Abusiva concessione di credito
La banca è responsabile per abusiva concessione di credito, ma non ha l’onere di revisionare la contabilità dell’impresa
Il tema della concessione di finanziamenti bancari ad imprese in difficoltà economiche è da sempre al centro del dibattito giurisprudenziale.
Le banche, difatti, sovente vengono accusate di abusiva concessone di credito e chiamate a rispondere dei danni causati per aver mantenuto in vita imprese già decotte.
L’argomento, già affrontato in termini generali su questo portale (vedasi articolo del 30.12.2024), assume particolare rilevanza soprattutto in sede fallimentare, allorquando la Curatela, dovendo fare cassa, non di rado propone azioni risarcitorie nei confronti degli istituti di credito che hanno concesso finanziamenti all’impresa in assenza del necessario merito creditizio.
Effettivamente, talvolta l’accesso al credito bancario da parte di imprese che vertono in una crisi oramai latente e irreversibile ha solo l’effetto di procrastinarne lo stato di sopravvivenza, con conseguente inutile aumento del passivo fallimentare.
La questione è stata affrontata di recente dalla sezione specializzata in materia d’impresa del Tribunale di Napoli con sentenza n.3015 del 25.03.2025.
Con tale pronuncia, il Tribunale partenopeo ha ribadito che la banca è responsabile per abusiva concessione del credito qualora l’impresa finanziata non abbia possibilità di risanamento. Tuttavia, il Tribunale ha affermato che nessuna responsabilità può essere ascritta all’istituto di credito che ha valutato i dati di bilancio ignorando gli artifici contabili posti in essere dagli amministratori per rappresentare una situazione contabile differente da quella reale. Secondo il Tribunale, è la stessa ricostruzione della curatela che, nel sostenere l’alterazione dei dati di bilancio mediante complessi artifici contabili, di fatto sgrava la banca di responsabilità, non essendo essa tenuta all’esame della documentazione contabile interna dell’azienda da finanziare.
La conclusione cui giunge il Tribunale di Napoli sembra del tutto ragionevole, non potendo attribuirsi all’istituto di credito un onere di controllo della contabilità dell’impresa, neppure per quelle imprese che non hanno, per legge, un organo a tanto deputato.
Sarebbe difatti irragionevole pretendere che la banca, prima di concedere un finanziamento, debba revisionare la contabilità dell’impresa, anche perché tale attività richiederebbe tempi molto lunghi e, soprattutto, la conoscenza delle specifiche caratteristiche operative di ciascun settore.
Resta però da chiedersi se dinanzi a dati aziendali chiaramente irrealistici la banca, in quanto operatore professionale, sia comunque chiamata a doverosi approfondimenti e addirittura a negare il finanziamento richiesto.