Il caso Roberta Barabino A. di S. Infedele
Sottratti circa 2.000.000 di Euro. Giustizia ancora lontana per le vittime. Le lacune del sistema
Oggi intervistiamo il signor Piero Atzori, fratello di una delle vittime di Roberta Barabino, l’A. di S. Infedele, che ha di recente inviato una lettera al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ci può riassumere la vicenda di sua sorella?
Si. Sono il fratello della prima vittima accertata del caso Roberta Barabino ed ho inviato una lunga lettera aperta al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella quale racconto il dramma di mia sorella, che nel 2021, affetta da una grave malattia, è stata affidata alla tutela dell’ex amministratrice di sostegno Roberta Barabino, accusata di aver sottratto e utilizzato, talvolta con la complicità del marito, i soldi dei suoi assistiti per fini personali e spese di lusso e che ora ha già ricevuto una prima condanna in primo grado, con rito abbreviato, alla pena di sette anni e otto mesi di reclusione per vari reati che vanno dal peculato, alla falsità in atti.
Parliamo della sottrazione complessiva di due milioni di euro …
Roberta Barabino è riuscita a sottrarre a mia sorella ben 294.000 euro, ma nell’arco di circa sei anni, come riportano le cronache, è riuscita a trafugare dai conti dei suoi assistiti circa due milioni di euro.
Ora, i soldi non si trovano e, nonostante tutto vive in libertà, per revoca degli arresti domiciliari conseguenti alla nuova gravidanza e nascita del/la figlio/a.
Le indagini della Polizia Giudiziaria hanno finora portato alla luce migliaia di peculati commessi dal 2017 a danno di oltre cinquanta persone.
I processi, definiti con rito abbreviato e iniziati a metà del 2024, si succedono nel tempo.
Si presentava come Dottoressa, Avvocato, Magistrato … Era Tutto falso?
La “signora”, in barba a tutti, sosteneva falsamente di essere, non solo laureata in Giurisprudenza, ma persino, con taluni, avvocato o magistrato, mentre svuotava, in maniera seriale, i conti correnti degli amministrati ed usava i loro conti bancari per pagare le spese di altri amministrati a cui già aveva prosciugato il conto corrente.
Per non parlare delle spese per l’acquisto di beni di lusso, abiti, spese per prestazioni sanitarie, spesa quotidiana, regali e cene organizzate in ristoranti, senza limiti di budget, per sé stessa e per amici e parenti, festicciole varie e quant’altro, pagate sempre con i conti correnti degli amministrati.
Da quanto si legge sui giornali, si appropriava persino dei redditi di cittadinanza/inclusione.
L’A. di S. Barabino ha presumibilmente commesso diverse altre migliaia di reati…
In questi casi, trattandosi di reato continuato, la norma prevede una pena base per il reato più grave, aumentata proporzionalmente per gli altri reati, per questo la pena aggiuntiva, nelle nuove sentenze, sarà solo simbolica.
Di contro non è certo simbolico il danno creato alle vittime.
Come agiva?
Roberta Barabino falsificava i rendiconti e manipolava la documentazione a giustificazione delle sue spese e dei suoi prelievi.
Nella mia lettera al Presidente Mattarella (mi ha risposto il suo Ufficio esprimendomi solidarietà, ma dichiarandosi incompetente a favore del Governo e del Parlamento) ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni ho, da un lato denunciato le incongruenze del caso specifico e, dall’altro le incongruenze del sistema.
Come fratello di una delle vittime non ho titolo per farmi rappresentare da un avvocato nel giudizio penale, pertanto al processo c’era solo l’avvocato di parte civile nominato dal nuovo A. di S. e che non ha ricevuto mandato per iniziare un’azione contro lo Stato che, in questo caso è civilmente responsabile per il fatto dell’Amministratore di sostegno.
Quello di sua sorella è stato definito il “caso madre”…
Si. E’ il caso dal quale è iniziato tutto e, solo la mia perseveranza ha consentito di portare alla luce quello che ormai appare come un iceberg, rimasto per troppo tempo coperto dalle acque.
Una enormità di fatti di reato è caduta tra capo e collo alla Procura della Repubblica di una tranquilla cittadina di provincia quale è Nuoro.
Mi chiedo: qualcuno, prima di nominare questa “signora” quale amministratrice di sostegno ne ha verificato le credenziali? E durante il mandato, perché ha potuto agire indisturbata per ben sei anni?
E’ vero che talvolta dissimulava le sue operazioni con atti falsificati, anche in maniera rudimentale, e carpiva la fiducia che Giudici e Banche riponevano in lei, ma resta il dubbio: qualcuno ha mai controllato cosa facesse? Perché ha potuto prelevare dai conti correnti dei suoi amministrati somme ben superiori ai limiti di spesa imposti dallo stesso Giudice tutelare?
Lascia sgomenti la notizia riportata ieri dai giornali sardi, nei quali si legge che la figlia di una amministrata di sostegno (oggi deceduta), molto prima che scoppiasse lo scandalo, aveva avviato una causa davanti al Tribunale di Nuoro per chiedere che la Barabino venisse revocata quale Amministratrice di sostegno, ma il Tribunale di Nuoro le dava torto, così come la Corte di Appello di Sassari, nonostante in quella sede fossero stati prodotti dall’Avv. Francesco Carboni che la rappresentava, persino i giornali che parlavano dell’indagine.
Ritiene che il sistema, così come è strutturato, sia efficiente?
Anche questa vicenda, lascia emergere in tutta la sua tragica evidenza, la totale inadeguatezza del sistema normativo esistente: nell’amministrazione di sostegno, una persona fragile, per essere difesa dal mondo esterno, viene affidata ad una persona che dovrebbe tutelarla, esercitando sulla sua persona e sui suoi beni un potere enorme; ma chi tutela le persone più deboli dagli amministratori di sostegno infedeli?
I parenti vengono totalmente estromessi, non hanno alcun diritto ed ancor meno possono verificare la correttezza dell’amministrazione, il diritto di riservatezza prevale sullo stesso interesse degli amministrati ad essere protetti, mentre chi dovrebbe controllare, è oberato di lavoro e, riponendo fiducia nella persona che ha nominato, ratifica tutto senza effettuare alcun controllo.
Il sistema normativo, in buona sostanza, ha protetto e tutelato Roberta Barabino. Non i suoi amministrati?
E’ così. Se la legge è ingiusta, deve essere cambiata e con essa la mentalità che rende “intoccabili” solo alcune persone, troppo spesso difese a spada tratta senza alcuna ragione, a discapito delle loro vittime.
Nella vicenda di mia sorella, ribadisco, gli avvocati incaricati dagli amministratori di sostegno, a loro volta nominati dagli stessi giudici tutelari che hanno nominato Roberta Barabino ed in sua sostituzione, non hanno ricevuto mandato per agire contro lo Stato e recuperare le somme sottratte. Quindi, le sue vittime, non potranno mai ottenere un risarcimento.
Solo gli eredi dei derubati ormai defunti, potranno agire per il recupero delle somme di cui Roberta Barabino si è impossessata, ma nei confronti dello Stato, perché la rea non possiede più nulla su cui sia possibile soddisfarsi, i soldi di cui si è appropriata non sono stati trovati e il Giudice Penale, in base alla legge, ha disposto la confisca dei suoi beni, che solo in minima parte coprono il valore del bottino incamerato, lasciando le sue vittime senza speranza di recuperare i soldi persi.