Operazioni infra-gruppo e reati fallimentari
I vantaggi compensativi nelle operazioni infra-gruppo assumono rilievo, anche penale, nei gruppi in crisi o insolventi
L’accertamento dell’esistenza di una situazione di dissesto – seguita dalla dichiarazione giudiziale di insolvenza – di società appartenenti a gruppi societari può far sorgere in capo ad amministratori e organi di controllo delle singole società (siano essere partecipate piuttosto che collegate) responsabilità penal-fallimentari, rispetto alle quali la dimostrazione dell’esistenza di effettivi ed apprezzabili vantaggi compensativi può fungere da esimente.
A tale affermazione si perviene attraverso l’analisi della fattispecie di cui all’art. 2634 Codice Civile che, al terzo comma, precisa che “In ogni caso non è ingiusto profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo”.
Per effetto del richiamo della norma contenuta nell’art. ex art. 329 comma secondo, lett. a) CCII all’art. 26341 del Codice Civile è chiaro che il tema dell’esimente dei vantaggi compensativi è dentro a pieno titolo nel diritto penal-fallimentare. Condizione sdoganata anche dalla più recente giurisprudenza di merito e di legittimità in materia di reati fallimentari che ha riconosciuto il valore dei vantaggi compensativi2.
Nella valutazione e analisi del bilanciamento degli interessi del gruppo e di quelli delle singole società gioca un ruolo molto importante l’analisi tecnica, di natura aziendalistica e finanziaria, sulle singole operazioni di finanziamento infra-gruppo, così da restituire ai giuristi, chiamati in ultima battuta a valutarne l’eventuale rilevanza penale, un quadro completo atto ad individuare l’esistenza o meno di vantaggi compensativi. Per fare ciò, qualunque tecnico3 che si trova a dover valutare una o più operazioni poste in essere nell’ambito di un gruppo, così come tra parti correlate, deve valutare – nella prospettiva ex ante – l’esistenza e il ruolo dei vantaggi compensativi nel funzionamento del gruppo societario, ponendosi nell’ottica strategica e organizzativa adottata dalla governance, soprattutto con un focus specifico rivolto alla salvaguardia degli equilibri complessivi del gruppo e individuali delle società che lo compongono, proprio con riferimento a possibili atti che, nella successiva situazione di crisi e di insolvenza, possono tramutarsi in illeciti puniti dalla norma penal-fallimentare.
Le citate considerazioni fanno emergere l’esigenza di analizzare (e bilanciare) l’interesse di gruppo e l’interesse individuale della singola società: due visioni di ottimizzazione che si concretizzano in condizioni di migliori performances economiche e finanziarie rispetto ad alternative rinvenibili al di fuori del perimetro di gruppo e, si badi bene, conseguibili unicamente in congiunta tra loro e non alternativamente.
In una normale situazione, l’equilibrio del gruppo e l’equilibrio delle singole consociate non sono quasi mai caratteristiche antagoniste, ma convergono come obiettivi prospettici di un progetto imprenditoriale comune e come risultato di una concreta e reale comunione.
Questa capacità di contemperare plurime finalità fonda sulla stessa natura economica del gruppo che opera in bonis, attraverso un modello di governo e di coordinamento efficiente e superiore a quello che si potrebbe ottenere dal mercato.
Situazione diversa quando il gruppo diventa inefficiente, volgendo ad una crisi e rilevando perdite e situazione di illiquidità.
In questa diversa prospettiva è evidente, sin da subito, che il riallineamento compensativo tra consociate e gruppo (o capogruppo) deve concludersi positivamente entro un lasso di tempo che non può rimanere indefinito e che sia, comunque, compatibile con la prevenzione di una situazione di insolvenza.
I vantaggi compensativi costituiscono, così, il nucleo centrale di tale sistema organizzativo e gestionale comune e possono riguardare le operazioni intercompany riferite a compravendite di beni e servizi, cessioni e conferimenti di immobilizzazioni e operazioni puramente finanziarie (finanziamenti, mutui, garanzie prestate, cash pooling).
Con ciò conferendo particolare rilevanza all’analisi dei prezzi interni di trasferimento (se più o meno adeguati rispetto a quelli di mercato) relativi a operazioni meramente finanziarie (ivi compresi i tassi di interesse), la congruità dei valori di cessione di beni e prestazioni di servizi e di conferimento di asset e le condizioni di pagamento/rimborso dei crediti commerciali e dei finanziamenti (con particolare attenzione alla concentrazione del rischio in caso di unicità del debitore ad esempio, come spesso avviene, quando si tratta della capogruppo).
