Criptovalute e incremento dell’aliquota
Criptovalute e l’incremento dell’aliquota sulle plusvalenze, le novità dalla Legge di Bilancio 2025
L’esecutivo italiano sta rivedendo alcune delle misure fiscali contenute nella Legge di Bilancio 2025, con particolare attenzione all’imposta sulle plusvalenze derivanti dall’alienazione di criptovalute e cripto-attività. L’aliquota dell’imposta sostitutiva, che finora era fissata al 26%, potrebbe subire un significativo incremento, ma la proposta originale del 42% sembra destinata a subire un parziale ripensamento.
Riciclaggio di Criptovalute: Il Maxi Sequestro da Parte dei Carabinieri
Un’importante operazione dei Carabinieri, a giugno 2024, aveva portato al sequestro di criptovalute, tra cui Bitcoin, Ethereum, USDT e Matic, in un caso di riciclaggio legato al trading illegale di cripto-attività. L’indagine, svolta dalla Sezione Criptovalute dei Carabinieri, ha identificato un soggetto di nazionalità cinese accusato di esercizio abusivo di attività finanziaria e di impiego di criptovalute per riciclare proventi illeciti. L’indagato, che operava attraverso scambi in contante per criptovalute, ha movimentato oltre 8,8 milioni di euro in più di 3.000 transazioni, percependo commissioni elevate rispetto agli exchange autorizzati.
Sulla “sua home page di propaganda l’indagato si definiva Bancomobile Decentralizzato disponibile 24 ore su 24 e mostrava il proprio bigliettino da visita affermando che poteva comprare e rivendere qualsiasi tipologia di criptovalute poiché si riteneva un promotore decentralizzato”.
Il sequestro delle criptovalute è stato il più grande effettuato dai Carabinieri fino ad oggi e si inserisce in un’operazione più ampia contro il riciclaggio di denaro attraverso criptovalute, a dimostrazione della crescente attenzione delle autorità verso i crimini finanziari legati al settore. L’indagine ha incluso anche il sequestro di dispositivi elettronici e carte di credito, sottolineando la complessità del fenomeno e l’efficacia delle tecniche investigative utilizzate, come il tracciamento delle transazioni sulla blockchain.
Le forze dell’ordine, grazie all’uso di tecniche avanzate di tracciamento sulla blockchain e di Open Source Intelligence, hanno smantellato un sistema illecito che operava senza alcun controllo regolamentare. Oltre al sequestro delle criptovalute, sono stati confiscati dispositivi elettronici e carte di credito. Questo maxi sequestro segna un importante passo nella lotta contro i crimini finanziari legati alle criptovalute, evidenziando l’esigenza di una regolamentazione più rigorosa nel settore.
In sintesi, se da un lato il caso esaminato evidenzia le potenzialità di abuso nel mondo delle criptovalute, dall’altro impone una riflessione urgente su come le normative fiscali e finanziarie possano evolversi per garantire un ambiente di investimento più sicuro e regolamentato.
Il quadro normativo attuale e le proposte di cambiamento
Attualmente, la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla vendita di criptovalute segue il regime delle imposte sui redditi finanziari tradizionali, con un’aliquota del 26%. Tuttavia, il Disegno di Legge di Bilancio presentato per il 2025 aveva inizialmente previsto un aumento drastico dell’imposta sostitutiva al 42%, una misura che avrebbe avuto un impatto significativo sugli investitori in cripto-attività. L’intenzione era quella di generare maggiori entrate fiscali, ma la misura non è priva di controversie.
Di recente, però, è emersa l’ipotesi di un ripensamento da parte del governo. Alcuni esponenti dell’esecutivo, tra cui il deputato della Lega Giulio Centemero, hanno suggerito una riduzione dell’imposta proposta al 30%, ma con applicazione posticipata al 2026. Nel 2025, quindi, l’aliquota potrebbe rimanere invariata al 26%. Secondo Centemero, “questa modifica potrebbe essere legata a considerazioni geopolitiche, come il fatto che paesi come gli Stati Uniti, con aziende come Tesla fortemente coinvolte nel settore delle criptovalute, potrebbero guardare con attenzione alle politiche fiscali degli altri Stati”.
