Tasso fisso o variabile
Conviene indebitarsi a tasso fisso o a tasso variabile, facciamo chiarezza.
I dati diramati dall’Abi relativi al mese di ottobre 2024 dimostrano che il tasso medio per le nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso dal 4,90% di settembre al 4,60%. Per l’acquisto di abitazioni il tasso è calato al 3,28%.
Si tratta di variazioni al ribasso dei tassi d’interesse conseguenti agli ultimi tagli del tasso BCE.
Dopo un periodo di forti e frequenti rialzi dei tassi d’interesse che avevano messo in crisi imprese e famiglie con mutui da onorare, l’economia ricomincia a respirare grazie al costo del denaro che cala.
Anche il settore immobiliare ne beneficia: la richiesta di mutui è aumentata del 50% rispetto a ottobre 2023, con richieste superiori alla media nel centro-sud Italia.
Questo rinnovato slancio verso gli acquisti immobiliari finanziati da mutui ipotecari, ma soprattutto l’inversione del trend dei tassi di mercato, rilancia un interrogativo atavico.
Conviene indebitarsi a tasso fisso o variabile?
Sebbene, difatti, l’aumento vertiginoso, ma soprattutto repentino, dei tassi d’interesse registratosi all’indomani dello scoppio del conflitto russo-ucraino avesse ingenerato una diffusa sfiducia verso il tasso variabile, apparso (soprattutto ai non addetti ai lavori) una variabile impazzita e fuori controllo, l’inversione del trend del tasso di riferimento sta adesso facendo venir meno la precedente sfiducia.
Sembra allora necessario fornire alcune indicazioni acciocché la scelta possa essere orientata con consapevolezza.
In primo luogo occorre chiarire che negli scorsi anni – e sino agli improvvisi rialzi del saggio BCE cui abbiamo assistito dal 2022 – i tassi di mercato hanno fatto registrare livelli bassissimi.
Il saggio Euribor, cui sono usualmente parametrati i tassi d’interesse variabile, ha assunto quotazioni finanche negative.
Si è trattata di una situazione certamente anomala, di cui hanno beneficiato i prenditori di fondi – dunque anche i mutuatari – che forse si erano troppo abituati a saggi d’interesse bassissimi, così nutrendo una ingiustificata aspettativa verso il perdurare di una situazione non fisiologica.
Deve anche dirsi che pure rialzi dei tassi così repentini e consecutivi come quelli dell’ultimo biennio rappresentano una situazione anomala, che certamente non poteva perdurare oltre.
In sintesi, era assolutamente prevedibile che ci sarebbe stata un’inversione di tendenza (chi scrive lo afferma sin dai primi rialzi del tasso d’interesse fatti registrare all’indomani dello scoppio del conflitto bellico), così come deve certamente escludersi il ritorno a tassi bassissimi, cui ci eravamo ingiustificatamente abituati.
Le manovre sui tassi d’interesse rappresentano la principale leva strategica per combattere fenomeni inflazionistici fuori controllo. In un’economia sana i tassi d’interesse, così come il tasso d’inflazione, si assestano su valori bassi.
Deve dunque attendersi, nei prossimi anni, un assestamento del tasso d’interesse su valori ancora inferiori a quelli attuali, ma certamente non più prossimi allo zero come negli scorsi anni.