Quali saranno i modelli sociali del futuro?
Quale evoluzione sociale che ci aspetta.
I dati recentemente pubblicati parrebbero confortanti, indicano un aumento degli occupati e la riduzione dei NEET (Not in Education, Employment or Training) che farebbero ben sperare per il futuro, anche se la crisi del settore automotive, ancora tutta da declinare, non poco potrebbe incider sulle previsioni future dell’occupazione italiana.
Allora perché i cittadini del Bel Paese non sono ottimisti?
Infatti, un documento di AreaStudi Legacoop-Ipsos afferma che: “nel 2025 due italiani su tre non si aspettano miglioramenti della situazione complessiva del Paese, sei su dieci temono un aumento del costo della vita, con un pessimismo più accentuato nel ceto popolare”.
A livello percettivo la gran parte degli italiani è convinta che in futuro l’Italia perderà peso economico e politico nello scenario internazionale (57,5%) e l’Unione Europea non si rafforzerà (55,3%), anche se non c’è da temere il rischio che le democrazie liberali entrino in crisi (14,8%). Per molti svolgeremo la maggior parte delle attività quotidiane tramite internet (67,4%) e i media cartacei (giornali, riviste, libri) sono abbastanza certamente destinati all’estinzione (49,6%), e l’informazione sarà meno libera (42,4%), un panorama generale non certamente ottimista.
Inoltre, vengono alla luce anche altre previsioni socioeconomiche abbastanza preoccupanti in quanto per il 2030 si prevede che il Sud si spopolerà a favore del Centro-Nord, i giovani saranno un milione in meno mentre gli anziani diventeranno un quarto abbondante della popolazione italiana; a questo punto se i posti di lavoro non aumenteranno al ritmo di 480.000 l’anno il nostro tenore di vita si ridurrà notevolmente …
Nel frattempo gli ecologisti del Gruppo C40 Cities, di cui il sindaco di Milano rappresenta un esempio rappresentativo, promuovono la lotta all’uso dell’auto e contestualmente spendono milioni di euro per rendere la città più bella e accogliente (togliendo parcheggi e aree di sosta), ma, al contempo, taglia gli orari e riducendo le corse dei mezzi pubblici (ultime corse MM a mezzanotte o al massimo 0.30) che secondo i più accreditati computi, sono state circa 500.000 corse/anno in meno dal 2023 ad oggi!
Intanto, a Parigi Madam Hidalgo, l’attuale sindaco, dopo aver già colpito i SUV, ai quali ha triplicato il costo orario dei parcheggi, ha decido di togliere 60.000 posti auto in favore della creazione di circa 300 ettari di micro aree alberate.
Nel 2025 anche New York si doterà della sua buona area C per limitare gli accessi delle auto (solo) a Manhattan, però la Grande Mela possiede 26 linee di metropolitana, 1055 km di linee che funzionano 24 ore al giorno, non come a Roma e Milano.
A questo punto il panorama socio-economico pare essersi orientato a definire uno scenario di insicurezza e disparità sociale in cui le grandi città paiono essere destinate ad essere trasformate in una sorta di città giardino.
Questa elitaria concezione vuole promuovere un tentativo di creare degli Eden in cui però il censo e non i valori sociali diviene il fattore discriminante assoluto in quanto i costi al metro quadro degli appartamenti, abbinato alla necessità di avere le nuove e costose auto elettriche (sorvoliamo sulla soluzione di equiparare le plug in a quelle full electric facendo i test dei consumi sui primi 100 km quando la trazione elettrica “diluisce” i consumi) e posti auto privati paiono essere delle tappe obbligate.
Dall’altra parte si sta affermando un mondo “di provincia” o comunque non coinvolto da questi meccanismi in cui circolano auto e mezzi euro 2 o 3 senza alcun problema, con centri di aggregazione, socialmente validi, come le piazze o i bar, contesti di socializzazione assolutamente destituiti di valore nelle grandi città.
I due modelli paiono non solo contrastanti ma anche involutivi con la grande incognita delle periferie che, per le grandi città italiane, si stanno tragicamente avvicinando al modello parigino delle banlieues: aree di degrado sociale, insicure e fuori controllo.
Si spera che tali meccanismi trovino dei rimedi o dei correttivi in grado di recuperare il sociale in nome e nel rispetto della grandissima cultura della solidarietà e inclusività che contraddistingue il nostro Paese.