Le implicazioni per gli investitori
Un’aliquota del 42% sulle plusvalenze da cripto-attività avrebbe avuto un effetto disincentivante per molti investitori. Tuttavia, sarebbe stato possibile continuare a beneficiare di una tassazione più favorevole del 26% se le criptovalute fossero state acquistate tramite strumenti finanziari come gli ETF, i Future o i CFD, i quali avrebbero continuato a godere della stessa aliquota applicata ai tradizionali redditi finanziari. In questo modo, il governo avrebbe potuto favorire il ricorso agli intermediari tradizionali, per i quali la gestione delle operazioni derivanti dalle criptovalute implica un costo aggiuntivo, contrastando in parte l’autosufficienza dei possessori di cripto-attività che le conservano in wallet fisici.
La proposta iniziale di aumentare l’aliquota al 42% rischiava di spingere molti investitori a orientarsi verso questi strumenti derivati, con possibili benefici per gli intermediari ma anche per l’industria tradizionale dei servizi finanziari.
Il futuro della tassazione delle criptovalute
La Legge di Bilancio 2025 è ancora in fase di discussione e, sebbene l’aumento dell’aliquota possa essere rimandato al 2026, alcuni aspetti della normativa fiscale riguardante le criptovalute sono già certi. Ad esempio, le plusvalenze inferiori a 2.000 euro continueranno a rimanere esenti da tassazione, una misura che permette agli investitori più piccoli di evitare oneri fiscali.
In ogni caso, la modifica del trattamento fiscale potrebbe non limitarsi alle plusvalenze, ma estendersi anche agli strumenti utilizzati per l’investimento in criptovalute. Le novità in discussione riguardano anche la possibilità di differenziare la tassazione tra chi detiene criptovalute direttamente e chi invece si affida a strumenti finanziari derivati. L’eventualità di una tassazione separata per questi due tipi di investimenti potrebbe rendere ancora più complessa la gestione fiscale per gli operatori del settore.
Obbligo di dichiarazione dei redditi e obblighi fiscali
A prescindere dalle modifiche fiscali in arrivo, gli investitori in criptovalute devono fare attenzione agli obblighi di dichiarazione. Il possesso di cripto-attività, come Bitcoin ed Ethereum, deve essere dichiarato annualmente nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, così come avviene per gli investimenti esteri. Questo obbligo riguarda sia chi ha realizzato guadagni che chi ha mantenuto le proprie criptovalute senza ricavarne profitti.
In caso di plusvalenze, gli investitori devono utilizzare il quadro RT del modello Redditi per dichiarare i guadagni, una procedura simile a quella adottata per altre forme di reddito da capitale. La dichiarazione dei redditi risulta quindi essenziale per chiunque possieda criptovalute, indipendentemente dalla quantità o dalla modalità di conservazione.
Il futuro
Il futuro fiscale delle criptovalute in Italia resta in evoluzione, con il governo che sta rivedendo l’aumento della tassazione sulle plusvalenze da cripto-attività previsto per il 2025. Se le modifiche dovessero concretizzarsi, l’aliquota passerà al 33% a partire dal 2026, ma per il 2025 rimarrà invariata al 26%. Gli investitori dovranno monitorare attentamente questi sviluppi, soprattutto per quanto riguarda le implicazioni fiscali e l’obbligo di dichiarazione delle proprie cripto-attività. In ogni caso, è chiaro che l’ecosistema delle criptovalute continuerà a essere al centro del dibattito politico e fiscale, con una continua tensione tra la promozione di investimenti e la necessità di un gettito erariale stabile.