Turismo e alimenti i nostri punti di forza.

Turismo e alimenti i nostri punti di forza.

Il nostro Paese ha, da sempre, una connotazione ed una visibilità tutto sommato centrata su alcuni settori storicamente come il turismo e food.

Una breva analisi dei risultati recenti e delle prospettive future.

Infatti, in Italia nel 2023 sono arrivati 134 milioni di turisti tra stranieri e italiani, e il Paese si è classificato al quinto posto al mondo per numero di visitatori stranieri e 451 milioni di presenze negli esercizi ricettivi.

Questa stagione così appagante, con risultati eccezionali, in realtà non è il risultato di una politica di promozione internazionale ma anche, e specialmente, l’effetto della congiuntura di crisi internazionali che ha dirottato su alcuni paesi “sicuri” il turismo mondiale.

Infatti, anche se si sono azzerate le presenze da alcune nazioni, prima fra tutte la Russia, l’Italia è divenuta obbiettivo privilegiato di un gran numero di tour operator alla ricerca di destinazioni dotate di un grande appeal ma anche di grande sicurezza.

Starà al nostro sistema di ospitalità alberghiera sfruttare questa situazione per consolidare tali risultati.

Tra le altre caratteristiche che possiamo mettere in evidenza la varietà la qualità gastronomica è uno dei punti di forza assoluti.

Questo aspetto è anche uno dei settori di export da continuare a valorizzare, infatti il food è in forte incremento con un valore che è passato da un valore di 53 miliardi nel 2012  a circa 90 miliardi nel 2023.

Le esportazioni hanno visto una crescita continua, passando nello stesso periodo da 23 a 44 miliardi di euro con un saldo positivo di oltre 12 miliardi nel 2023.

Quello che però emerge è che il nostro Paese è un paese di trasformazione in quanto a fronte di tali valori di export stiamo importando quasi 22 mld di euro, di materie prime e prodotti agricoli a fronte di esportazioni per poco meno di 9 mld.

Se anche l’attività di “supremazia agroalimentare” è un concetto da perseguire (nel senso di grande qualità dei prodotti) il caffè torrefatto che ha un giro d’affari di oltre 5 mld, di cui la metà in prodotti esportati, è un settore in cui si opera senza che un solo chicco di caffè sia stato raccolto in Italia.

Su tale successo abbiamo, inoltre, avviato un nuovo settore che vede la produzione di caffè espresso a domicilio, utilizzando degli apparecchi elettrotermici a uso domestico per la preparazione del caffè, di cui l’Italia è diventato il primo esportatore comunitario e secondo a livello mondiale, alle spalle della sola Cina.

Questo esempio, ovviamente provocatorio, dovrebbe far capire che il nostro Paese detiene un know how che ci consente sia di produrre prodotti di grande prestigio (tutti da proteggere con marchi di origine) e dall’altra parte di riuscire a produrre, indicando chiaramente l’origine delle materie prime, anche dei prodotti che possano soddisfare esigenze più modeste dal punto di vista della qualità delle materie prime ma non inferiori come qualità organolettica.

Questo perché la politica di tutela delle materie prime rigorosamente italiane sta portando ad un aumento dei prodotti di fascia bassa che nella situazione attuale costringe le fasce meno abbienti a sacrifici non veramente  necessari.

Tutto ciò trova soluzione non importando “materie prime immondizia”, come pare essere da più parti affermato, ma controllando con cura quanto importiamo per tutelare la salute, la sicurezza e la qualità di quei prodotti che sono o diventeranno,  comunque, made in Italy anche perché, in alternativa si rischia di regalare intere fette di mercato a produttori stranieri che non hanno tutti i nostri scrupoli e ci riempiranno, questa volta sul serio, di prodotti (finiti) spazzatura!

In entrambi i casi basta copiare il modello cinese: per poter importare alimenti nel nostro Paese tutti i prodotti debbono avere analisi (fatte in Italia) e garanzie, oltre a etichette nella nostra lingua, che siano effettivamente prodotti salubri e dotati delle caratteristiche vantate in etichetta.

Altrimenti si rimandano all’origine, senza tante storie, e dato che tali attività di controllo devono essere in carico al produttore o all’importatore, solo così saremo in grado di tutelare effettivamente il nostro comparto agroalimentare senza dover affrontare ulteriori costi sui controlli di tali prodotti.

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