Israele e Palestina radici storiche e escalation conflitto

Israele e Palestina radici storiche e escalation conflitto

Un viaggio attraverso le cause storiche e gli eventi recenti che alimentano un conflitto senza fine

Il conflitto israelo-palestinese ha radici storiche profonde, che si sono sviluppate nel corso di più di un secolo. Le tensioni iniziarono alla fine del XIX secolo con l’emergere del movimento sionista, il cui obiettivo era stabilire una patria per il popolo ebraico in Palestina, allora sotto il controllo dell’Impero Ottomano.

Nel 1917, la Dichiarazione di Balfour del governo britannico supportò la creazione di una dimora nazionale per il popolo ebraico in Palestina, provocando un significativo aumento dell’immigrazione ebraica nella regione. Questa dichiarazione alimentò le tensioni tra la popolazione ebraica e quella araba, già presente in Palestina.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto, l’urgente necessità di una patria sicura per gli ebrei divenne ancora più pressante. Nel 1947, le Nazioni Unite proposero un piano di partizione per creare stati separati ebraico e arabo. Tuttavia, questo piano fu respinto dai leader arabi.

Il 14 maggio1948, lo Stato di Israele dichiarò la propria indipendenza, scatenando la prima guerra arabo-israeliana. Durante questo conflitto, centinaia di migliaia di palestinesi furono sfollate dalle loro case, evento noto come Nakba o catastrofe.

Da allora, il conflitto ha visto numerosi episodi di violenza e guerre, con tentativi di negoziazione e periodi di relativa pace, ma mai una soluzione definitiva. La questione dei rifugiati palestinesi, lo status di Gerusalemme, i confini e la sicurezza continuano a essere punti di contesa.

Il conflitto israelo-palestinese è un esempio complesso di come la storia, la politica e le identità nazionali interagiscono, influenzando la vita di milioni di persone.

Una soluzione duratura richiede comprensione reciproca e negoziazione paziente.

Il 7 ottobre 2023 è stato un giorno drammatico nella storia di Israele e Gaza. In quella giornata, Hamas ha lanciato un attacco coordinato su larga scala contro Israele, noto come operazione Alluvione Al Aqsa.

Questo sanguinoso ed efferato attacco ha visto un’infiltrazione senza precedenti di combattenti di Hamas attraverso la barriera di sicurezza che separa Gaza da Israele, con un massiccio uso di razzi, droni e incursioni di terra.

L’attacco ha avuto un bilancio umano devastante e ha portato a una crisi di sicurezza nella regione. Questo evento ha segnato l’inizio di una nuova fase di conflitto nella regione, con conseguenti scontri sanguinosi e una serie di operazioni militari.

Israele ha reagito con forza all’attacco del 7 ottobre 2023.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il paese era in guerra e ha ordinato una mobilitazione delle forze armate. L’aviazione israeliana ha lanciato una serie di attacchi aerei su Gaza, colpendo obiettivi militari di Hamas. La risposta israeliana è stata rapida, ma ha anche rivelato alcune lacune nella preparazione e nella risposta iniziale.

La situazione ha portato a una escalation del conflitto, con pesanti perdite da entrambe le parti e un aumento delle tensioni nella regione. La comunità internazionale ha reagito con preoccupazione, chiedendo una de-escalation e il ritorno ai negoziati.

Mandati di arresto internazionali

Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI) ha richiesto un mandato di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

Questo mandato è stato emesso per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità legati al conflitto a Gaza.

La decisione ha suscitato reazioni forti e contrastanti a livello internazionale.

Il procuratore capo della Corte Penale Internazionale (CPI), Karim Khan, ha richiesto mandati di arresto anche per i leader di Hamas. Tra questi ci sono Yahya Sinwar, Mohammed Diab Ibrahim Al-Masri (conosciuto come Deif) e Ismail Haniyeh. Questi leader sono accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità legati al conflitto a Gaza e alle violenze del 7 ottobre 2023.

Israele, vittima dei fatti del 7 ottobre 2023, è diventato a sua volta carnefice,

violando gravemente più volte il diritto internazionale umanitario che vieta gli attacchi deliberati contro obiettivi civili, inclusi i peacekeeper e le ambasciate e dunque, commettendo altrettanti crimini di guerra e scatenando una scia di sangue che deve essere fermata.

Gli episodi ormai sono numerosi e reiterati e non si fermano agli attacchi deliberati ad obiettivi civili senza il rispetto delle norme internazionali.

