutturale della prassi applicativa: l’assenza di un quadro urbanistico completo per molti beni immobili confiscati. La previsione rafforza il principio di legalità sostanziale, vincolando l’azione dell’amministratore giudiziario a una mappatura completa dello stato urbanistico.

Imprese confiscate: governance, trasparenza e depurazione

L’articolo 7 interviene anche sulla disciplina delle imprese sequestrate e confiscate, con tre direttrici principali:

  • Verifica annuale della sostenibilità economica dei piani di prosecuzione (art. 41, co. 1-novies), rafforzando il controllo giudiziale sul valore sociale del mantenimento in vita dell’impresa (cfr. Cass. civ., sez. I, ord. 30665/2023, sulla tutela dell’impresa “in bonis”).
  • Introduzione di un obbligo per l’Agenzia e per i Tribunali di comunicare al registro delle imprese la cancellazione delle imprese prive di patrimonio o di prospettive di rilancio, evitando fenomeni di “mummificazione” giuridica (art. 41, co. 5-bis).
  • Esclusione automatica dei parenti, conviventi e condannati ex art. 416-bis c.p. dall’impiego presso l’impresa (art. 45-bis, co. 1-bis), con risoluzione ex lege del contratto. Un’innovazione che tutela l’autonomia gestionale e rafforza l’azione di “bonifica sociale” dell’impresa confiscata.

Cancellazione dal registro e responsabilità patrimoniale

L’art. 41, co. 5-bis, consente al Tribunale di disporre la cancellazione dal registro delle imprese di soggetti privi di patrimonio utile o di concrete prospettive. La norma risponde a un’esigenza di igiene giuridico-economica, contrastando fenomeni di paralisi amministrativa già oggetto di interventi giurisprudenziali, anche in sede fallimentare (Cass. civ., Sez. I, ord. n. 13289/2020).

Sul piano operativo, la previsione si salda con l’art. 44, co. 2-ter, che attribuisce all’Agenzia, previo nulla osta del Giudice delegato, il compito di attivare le comunicazioni per la cancellazione, colmando un vuoto di coordinamento.

Esclusione dei soggetti legati alla criminalità: un principio etico-gestionale

Il nuovo comma 1-bis dell’art. 45-bis introduce un divieto di impiego per i parenti, conviventi e soggetti condannati per mafia nelle imprese definitivamente confiscate. Si tratta di una norma di “etica pubblica applicata”, che istituzionalizza un principio già affermato in sede cautelare da Cass. pen., sez. VI, sent. n. 39482/2016: «la separazione gestionale è elemento essenziale per la credibilità dell’amministrazione giudiziaria».

Il carattere autoesecutivo della risoluzione contrattuale rappresenta una scelta forte, volta a impedire aggiramenti o proroghe nei rapporti di lavoro, in linea con l’impostazione già emersa nella prassi ANBSC.

Trasparenza patrimoniale e pubblicità

Di rilievo anche le modifiche all’art. 51-bis, che impongono la registrazione gratuita di ogni modifica societaria derivante dalla gestione o destinazione dei beni, e quelle all’art. 54, che chiariscono l’inclusione dei beni nel “patrimonio aziendale”, risolvendo questioni interpretative già sollevate in sede dottrinale (V. M. Fresa, Le misure di prevenzione patrimoniali, in Giur. it., 2021, 6).

Tale innovazione favorisce la trasparenza e l’accesso alle informazioni, riducendo i rischi di opacità che hanno in passato compromesso alcune esperienze gestionali (si veda il caso “Saguto”, Corte dei conti Sicilia, sent. 49/2020).

 Compensi dei coadiutori: verso un regolamento

L’art. 38, co. 3-bis, prevede l’adozione di un regolamento interministeriale (Interno, Economia, Giustizia) per la liquidazione dei compensi dei coadiutori dell’Agenzia. La disposizione recepisce una richiesta avanzata da tempo  dall’ANBSC, si richiede  stabilità e trasparenza a un settore in cui oggi prevale la discrezionalità dell’ agenzia, in tal senso utile ascoltare la voce di chi opera sul campo Amministratori Giudiziari e Coadiutori. La Cassazione civile ha più volte ribadito la necessità di compensi adeguati ma proporzionati all’utilità sociale dell’intervento (Cass. civ., Sez. II, ord. n. 29034/2022). “Si auspica che la riforma vada nella direzione di una remunerazione equa, ma parametrata, tenendo conto della durata degli incarichi, dell’ attività svolta, della responsabilità e dei rischi professionali come chiesto dai professionisti del settore” (rif articolo del 11 aprile 2025 UILP UNIONE ITALIANA LIBERE PROFESSIONI).

Una riforma strutturale: l’attuazione concreta come vera cartina di tornasole

Il D.L. 48/2025 si configura come un esempio di legislazione “multilivello”, capace di integrare strumenti repressivi, misure di welfare penale e innovazioni di ingegneria amministrativa. È un testo che dialoga contemporaneamente con il diritto penale, amministrativo ed economico, nel tentativo di sistematizzare un approccio più efficace alla criminalità organizzata e di garantire, al contempo, una gestione più equa degli effetti sociali delle misure di prevenzione.

Per gli operatori economici, le amministrazioni pubbliche e i professionisti del settore giuridico ed economico, la riforma rappresenta:

  • un quadro normativo articolato, ma anche  leggibile e tracciabile nei suoi effetti;

  • un invito esplicito a una gestione proattiva della legalità economica, intesa come leva di sviluppo e non solo come presidio difensivo;

  • una scommessa istituzionale sulla capacità rigenerativa dello Stato, chiamato non solo a sottrarre i beni alla criminalità, ma a restituirli trasformati alla collettività.

Tuttavia, la portata sistemica del provvedimento rischia di restare incompiuta se non sarà accompagnata da un’attuazione concreta, coerente e competente.

La vera sfida, ancora una volta, si gioca nel passaggio dalla norma alla prassi: l’efficacia sostanziale della riforma dipenderà dalla capacità delle istituzioni centrali e territoriali, dei magistrati, degli amministratori giudiziari, dei coadiutori e dei professionisti pubblici di interiorizzare e rendere operativo il nuovo impianto normativo.

Al momento, il testo legislativo comunica nuovi adempimenti e carichi di lavoro per amministratori giudiziari e coadiutori: l’auspicio è che la politica ne tenga debitamente conto nella futura adozione del regolamento interministeriale (Interno, Economia, Giustizia) per la liquidazione dei compensi dei coadiutori dell’Agenzia.

In tal senso, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha già tracciato un solco importante: con la sentenza Sez. I, n. 18328/2018, ha affermato che «la confisca è strumento realmente efficace solo se inserito in un circuito amministrativo e sociale capace di gestire, rigenerare e restituire i beni alla collettività». Un monito quanto mai attuale: senza una governance condivisa e competente, il rischio è quello di moltiplicare vincoli e adempimenti senza generare reali benefici in termini di sicurezza, trasparenza e sviluppo sostenibile.

In conclusione, il D.L. 48/2025 delinea una struttura normativa potenzialmente trasformativa; ma perché si traduca in una reale politica pubblica di legalità economica, è necessario che ogni attore coinvolto – pubblico o privato – eserciti con responsabilità, tempestività e visione il proprio ruolo.

 Qui il link per scaricare il testo del D.L. 48/2025 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2025/04/11/85/sg/pdf

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