Riforma del Dlgs 139/05 e parità di genere

Riforma del Dlgs 139/05 e parità di genere

La proposta di riforma del CNDCEC in tema di equilibrio di genere e generazionale suscita molte perplessità

Leggo la proposta del Presidente Nazionale De Nuccio in merito alla presenza che ci dovrebbe essere nei Consigli degli Ordini territoriali e nel Consiglio Nazionale in tema di genere meno rappresentato e iscritti all’albo di età inferiore ai 45 anni e, sinceramente, mi chiedo se non dovremmo anche noi, nella stesura delle regole, applicare la tanto agognata semplificazione che chiediamo al nostro Legislatore.

Per chi legge riporto il testo vigente dell’art.21:

“Sono ammesse solo le liste nelle quali è assicurato l’equilibrio tra i generi in modo che al genere meno rappresentato sia attribuita una quota non inferiore a due quinti, arrotondata per difetto.”

Semplice, lineare , la cui interpretazione non suscita dubbi ed i cui obiettivi sono comprensibili anche ai meno attenti.

Gli effetti di modifica normativa? Altrettanto facilmente misurabili: le componenti femminili dei Consigli sono salite al 39% circa a fronte di una percentuale di circa il 28% nel precedente mandato

Anche laddove non vi è (ovviamente) il vincolo, e cioè nella nomina del presidente, le donne sono aumentate dal 10% circa al 15% circa, probabilmente anche per un “effetto traino”.

Passiamo ora al testo proposto ed in discussione.

Si legge all’art. 21 della bozza del CN:

“(omissis)e in modo da assicurare l’equilibrio tra i generi e quello generazionale. Al genere meno rappresentato e agli iscritti all’albo con età inferiore a 45 anni è attribuita complessivamente una quota non inferiore a quelle calcolate sul totale degli iscritti all’albo e all’elenco speciale alla data di convocazione dell’assemblea elettorale. In ogni caso al genere meno rappresentato o agli iscritti all’albo con età inferiore a 45 anni deve essere riservata una quota non inferiore ad un terzo degli iscritti all’albo e all’elenco speciale alla data di convocazione dell’assemblea elettorale.”

Non sfugge l’insieme dei dubbi interpretativi che possono sorgere da una simile previsione, confermati anche in sede di confronto con altri Colleghi.

La quota riservata può essere composta solo da under 45 senza tener conto del genere meno rappresentato? ….la percentuale a base del calcolo di presenza  nei Consigli è data dalla somma degli under 45 e del genere meno rappresentato oppure viene usata la percentuale maggiore fra le due (ma sarebbe una follia!)…..negli under 45 per il calcolo si devono togliere coloro che già sono nel genere meno rappresentato oppure viceversa

Tutte domande lecite le cui risposte aprono scenari molto differenti.

Solo per questo la proposta dovrebbe essere bocciata lasciando il testo invariato o prevedendo, tuttalpiù, che perlomeno un componente della lista rispetti il requisito generazionale.

Ma ciò che lascia perplessi, e che nella revisione emerge con evidenza, è una confusione di fondo  tra la nozione di Parità di genere e quella di Pari Opportunità.

La Parità di genere, sancita dalla Costituzione, si riferisce al principio imprescindibile di uguaglianza tra uomini e donne, per promuovere la giustizia sociale e combattere le discriminazioni basate sul genere.

Un principio fondante, dunque, il cui mancato rispetto ha condotto all’annullamento delle nostre elezioni per un regolamento che non prevedeva una rappresentanza di genere nelle liste.

Le  “pari opportunità” possono, invece, essere considerate  più come un impegno della collettività a garantire che tutti abbiano le stesse opportunità di valorizzare sé stessi e di realizzare il proprio potenziale, indipendentemente da caratteristiche come il genere, l’età, l’origine etnica o altre forme di diversità. Questo nella consapevolezza che deve essere garantito un accesso equo e non discriminatorio alle risorse e alle opportunità, consentendo a ciascun individuo di svilupparsi e crescere in modo pienamente soddisfacente.

Tanto è vera la differenza che la presenza del genere meno rappresentato è un obbligo che non può essere violato, mentre la previsione di vincoli per un equilibrio generazionale no!!.

