Nessun tetto ai compensi

Nessun tetto ai compensi

La sentenza del TAR Lazio n. 6305/2025: un punto fermo sui limiti ai compensi degli amministratori giudiziari

Con la sentenza n. 6305 depositata il 28 marzo 2025, il TAR Lazio – Roma (Sezione Prima) ha accolto il ricorso promosso dal SI.N.A.G.ECO – Sindacato Nazionale degli Amministratori Giudiziari e dei Coadiutori, annullando in parte la Circolare n. 3/2022 DAC dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC).

Il cuore della controversia riguardava la legittimità del tetto retributivo di 240.000 euro annui lordi, introdotto per i professionisti (Commercialisti e Avvocati) nominati legali rappresentanti delle aziende confiscate, con applicazione anche retroattiva. Tale limite, imposto con un atto interno dell’Agenzia, avrebbe inciso in modo sostanziale sul trattamento economico di professionisti incaricati in un settore complesso, sensibile e ad alta responsabilità.

La posizione del TAR: i limiti non possono derivare da una circolare

Il TAR ha chiarito che la Circolare impugnata non si limita a un’attività ricognitiva, ma introduce una disciplina nuova e innovativa, destinata ad avere effetti diretti e vincolanti sull’assetto dei rapporti professionali, e per questo impugnabile in sede giurisdizionale.

Entrando nel merito, i giudici amministrativi hanno rilevato che:

  • la previsione di un tetto ai compensi non trova fondamento nella legge (in particolare nel d.lgs. n. 159/2011, c.d. Codice Antimafia);
  • non può essere surrogata da un atto amministrativo di natura interna come una circolare dirigenziale;
  • l’Agenzia non ha competenza regolamentare per introdurre limiti retributivi, tanto più in assenza di una specifica norma primaria che lo consenta.

Il principio di legalità e il ruolo della fonte normativa

Secondo il TAR, anche laddove finalità generali di contenimento della spesa pubblica possano giustificare misure restrittive, la loro introduzione deve avvenire tramite fonti appropriate, nel rispetto delle gerarchie e delle riserve di legge previste dalla Costituzione.

A tal riguardo, il Collegio richiama anche la più recente giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 4/2024), ribadendo il principio di irretroattività degli atti amministrativi innovativi, che non possono incidere su situazioni giuridiche consolidate, quale quella degli incarichi già in corso.

Effetti della sentenza e profili applicativi

La sentenza – pur riconoscendo la legittimità del principio di rotazione degli incarichi – esclude categoricamente la possibilità che l’ANBSC imponga limiti economici attraverso atti interni privi di forza normativa. Inoltre, stabilisce che i professionisti che ricoprono il ruolo di legale rappresentante non possono essere equiparati, sotto il profilo retributivo, ai dipendenti pubblici, trattandosi di incarichi fiduciari, ad alto contenuto tecnico e di natura libero-professionale.

Il TAR ha quindi accolto il ricorso, dichiarando illegittima l’introduzione del tetto retributivo e la sua applicazione retroattiva, con effetto sull’intero impianto della circolare.

Una pronuncia che tutela la funzione e la professionalità

Il pronunciamento del TAR rappresenta una tutela importante per l’autonomia e la dignità della professione, riaffermando il principio di legalità e la centralità della fonte legislativa nel regolare rapporti così delicati. Un segnale importante anche per il mondo economico e giudiziario, in un settore – quello dei beni confiscati – strategico per il contrasto alle mafie e per la promozione della legalità.

Il testo integrale della sentenza è disponibile sul sito 

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