Lo sport ? La più antica forma di prepotenza antidemocratica

Lo sport ? La più antica forma di prepotenza antidemocratica

Quando un atleta è o non è donna?

Negli ultimi giorni, complice il fatto che una delle atlete (femminile!) è italiana si è consumata la tragicommedia del gioco/dubbio dei sessi in una disputa sportiva.

O meglio una vera tragedia per lo sport che trova nel nuovo Salomone/Thomas Bach il suo sacerdote:

Il presidente del CIO, Thomas Bach, ha infatti affermato che “non c’è mai stato alcun dubbio” sul fatto che le due pugili siano donne, dato che sono state cresciute come donne, sono donne nei loro passaporti, e hanno gareggiato a lungo come donne.” Nel suo tentativo di evitare qualunque parametro biologico, Bach sembra ammettere indirettamente di essere consapevole della situazione problematica e cerca di giustificarsi.

Scusate l’iperbole ma è come dire che se uno è vegetariano e gli piacciono le briglie e correre nei prati e che è cresciuto in questo modo potrebbe essere definito cavallo ?

Da una parte si deve ricordare che il primo riferimento nello sport è il passaporto, nel quale si riporta il sesso (M/F) con buona pace delle voglie LGBT+ di distinguo e specifiche.

Inoltre, salvo smentite, anche in un paese che definire estremamente ortodosso come l’IRAN in cui l’omosessualità è punita ferocemente (è solo una constatazione legata alla esclusione di oltre 7.000 condanne a morte degli omosessuali a seguito della rivoluzione del 1979) esistono sia strumenti e percorsi chirurgici che procedure anagrafiche per consentire il cambio di sesso, dal 1987.

Certo è che il problema pare molto vario già nella vita comune e già oggi dobbiamo tenere presenti molti differenti atteggiamenti e situazioni che su basi assolutamente incerte, e che non condivido, già alla nascita che i genitori potrebbero arbitrariamente prendere *.

Ma tornando allo sport, il campo in assoluto più razzista  e omofobo su cui imbastire la battaglia tra i sessi anche perché è proprio nel fatto di specie che tale problematica trova una consistente realtà.

Perché è possibile definire in tal modo lo sport?

Non solo per motivi derivanti da regolamenti più o meno chiari ma anche perché, senza tirare in ballo il fattore sesso, in alcuni sport non c’è spazio per esempio per gli atleti di colore, infatti non ho memoria di nuotatori o ciclisti di colore di caratura internazionale e questo solo per selezione delle performance sportive.

Ora, pretendere che una donna iperandrogina, o addirittura trans-gender, perciò maschio (con cromosoma Y!!!)  possa competere negli sport femminili è stato oggetto di critiche anche nei confronti di una icona dell’inclusività, la grande tennista Martina Navratilova.

Se accantoniamo per un attimo l’idea populista di De Coubertin («L’importante nella vita non è il trionfo ma la lotta. L’essenziale non è aver vinto, ma aver lottato bene.») e torniamo al fatto reale e cioè che nessun atleta che si qualifica per le olimpiadi gareggia “per esserci” ma bensì per ottenere un risultato a discapito, ovviamente, degli avversari, l’unica regola assoluta diviene “ad armi pari”, e nel caso in oggetto tale regola basilare su cui si basano ad esempio le categorie di peso proprie del pugilato, viene meno.

A questo punto sia Imane Khelif che Lin Yu-ting, e i loro cloni sportivi che futuro potranno avere?

Credo che la logica che dice : cromosoma Y = maschio sia anche troppo ristretta in quanto se in una sciagurata ipotesi si decidesse di “fabbricare” una atleta maschio con somministrazione, fin all’infanzia o dalla nascita*, di testosterone e altre sostanze androgizzanti ad una femmina avremmo solo spostato il problema.

Forse, con il supporto di strategie anti-doping mutuate da altre discipline (per esempio i parametri ematologici per i ciclisti) si potrebbe giungere a un equa soluzione.

E le due atlete di cui sopra? Che si picchino pure furiosamente tra di loro e con gli altri atleti (atlete?) che abbiano definito come loro di seguire uno sport con una filosofia di vita differente da quella che definisco senza alcuna voglia di esclusione razzistica “normale”.

 

*Nel novembre 2017 la Corte suprema tedesca ha chiesto la legalizzazione di un «terzo sesso» sui certificati di nascita. La Germania sarebbe quindi il primo paese in Europa a riconoscerlo ufficialmente.

**La Corte costituzionale tedesca ha dato tempo alla Camera dei deputati fino alla fine 2018 per votare la legalizzazione di un «terzo sesso» sui registri delle nascite, accanto alle parole «maschio» e «femmina». La corte con sede a Karlsruhe invita i deputati a includere nei documenti in questione riferimenti quali «inter», «varia», o qualsiasi altra «definizione positiva del sesso». In Germania, dal maggio 2013 c’è la possibilità di non dare informazioni relative al proprio sesso lasciando vuoto il campo.

Australia e Nepal hanno già riconosciuto un terzo sesso o genere, noto anche come sesso neutro o intersessuale, né maschio, né femmina. In maggio, però, proprio la Francia ha rifiutato la menzione «sesso neutro», respingendo la domanda di una persona nata senza pene né vagina.

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