Al fine di operare tale analisi si ritiene necessario verificare, come condizione di equilibrio e di sviluppo del gruppo, la composizione dei diversi interessi convergenti nella gestione aziendale comune, sia della capogruppo sia delle singole società appartenenti. In tale prospettiva, e solo in questo caso, l’assenza o l’impossibilità di dimostrare l’esistenza dei vantaggi compensativi infra-gruppo (ancorché in una prospettiva non sincronica) costituiscono una alterazione della condizione minima richiesta di equilibrio e, per tale ragione, appaiono significativamente gravi e pregiudizievoli per il mantenimento della continuità aziendale e per la tenuta economica, patrimoniale e finanziaria di tutto il gruppo. Queste condizioni, a loro volta, necessitano di una programmazione e di un monitoraggio che vede negli assetti organizzativi e nei modelli di controllo delle attività gestorie i cardini della tutela della garanzia patrimoniale e della continuità aziendale.
Un gruppo privo di sistemi di controllo interno, di modelli organizzativi ex D. Lgs. n.231/2001, di risorse amministrative, di sistemi informatici, di programmi e flussi per l’accertamento anticipato di una crisi e quindi in assenza di adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 codice civile difficilmente avrà attentamente e opportunamente valutato l’esistenza di vantaggi compensativi. Infatti, tali carenze organizzative e amministrative costituiscono significativi indizi di mancanza di vantaggi compensativi.
Tirando le fila e tornando all’analisi del rischio penal-fallimentare con riferimento alle operazioni infra-gruppo, l’appartenenza al medesimo gruppo e il conseguente collegamento tra società rappresentano solo un primo presupposto4 ai fini dell’individuazione del vantaggio conseguito in maniera concreta e specifica dalla società che effettua l’atto di disposizione patrimoniale. Presupposto che, in assenza di positive analisi dell’esistenza delle ulteriori suddette condizioni, da solo non costituisce l’esimente di cui al citato art. 2634 c.c.
A conferma di quanto si è appena affermato depone la recente riforma del diritto civile della crisi e dell’insolvenza delle imprese. Va ricordato, infatti, che il fenomeno dei gruppi di società è stato preso espressamente in considerazione dal nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, il quale dedica l’intero Titolo VI alle disposizioni relative ai gruppi di imprese.
Per quanto d’interesse, l’art. 290, comma primo, CCII, stabilisce che “Nei confronti delle imprese appartenenti al medesimo gruppo possono essere promosse dal curatore, sia nel caso di apertura di una procedura unitaria, sia nel caso di apertura di una pluralità di procedure, azioni dirette a conseguire la dichiarazione di inefficacia di atti e contratti posti in essere nei cinque anni antecedenti il deposito dell’istanza di liquidazione giudiziale, che abbiano avuto l’effetto di spostare risorse a favore di un’altra impresa del gruppo con pregiudizio dei creditori”, facendo salvo il disposto dell’art. 2497, comma primo del Codice Civile che prevede che “Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società.
La suddetta responsabilità viene esclusa allorquando il danno risulti mancante proprio “alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette”.
Pertanto, anche l’espresso richiamo da parte dell’art. 290 CCII alla citata norma determina l’obbligo e non la sola possibilità di tenere in considerazione gli eventuali vantaggi compensativi nell’ambito della valutazione del possibile nocumento portato da un’operazione infra-gruppo e, mutatis mutandis, della valutazione della possibile rilevanza ex art. 329 comma secondo, lett. a) CCII.
In conclusione, il principio ricavabile dall’interpretazione giurisprudenziale e dottrinale della fondata prevedibilità dei vantaggi compensativi – in termini di concretezza e di previsione di sostanziale certezza – presuppone il superamento di una gestione del gruppo meramente informale e priva di una reale strategia, in favore di una pianificazione sostanziale e non solo formale nonché l’utilizzo di metodi razionali, prudenti e manageriali di conduzione dell’impresa.
1 Situazione che già esisteva in vigenza della vecchia legge fallimentare stante il richiamo dell’art. 223 comma secondo nr. 1 l. fall. all’art. 2634 c.c.
2 Cfr. Corte d’Appello di Milano, sezione seconda penale, nr. 8157/2023.
3 Tra cui, certamente, il curatore fallimentare, il perito e il consulente tecnico del PM
4 Difatti la semplice appartenenza ad un gruppo costituisce soltanto la premessa per lo sviluppo eventuale di vantaggi compensativi infra-gruppo.