Riflessioni sulla valutazione del marchio di società calcio
Il rischio di confondere il fair value con il valore d’uso nella stima del marchio riferito ad una società calcistica
La stima del fair value è finalizzata a esprimere in termini monetari, attraverso la valutazione di un asset, un valore convenzionale. Il processo valutativo deve avere come fondamentale requisito una bassa discrezionalità ed essere esercitato in forma ragionevole e competente.
Il fair value non è da confondere con il cosiddetto valore d’uso. Solitamente la distinzione è dovuta al fatto che il fair value esprime un prezzo ed è generalmente stimato attraverso criteri di valutazione relativi, mentre il valore d’uso esprime un valore stimato sulla base di criteri di valutazione assoluti.
Tuttavia può capitare che entrambi siano stimati attraverso criteri assoluti, quali il Discounted Cash Flow, e ciò che contraddistingue il valore d’uso dal fair value è dato da:
- il fair value è un valore stimato sulla base di flussi di risultato che un partecipante al mercato è in grado di estrarre dall’highest and best use del business o dell’attività;
- il valore d’uso è un valore stimato sulla base dei flussi di risultato che il business o l’attività sono in grado di generare nelle loro condizioni correnti in capo allo specifico soggetto che ne fa uso.
Lo IAS 40 chiarisce il concetto sostenendo che “Il fair value (valore equo) differisce dal valore d’uso, così come definito dallo IAS 36 Riduzione di valore delle attività. Il fair value (valore equo) riflette la conoscenza e le stime dei venditori e acquirenti consapevoli e disponibili. Al contrario, il valore d’uso riflette le stime dell’entità, inclusi gli effetti dei fattori che possono essere specifici dell’entità e non applicabili a qualunque entità[…]. Il cui disposto è generalmente riconosciuto come applicabile anche ai c.d. intangibili[1].
Lo stesso concetto è specificato dallo IFRS13 il quale fornisce una guida completa su come determinare il fair value di attività e passività finanziarie e non finanziarie. Con l’introduzione dell’IFRS 13 sono stati effettuati alcuni cambiamenti ad altri principi contabili internazionali, in termini di linee guida per la valutazione del fair value, specificando che il disposto del principio non si applica ai fini della stima del valore d’uso ai sensi dello IAS 36.
Il principio definisce il fair value come “il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività ovvero che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare operazione tra operatori di mercato alla data di valutazione”.
Gli aspetti rilevanti nella valutazione del fair value possono essere sintetizzati nell’identificazione dell’attività oggetto di stima, nell’identificazione del mercato e dei partecipanti, ovvero, la valutazione deve utilizzare le assunzioni che sarebbero utilizzate da un qualsiasi partecipante del mercato di riferimento per stimare il prezzo. Infine per la valutazione del fair value di una attività non finanziaria si assume che il partecipante al mercato si in grado di ricavare dalle attività l’highest and best use, ovvero i benefici che potrebbero essere ottenuti dai partecipanti al mercato sfruttando l’attività. In altre parole non occorre valutare l’utilizzo nella situazione statu quo ante o nunc bensì cercando di esprime le potenzialità dell’attività stessa ancorché per qualsivoglia ragione non siano ancora state espresse.
Secondo la teoria economico aziendale più diffusa[2], il marchio è il bene immateriale in grado di manifestare al mercato l’essenza stessa di un’impresa, di attrarre la scelta dei consumatori e di garantire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. È dunque il segno distintivo tipico dell’azienda, e come tale deve essere idoneo a consentire agli utilizzatori di distinguere i prodotti e i servizi di un’impresa.
Un bene immateriale, ai fini valutativi, per essere considerato tale, deve essere individuato sulla base dei seguenti requisiti:
- deve essere all’origine di costi a utilità differita nel tempo;
- deve essere trasferibile, cioè cedibile a terzi, sia pure a certe condizioni e talvolta congiuntamente ad altri beni materiali o immateriali;
- deve essere misurabile nel suo valore.
L’IFRS 13 Fair Value Measurament riconosce conformi agli IAS tutti i criteri valutativi applicati nella prassi riconducibile all’acronimo MIC (Market-Income-Cost) ovvero metodi basati:
- sui costi;
- sui flussi di risultato;
- sul mercato.
Apparentemente l’IFRS 13 sembrerebbe lasciare piena autonomia al perito valutatore nella scelta del criterio più consono al fine di valutare un asset, ciò in considerazione del fatto che non è tanto importante il metodo prescelto quanto il processo valutativo, il quale deve essere razionale e minimizzare le assumption e gli input non osservabili direttamente dal mercato.