Ampliare, come si vuole nella nuova versione, il concetto passando dalla stesura attuale di tutela di un principio costituzionale ad una più ampia strategia di perseguimento di “pari opportunità” condurrebbe a porsi molte domande.

Ad esempio, perché proprio 45 anni come scelta(è una età che non mi pare possa essere definita  “giovane” tout court)? Perché non sono inserite anche altre categorie che sono discriminate sul lavoro come coloro che vivono una disabilità (che, a ragione, vengono affiancati nelle politiche condotte in tema di pari opportunità)? Perché non prevedere la presenza nelle liste del CN di quote di rappresentanza di Ordini territoriali di piccole, medie e grandi dimensioni?

Insomma ben ha fatto il Legislatore a imporre come vincolo il rispetto solo del dettato costituzionale inserendo, però, in aggiunta, la creazione di un nuovo Organo elettivo come il Comitato pari Opportunità per accrescere, all’interno della professione, l’impegno in politiche di valorizzazione degli iscritti con meno possibilità di crescita.

Forse una soluzione sarebbe quella di prevedere proprio nelle elezioni di questo Comitato il rispetto di un equilibrio generazionale.

Ed allora alla luce di quanto detto perché complicare in modo così arzigogolato le cose?

In tutto il testo proposto del Dlgs. 139/05, del resto, emerge una voglia di innovare che non si capisce bene a quale vision si ispiri ed a quali risultati si desideri giungere…ma su questo vi sarà ben occasione di discuterne con altri approfondimenti!

Per ora mi limito a sottolineare che personalmente l’articolo 21 lo lascerei così, tuttalpiù ( senza parlare di equilibrio generazionale che poco o nulla vuol dire in questo ambito) prevedendo che almeno uno dei componenti della lista (di qualsiasi genere sia) rispetti il vincolo di età, ad esempio dei 34 anni ( limite che darebbe un senso alla scelta poiché utilizzato in Italia dalle istituzioni, anche ai fini statistici, per considerare un individuo giovane).

Modificherei, invece, le regole previste per il Comitato pari opportunità, prevedendo in esso il rispetto di un equilibrio generazionale ed attribuendo anche una maggiore rilevanza (soprattutto a livello nazionale) rispetto a quella, a mio parere troppo marginale, attribuita attualmente ad esso.

8 pensieri su “Riforma del Dlgs 139/05 e parità di genere

  1. Giuseppe Iacono dice:

    Approvo quello che scrivi, si potrebbe parlarne a livello di base … ma forse non si vuole! Le Assemblee territoriali hanno manifestato una incapacità a discriminare i significati a tal punto da confonderli e … alla fine è uscito fuori un “lascia passare” alla vecchia maniera … senza un costruttivo confronto consapevole. Si sono fatte tante “vetrine” … “di base” … “di quadri” … “tematiche” … ma non si è mai colto un significativo confronto nè a Roma, nè a Torino … ne in altri posti o altri tempi. Inconsapevolmente siamo di fronte ad un problema di estinzione e non lo vogliamo vedere … e più mancheremo a volgere lo sguardo su questo è su altre materie … più vicini saremo allo sfacelo della categoria. Ciao Marcella.

    • Marcella Caradonna dice:

      Unico modo per offrire risposte concrete da parte della nostra professione al cambiamento epocale del contesto in cui operiamo è il confronto e ringrazio questa piattaforma che, realizzata da un attento collega, mi sollecita di volta a condividere esperienze, riflessioni ed approfondimenti.

  2. Margherita Monti dice:

    Cara Marcella non siamo state sempre d’accordo e non abbiamo sempre condiviso i medesimi principi ma questa volta quello che scrivi sull’art 21 porta a fare degli approfondimenti importanti … interessante quanto rilevi sulla parità di genere e sulle pari opportunità oltre che all’età indicata di 45 anni. Porterò in consiglio e in conferenza.

    • Marcella Caradonna dice:

      Cara Margherita la diversità di vedute è la ricchezza della democrazia, ma entrambe amiamo la nostra professione e ci impegniamo per la sua crescita e questo sicuramente ci accomuna. Il tema dell’art. 21 non è per nulla banale e sono contenta di aver esposto l’analisi derivante dallo studio che ho attuato perché dagli spunti di uno possono nascere riflessioni e contributi di altri migliorativi del testo proposto.

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