Perché le PMI italiane non comunicano la sostenibilità
Solo il 6 per cento delle aziende pubblica un bilancio ESG. Le cause? Paura, costi, mancanza di competenze e visione strategica limitata
In Italia, la rendicontazione volontaria delle performance ESG (Environmental, Social and Governance) è ancora poco diffusa, soprattutto tra le piccole e medie imprese. Secondo un’analisi di ConsumerLab del 2025, solo il 6% delle aziende italiane con 50-499 dipendenti pubblica un bilancio di sostenibilità. Un dato che segnala chiaramente una forte resistenza a comunicare in modo strutturato e trasparente l’impegno verso la sostenibilità.
Ma da cosa nasce questa reticenza? Quali ostacoli impediscono a molte imprese italiane di raccontare e valorizzare ciò che stanno già facendo o potrebbero fare in ambito ESG?
Le barriere più comuni
Lavorando a stretto contatto con aziende e organizzazioni non profit nella transizione verso modelli più sostenibili, come la trasformazione in Società Benefit o l’adozione di strategie ESG , ho riscontrato cinque principali ostacoli ricorrenti:
1. Mancanza di competenze interne
La rendicontazione ESG non è solo una questione di buona volontà: richiede competenze tecniche, conoscenza degli standard internazionali e capacità di gestione dei dati. Non sorprende che, secondo il C-Suite Barometer 2024, il 29% delle imprese italiane indichi la carenza di competenze interne come il principale ostacolo all’adozione di pratiche ESG efficaci.
2. Paura di esporsi (e di essere accusati di greenwashing)
Molte aziende esitano a comunicare i propri progressi perché temono critiche. Il rischio percepito è quello di essere accusati di greenwashing, specialmente se i risultati non sono ancora consolidati. Tuttavia, evitare del tutto la comunicazione può essere controproducente: la trasparenza, anche sulle difficoltà, è oggi una delle chiavi per costruire fiducia e credibilità.
3. Percezione di costi elevati
Redigere un report ESG viene spesso vissuto come un costo, senza un ritorno immediato. Ma i numeri raccontano una realtà diversa: il 72% delle aziende italiane ha già previsto una voce di budget per la rendicontazione ESG. I costi, dunque, sono sempre più considerati parte integrante della strategia aziendale e non più un extra. Il costo negli ESG dovrebbero essere vissuti come un investimento.
4. Visione strategica limitata
In molte realtà, la sostenibilità è ancora percepita come un’iniziativa marginale, un esercizio formale da inserire nella comunicazione aziendale, ma non integrata nella strategia di business. Questo approccio riduce drasticamente il potenziale trasformativo della sostenibilità.
5. Scarsa consapevolezza del valore competitivo
Un bilancio di sostenibilità ben fatto non serve solo a “fare bella figura”: è uno strumento per attrarre investitori, fidelizzare clienti, coinvolgere i collaboratori e distinguersi nel mercato. Eppure, molte aziende non colgono ancora appieno questo potenziale.
Dalla compliance alla strategia: un cambio di mentalità
Oggi più che mai, la rendicontazione ESG non può essere vista come un semplice obbligo normativo. È una leva strategica. Le imprese che iniziano prima questo percorso si trovano in vantaggio non solo in termini di reputazione, ma anche di accesso a capitali, talenti e opportunità commerciali.
Il vero salto di qualità passa da un cambio di mentalità: la sostenibilità va integrata nel modello di business, non aggiunta come etichetta finale. Per farlo servono investimenti in formazione, il supporto di consulenti esperti e una chiara volontà di costruire una visione di lungo periodo.
Comunicare la sostenibilità in modo trasparente, concreto e coerente non è solo una buona pratica: è una scelta competitiva. Chi inizia ora, con metodo e consapevolezza, potrà trarne benefici duraturi in termini di continuità, credibilità e profittabilità.