La banca è responsabile se finanzia imprese decotte.
Corte di Cassazione: la concessione di credito ad un’impresa decotta rappresenta un illecito che l’espone la banca al risarcimento del danno.
Questione da sempre di particolare interesse nei rapporti tra banche e imprese è quella che concerne i vincoli cui è soggetta la banca nell’attività di concessione del credito.
Non di rado, difatti, gli istituti finanziari vengono accusati di aver immotivatamente negato la concessione di linee di credito ovvero di averle improvvisamente revocate.
In altri casi, di contro, alle banche si attribuisce la responsabilità di aver accordato finanziamenti ad imprese decotte e dunque non meritevoli di credito, così procrastinandone la sopravvivenza e semmai determinando un incremento del passivo, in danno dei creditori.
I fornitori, ad esempio, tendono generalmente ad aumentare la propria esposizione nei confronti dell’impresa adempiente; talché, l’adempimento che trova la propria genesi in sovvenzioni bancarie ingiustificate finisce per dare ai fornitori un’immagine, dell’impresa cliente, non aderente alla realtà.
Sull’abusiva concessione di credito si è espressa la prima sezione civile della Corte di Cassazione con ordinanza n.11155/2024.
Mediante tale provvedimento gli ermellini – richiamando i precedenti di legittimità n.18610/2021 e n.29840/2023 – hanno statuito i seguenti principi di diritto:
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«l’erogazione del credito che sia qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata, con dolo o colpa, ad un’impresa che si palesi in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed in assenza di concrete prospettive di superamento della crisi, integra un illecito del soggetto finanziatore, per essere questi venuto meno ai suoi doveri primari di una prudente gestione, obbligando il medesimo al risarcimento del danno, ove ne discenda un aggravamento del dissesto favorito dalla continuazione dell’attività di impresa»;
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«la responsabilità della banca, in caso di abusiva concessione del credito all’impresa in stato di difficoltà economico-finanziaria, può sussistere in concorso con quella degli organi sociali di cui all’art. 146 l.fall., in via di solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 c.c., quali fattori causativi del medesimo danno, senza che, per altro, sia necessario l’esercizio congiunto delle azioni verso gli organi sociali e verso il finanziatore, trattandosi di litisconsorzio facoltativo»;
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«il curatore fallimentare è legittimato ad agire contro la banca per la concessione abusiva del credito, in caso di illecita nuova finanza o di mantenimento dei contratti in corso, che abbia cagionato una diminuzione del patrimonio del soggetto fallito, per il danno diretto all’impresa conseguito al finanziamento e per il pregiudizio all’intero ceto creditorio a causa della perdita della garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.».
La pronuncia merita attenta lettura anche perché la Corte, mediante motivazione molto argomentata, ha escluso che l’ammissione dell’istituto di credito al passivo fallimentare della società precludesse alla curatela la possibilità di proporre azione risarcitoria per abusiva concessione di credito.