La capacità dei diversi approcci valutativi di esprimere il fair value è funzione di come ciascun approccio valutativo giunga alla stima dei benefici futuri che un partecipante al mercato potrebbe attendersi dalla vita utile residua dell’attività oggetto di valutazione.
La maniera più oggettiva (dimostrabile e neutra) è quella che vede possibile esprimere il valore del marchio attraverso la valorizzazione della fan base e degli aspetti finanziari.
Più precisamente, per ottenere il valore del marchio si considerano specifiche variabili direttamente indicative della forza del marchio (numero di fan, interazioni, spettatori, visualizzazioni, bacino d’utenza..) sia variabili legate ai risultati (partecipazione ai campionati, risultati passati e recenti con pesi diversi, attuale categoria[…]), oltre ai ricavi annuali desumibili dai bilanci, in un paniere di n squadre (militanti in diversi campionati e leghe) per capire, in maniera la più oggettiva possibile, il peso che ogni variabile apporta al marchio. La ricerca delle variabili deve avvenire attraverso un’analisi fattoriale. L’analisi fattoriale può genericamente essere pensata come la ricerca di variabili latenti a partire da alcune variabili osservate. Una variabile osservata è una variabile che è stata effettivamente misurata, mentre una variabile latente è un tipo di variabile che non è stata misurata, che forse non è neppure misurabile e che perciò viene ipotizzata e “analizzata” attraverso i suoi effetti.
Le influenze che una variabile latente ha su altre variabili misurabili diventano un modo per risalire a questa variabile latente. Storicamente, nell’ambito dell’analisi fattoriale, le variabili latenti vengono chiamate “fattori”. Nei suoi primi modelli matematici, l’analisi fattoriale era una tecnica di analisi esplorativa appunto perché permetteva di “esplorare” le relazioni nascoste fra un gran numero di variabili. In tempi più recenti, la tecnica delle equazioni strutturali ha permesso di sviluppare una tecnica di analisi fattoriale di tipo confermativo, che cioè permette di verificare se effettivamente i fattori ipotizzati servono a spiegare le variabili misurate.
Pertanto, prima di intraprendere il processo valutativo del marchio di una società di calcio occorre procedere a una analisi del mercato di riferimento in cui la società opera e a evidenziare quelle società che possono essere giudicate comparabili per la determinazione del cosiddetto highest and best use già richiamato con riferimento all’IFRS 13.
Il mercato del calcio, soprattutto quello europeo, è in costante mutamento e, più precisamente, è un settore in forte crescita e sviluppo, sia in termini di fatturati che in numero di partecipanti e tifosi e, quindi, conseguentemente, in termini di users.
Per trovare conferma è possibile consultare la banca dati Bureau Van Dijk (ORBIS) e Bloomberg.
Ulteriore conferma la si torva nello studio Football Money League predisposto dalla società di revisione Deloitte.
Il mercato del calcio ruota intorno a tre pilastri, ovvero: la squadra; la lega o campionato in cui opera e il bacino di utenza che riesce a coinvolgere durante il campionato.
Queste tre componenti sono strettamente interconnesse l’una con l’altra influenzandosi positivamente o negativamente. Una squadra talentuosa che partecipa a un campionato ricco e con la presenza di altri team paragonabili in termini di sviluppo e popolarità, con campioni in grado di appassionare i tifosi, genererà introiti maggiori di una squadra altrettanto valida, ma posizionata in una lega minore, con avversari di minor livello, generando così un circolo virtuoso che aumenta il valore della squadra e ne aumenta i fatturati.
Ciò che si deve analizzare è il valore in termini economici del calcio professionale sia mondiale, che europeo e nazionale, evidenziando i dati principali che aumentano e diminuiscono il valore aggregato della squadra nel suo contesto, ovvero la lega in cui gioca.
Come detto in precedenza il team e il contestuale campionato in cui milita, sono il prodotto di un intreccio di fattori che ne danno il valore. Ogni squadra ragionevolmente punterà alla vittoria cercando di sottrarre consenso e punti alle squadre avversarie convogliando nuovi fans nel suo mercato, che si traducono in nuovi consumatori.
A loro volta i nuovi sostenitori, aumenteranno il fatturato che consentirà nuovi investimenti producendo una probabilità di vittorie maggiore, innescando un volano virtuoso, che aumenta il valore del club.
Secondo questa logica, diviene interesse comune di tutte le squadre e di tutti i tifosi l’accrescimento del valore del campionato.
Attualmente le migliori squadre di calcio si trovano in Europa[3]. Esse attraggono fans da tutte le parti del mondo.
È logico pensare che la fan base delle c.d. “top 20” squadre europee coinvolga un numero elevatissimo di persone, producendo introiti correlati alla fama; al talento e alle vittorie del Club e dei suoi giocatori.
