L’importanza informativa del TAEG
Chi tutela il debitore al quale è stato comunicato un TAEG non corretto?
Con comunicato stampa del 30 ottobre scorso (di libera consultazione sul proprio sito web), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha preannunciato un’istruttoria nei confronti di un importante istituto di credito per omessa inclusione della polizza assicurativa (obbligatoria per poter godere delle condizioni agevolative pubblicizzate) nel calcolo del TAEG del contratto di mutuo proposto ai clienti.
Per comprendere di cosa si discute occorre preliminarmente chiarire che il costo di un prestito che il soggetto finanziario è chiamato a sostenere non è rappresentato dai soli interessi da corrispondere all’istituto mutuante.
Spesso, difatti, per l’ottenimento del finanziamento il cliente deve sostenere una serie di oneri aggiuntivi (spese di istruttoria, spese di perizia, oneri amministrativi, premi assicurativi) che, sommandosi agli interessi, determinano il lievitare del costo complessivo del finanziamento.
Spesso, poi, la concessione di un tasso d’interesse più basso è subordinata alla sottoscrizione di una polizza assicurativa, proprio come nel caso posto all’attenzione dell’Autorità Garante.
E’ evidente, dunque, che non è possibile valutare la convenienza economica di due finanziamenti alternativi semplicemente confrontando il tasso d’interesse. Potrebbe essere, difatti, che il finanziamento regolato con il tasso più basso preveda il sostenimento di costi aggiuntivi molto gravosi che finiscono per rendere il prestito complessivamente più oneroso di quello, alternativo, regolato ad un saggio più elevato.
Per tale ragione, gli istituti di credito sono obbligati a comunicare al soggetto finanziato non solo il tasso necessario per calcolare i puri interessi da rimborsare, ma anche il tasso annuo effettivo globale (TAEG), ovvero quell’indicatore che misura l’onerosità complessiva del finanziamento determinata tenendo conto anche di tutti gli ulteriori oneri posti a carico del debitore.
Ma cosa succede se il TAEG comunicato al mutuatario all’atto della sottoscrizione del contratto di finanziamento non risulti corretto perché non vi ricomprende alcuni oneri comunque addebitatigli?
La normativa di settore prevede rimedi giuridici codificati unicamente con riguardo ai finanziamenti rientranti nel “credito al consumo”. Per tali finanziamenti, difatti, in caso di non corretta rappresentazione del TAEG al cliente l’istituto di credito perde il diritto a vedersi corrispondere gli interessi e gli ulteriori oneri indicati in contratto, potendo pretendere unicamente interessi liquidati al tasso, ben inferiore, dei buoni ordinari del tesoro (art.125 bis TUB).
Pertanto, il consumatore può pretendere dall’istituto di credito la restituzione di quanto pagato in eccesso.
Di contro, nessun rimedio sanzionatorio è normativamente previsto nei casi, pur frequenti, in cui il finanziamento non rientri nel credito al consumo.
La questione assume rilevanza soprattutto con riguardo ai contratti di mutuo, per i quali non sempre il TAEG comunicato al mutuatario è corretto, finendo talvolta per esprimere un’onerosità inferiore a quella effettiva.
Tuttavia, non rientrando i contratti di mutuo nel credito al consumo (trattasi di esclusione normativamente prevista), il mutuatario, pur se eventualmente consumatore, non trova tutela, determinandosi una sperequazione difficile da spiegare sul piano giuridico.
In definitiva, è possibile che l’AGCM sanzionerà l’istituto di credito per errata rappresentazione del TAEG al cliente all’atto della pubblicizzazione del contratto di mutuo, ma nessuna tutela avranno i mutuatari che si sono fidati di informazioni rivelatesi non corrette.