Un incidente mortale ha coinvolto il presidente iraniano Ebrahim Raisi il 19 maggio 2024 ed ha sollevato molte domande e speculazioni. L’elicottero su cui viaggiava si è schiantato in una zona montuosa coperta di nebbia nella regione di Varzaqan, nel nord-ovest dell’Iran.

Le autorità Iraniane hanno attribuito l’incidente al maltempo, affermando che non ci sono tracce di sabotaggio o di interferenza.

Tuttavia ci sono state speculazioni e teorie di complotto che suggeriscono il coinvolgimento di servizi segreti, che rimangono comunque non confermate e non supportate da prove concrete, ma potrebbe anche trattarsi di una maniera per nascondere un fallimento dell’intelligence iraniana.

Altrettanto criminose sono le esplosioni di cercapersone, nelle quali Israele era riuscita ad occultare cariche esplosive, episodio che ha creato ulteriori vittime innocenti, civili inermi, tra i quali una bambina di dieci anni.

Un crimine di guerra potrebbe considerarsi anche l’uccisione, il 27 luglio 2024, a Teheran di Ismail Haniyeh, capo di Hamas, in un raid Israeliano. Era considerato una figura moderata all’interno di Hamas. L’azione sembra non giustificata da necessità militari.

Il 27 settembre 2024 durante un bombardamento israeliano a Beirut, è stato ucciso anche Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah dal 1992, figura di spicco nel panorama politico e militare del Libano, noto per la sua leadership durante i conflitti con Israele e per il suo ruolo nella guerra civile siriana.

L’operazione di intelligence israeliana ha decimato la leadership di Hezbollah. Questo evento ha avuto un impatto significativo sulla situazione politica e militare in Libano, creando un vuoto di potere e aumentando le tensioni nella regione.

Recentemente Israele ha attaccato basi Unifil nel sud del Libano.

L’esercito Israeliano ha infatti colpito diverse basi, inclusa una base Italiana, causando danni significativi e ferendo alcuni peacekeeper.

L’Italia ha reagito con forte disapprovazione agli attacchi. Il Ministro della Difesa Guido Crosetto, ha convocato l’ambasciatore Israeliano a Roma per protestare ufficialmente.

La Premier Meloni ha dichiarato che gli attacchi sono inaccettabili e ha mantenuto contatti costanti con il comando della missione Unifil.

Inoltre l’Italia ha chiesto un incontro di emergenza al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per discutere della situazione. L’Italia ha circa 1.100 soldati impegnati nella missione di peacekeeping in Libano e ha ribadito il suo impegno a non abbandonare le posizioni.

Israele ha giustificato gli attacchi alle basi Unifil affermando che erano necessari per rispondere a minacce percepite nella regione. Tuttavia questa giustificazione è stata ampiamente contestata a livello internazionale. Il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, ha dichiarato che gli attacchi potrebbero costituire crimini di guerra e ha sottolineato che non erano giustificati da alcuna necessità militare.

Non contenti, stanotte Israele ha ancora una volta attaccato la base italiana Unifil pretendo l’allontanamento delle Forze internazionali di pace.

In buona sostanza si fronteggiano da un lato gruppi islamici che da anni si macchiano di sanguinosi attentati nel mondo intero e dall’altro Israele che si sente in diritto di difendersi dagli attacchi dei fondamentalisti islamici.

Si comportano tutti come demoni assetati di sangue, indifferenti alla morte di moltissimi innocenti e alla distruzione di paesi interi, mentre la Comunità internazionale tollera situazioni nelle quali dovrebbe intervenire con determinazione per pretendere e ottenere, a seguito di negoziati, una pace duratura, prima che accada l’irreparabile. Purtroppo gli interessi di pochi ormai, contano più della Pace.

La situazione è preoccupante e dovrebbe indurre soprattutto i potenti della Terra a riflettere.

Dovrebbe ulteriormente preoccupare il fatto che la Federazione Russa e l’Iran abbiano offerto il proprio aiuto agli Hezbollah, perché questo intervento, senza dubbio allargherà il conflitto a dismisura.

Non si comprende poi, perché si utilizzino anche a livello internazionale due pesi e due misure: Vladimir Putin raggiunto da un ordine di cattura internazionale per i noti fatti in Ucraina, non può liberamente viaggiare per il mondo, Benjamin Netanyahu invece, può liberamente viaggiare e recarsi persino in America.

La minaccia di un conflitto globale si fa, purtroppo, sempre più pressante e il pericolo di uso di armi atomiche, nelle mani di loschi figuri accecati dalla follia e dagli interessi è sempre più concreto.

C’è aria di guerra. Una guerra in cui non ci saranno né vincitori, né vinti.

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