Far bene i conti

Far bene i conti

Un panorama estremamente preoccupante per un intero settore, quello dell’automotive,

oggi vede una tappa che potrebbe far tornare, se non un sorriso, almeno una speranza a tanti dipendenti del gruppo Stellantis e, specialmente, dell’indotto, settore che è in crisi non solo per la cassa integrazione e la riduzione di produzione del colosso (ex) italiano ma anche perché le industrie del comparto sono anche tra i maggiori produttori di componentistica dell’industria automobilistica tedesca, alle prese con i 30.000 esuberi di Volkswagen e la crisi delle altre blasonatissime marche, Mercedes in testa.

Nei giorni scorsi, infatti, nell’incontro al MIMIT dovrebbero essere annunciati i nuovi modelli ibridi per Cassino e Melfi, oltre alla 500 già prevista a Mirafiori, e la piattaforma Small per produrre modelli mass market in Italia per la quale Pomigliano d’Arco è tra le candidate a livello europeo.

Un ritorno al futuro passato: le utilitarie che hanno motorizzato l’Italia negli anni ’60 in chiave green.

Stanno infatti raccogliendo favori del pubblico le auto che hanno un costo abbordabile e ibride, con l’eccezione della Topolino full electric che sta assumendo un suo ruolo come city car a basso costo (circa 10.000 euro).

La spinta verso il full elettrico mi ha sempre lasciato molto perplesso per i costi che tale soluzione avrebbe prospettato, assieme alla assoluta dipendenza dalla Cina per la componentistica.

Tale affermazione viene sancita, nel concreto, dal fallimento della Northvolt la gigafactory svedese finanziata con ben 15 miliardi di dollari che, da risposta allo strapotere cinese nella produzione di batterie, si è trasformato in un incubo e nel più grande fallimento industriale dell’epoca green.

La parte che più mi lascia sbigottito è l’apparente superficialità con cui tale iniziativa è stata varata e condotta.

Possibile che nessuno abbia “fatto i conti” con delle proiezioni reali sulle reali possibilità che l’iniziativa avesse successo?

Forse gli autori di questo disastro sono gli stessi che non avendo previsto il costo abnorme delle auto elettriche nostrane (altre alla citata dipendenza delle componentistiche) ci hanno messo in bocca a BYD, Polaris e agli altri produttori del drago asiatico.

La colpa non è dei cinesi, abili ad approfittarsi delle nostre scelte, ma nostra che le abbiamo fatte.

Ben venga il nostro Premier che ha ribadito recentemente che la scelta green non può e non deve “desertificare” il settore automobilistico europeo, forse anche perché incide molto meno dell’1 % delle emissioni totali e gli attuali progetti non paiono essere in grado di rispettare minimamente gli obbiettivi 2030/2035.

Forse non tutti ricordano che i motori endotermici possono essere fatti funzionare anche con l’idrogeno senza dover ricorrere alle architetture a fuel cells.

Le fuel cells o celle a combustibile, infatti, utilizzano l’idrogeno trasformandolo in corrente.

Evviva, soluzione green, estremamente green; così si ritorna nuovamente a comprare dai cinesi sia le fuel cells che i motori elettrici e le batterie di accumulo.

Forse, nessuno ricorda i risultati che già nell’ortodossia del ciclo diesel si erano ottenuti.

Basta pensare al “fenomeno” della Audi A2, (anno 1999).

La A2 1.2 TDI riusciva in effetti a percorrere 33 km con un litro nel misto urbano/extraurbano, arrivando addirittura ad appena 2,7 l/100 km (ovvero 37 km/l) nell’extraurbano” e tutto con tecnologia europea

Quale ibrida riesce a fare tanto?

E non dimentichiamoci che in quasi 25 anni di passi in avanti se ne sono fatti, e tanti!

Forse occorre far rifare i conti a qualcuno su macchine con motore endotermico in grado di dare i citati risultati, magari con un biocarburante, come l’etanolo di seconda generazione, quello ottenuto da legno e altri scarti organici.

In tale settore l’ENI pare essere all’avanguardia in grado di dare risultati molto interessanti.

Per cortesia pensiamoci e rifate i conti … e fateli bene!

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