Per la l’analisi propedeutica alla stima del valore del marchio è necessario, preliminarmente, contestualizzare il mercato in cui il settore calcio opera, andando a evidenziare gli introiti di ogni singola squadra e di ogni singolo campionato, dal più ricco al meno ricco, cercando di tenere come punto saldo nella valutazione il bacino di utenza di ciascun Club, che influenza in aumento o in diminuzione le presenze allo stadio; variabile in grado non solo di generare elevati introiti, per i possessori di stadi, ma anche di variare il risultato di una partita (giocare una partita in casa o fuori casa).
Gli spettatori non sono unicamente un veicolo monetario per portare introiti alla società, ma attraverso il web, danno anche un’immagine della propria squadra del cuore, realizzando delle vere e proprie campagne virali di marketing, scattando fotografie durante la partita e postandole sui social network.
Le squadre di calcio sono indiscutibilmente delle aziende con una fortissima componente di intrattenimento, con l’obbiettivo intrinseco di creare uno spettacolo, al fine di soddisfare i propri tifosi. Il soddisfacimento si raggiunge non solo con lo spettacolo in senso stretto, ma con l’arrivo a determinati risultati sportivi, come le prime posizioni nella serie A Italiana e l’accesso alla Champions League. Il risultato più grande di un Club è il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di Users.
Ogni squadra compete per eccellere nel proprio segmento, ma come abbiamo accennato prima è al contempo alleata delle altre squadre di calcio, al fine di perseguire fini comuni. Ciò sembra un paradosso, ma se gli avversari sono temibili dal punto di vista atletico/professionale, chi ne giova in modo indiretto sono gli altri Club, che avranno il privilegio di scontrarsi con Squadre con Top Player che attirano i media globali, convogliando attenzione anche sulle squadre rivali.
Un fattore per la determinazione del valore aziendale è costituito dagli introiti o dalla capacità di generare ricavi da parte della società; ciò è estendibile anche alla Lega di riferimento. Come è immaginabile una grande disponibilità di denaro si traduce sempre in migliori servizi per i fan, che non potranno far altro che aumentare di numero; in investimenti maggiori, come giocatori talentuosi, che attirano l’attenzione dei media e infrastrutture nuove, come la costruzione di stadi di proprietà o l’acquisizione di stadi già esistenti.
Non dimentichiamo che i sostenitori sono invece globali, quindi sarà facile avere sostenitori sparsi anche nel resto del mondo, affascinati dal calcio europeo e che pertanto diventano consumatori di servizi e merchandising delle squadre europee.
La crescita del mercato del calcio appare costante nonostante la crisi dei mercati che ha coinvolto tutti gli altri settori.
Pertanto, in presenza di un mercato in espansione, la cui crescita non dipende unicamente dalla disponibilità economica del Club, sono le single specifiche variabili ad assumere rilievo. Una variabile è anche l’attenzione generata dal bacino d’utenza della squadra stessa che si traduce con presenze allo stadio, nonché lo sfruttamento dell’apparato commerciale della società che cerca il modo migliore di assecondare i propri tifosi, offrendo servizi e vendendo merce legata alla propria squadra.
Parte significativa dei ricavi di una squadra sportiva derivano dal merchandising. Tali ricavi sono importanti anche perché sono correlati al feeling che la squadra genera negli spettatori.
Il tifoso mediamente sarà predisposto all’acquisto di merce proposta dalla sua squadra quando si sente appagato, sia dalle vittorie del club, sia dal trasporto emotivo generato dal sentimento che il team riesce a esprimere giocando.
Ne consegue, come già in precedenza accennato, che gli introiti di una squadra di calcio sono molteplici e differenziati. Per comprendere meglio questo intreccio, possiamo suddividere i ricavi principali in 3 macrocategorie (Matchday, Broadcasting e Commercials), tutte legate al fatto che la società di calcio è principalmente una produttrice di intrattenimento e di spettacolo. Detto questo, lo spettacolo è fruibile sia in “live” sulle gradinate di uno stadio, che da casa, attraverso il televisore; entrambi i modi garantiscono introiti alla squadra, in modo ovviamente proporzionale, in quanto gli spettatori televisivi essendo molti di più, garantiscono introiti da “broadcasting” molto più alti rispetto agli introiti da stadio, sempre considerando che non tutte le squadre Italiane hanno stadi di proprietà con la conseguenza che le “revenues” da “matchday” risultano più basse di quelle che dovrebbero essere in una condizione che nella maggior parte dei campionati europei è consolidata, ovvero la proprietà del campo di gioco.
L’ultima variabile, ovvero il commerciale, è influenzata oltre che dalle strategie di marketing anche dall’andamento della squadra. Migliore sarà la performance in campionato più il ramo commerciale ne gioverà. Al contrario una performance negativa rischia di influenzare negativamente i ricavi commerciali, scontando l’insoddisfazione dei tifosi e non ottenendone di nuovi.
I diritti televisivi “broadcasting” per quasi tutte le Leghe rappresentano l’introito maggiore per le società. I ricavi commercial risultano talvolta influenzati dagli sponsor strategici di investitori più facoltosi (si veda PSG & Manchester City).
Quindi, migliori sono le performance del Club maggiori sono le revenues derivanti dai diritti televisivi.
Ed allora, valutare il marchio di una squadra di calcio non consiste in un puro esercizio matematico finalizzato all’applicazione di formule, bensì in un processo di analisi profonda del settore da valutare e in un’accurata analisi delle specificità dell’asset oggetto di stima.
Ogniqualvolta risulti assente un’analisi approfondita relativa alla componente fan base che sta alla base della valorizzazione di qualsiasi marchio di qualsiasi squadra di calcio[4], la valutazione del marchio stesso risulterà fallace posto che ne costituisce un’assumption importantissima.
Nell’industria calcio esiste un circolo virtuoso tra tifosi, ricavi e risultati, nel senso che questi tre fattori sono positivamente correlati (l’aumento di uno favorisce la crescita degli altri due) e contribuiscono a costruire o distruggere il valore di un club.
Esistono molti studi per determinare quanto vale questa correlazione[5], ma la spiegazione generale è evidente: maggiori ricavi garantiscono più possibilità di assicurarsi i talenti migliori e con essi aumenta la probabilità di ottenere risultati vincenti; questi ultimi contribuiscono a fidelizzare i tifosi, e aumentando la fan base crescono le possibilità di monetizzarla, avendo più spettatori paganti, più visualizzazioni per media e sponsor e così via.
Le superiori brevi riflessioni sono fondamentali ai fini del corretto calcolo del brand di una squadra di calcio.
Per eseguire questo calcolo è necessario individuare un benchmark di riferimento con valori “certi” del brand da inserire nel sistema di valutazione. Tra i più completi spicca certamente Brandfinance[6]. Quest’ultimo, ogni anno, stima il valore del brand per i primi 50 club al mondo stilando una speciale classifica.
Brandfinance risulta essere il portale di riferimento della football industry per quanto riguarda i report relativi al valore del brand delle squadre di calcio più importanti e utilizza una metodologia in parte pubblica, ovvero ripercorribile, e validata per il settore[7]. Tale metodologia è, tuttavia, applicata solo su un ridotto numero di clubs (quelli con oltre 80-90 milioni di euro di fatturato annuale), che rappresentano gli unici valori presenti nel report.
In ultima analisi, dunque, i ricavi di una società calcistica derivano dalla sua fan base (e da quanto essa è coinvolta e fedele): senza seguito né visualizzazioni si perderebbero nel tempo gli introiti commerciali, matchday, broadcasting e tutti gli altri proventi perché il Mercato non avrebbe budget né interesse, come del resto accade oggi per tutti gli sport minori che non hanno seguito.
Il calcio è lo sport europeo più ricco proprio grazie alla sua popolarità.
Ha costruito in un secolo il proprio seguito e non vi sono ragionevoli indicazioni che inducono a prevedere una flessione rispetto ai livelli di crescita attuali.
[1] Mauro Bini, La valutazione degli Intangibili.
[2] Luigi Guatri, Mauro Bini, “Nuovo trattato sulle valutazione delle aziende”
[3] Deloitte: commercial breacks; football money league.
[4] Brandfinance 2022: The Brand Strength Index (BSI) is a balanced scorecard of brand metrics used by Brand Finance to benchmark the power of brands to drive success for the business. For football clubs, this scorecard includes market research among fans, rating clubs across a range of attributes, including strong heritage, the club is well run, and the owners care for the fans. https://brandirectory.com/rankings/football/
KPMG 2021 P.27 “popularity”: vedi link
The Barça “virtuous circle” (2003-->2009): vedi link
Secondo l’esperto francese Jean-Noël Kapferer un brand è un desiderio condiviso e un’idea esclusiva rappresentato in un prodotto, servizio, luogo, persona o esperienza. Più l’idea è condivisa da un ampio numero di persone maggiore è la forza detenuta dal brand.
J.N. KAPFERER, The new strategic brand management: creating and sustaining brand equity long, Kogan Page, 2008, p.13
[5] Economic value in football industry – P.17-18 e 91 seguenti.
[6] https://brandirectory.com/rankings/football/
[7] https://brandirectory.com/methodology