I pro e i contro delle case green.

I pro e i contro delle case green.

Il Parlamento Europeo ha approvato la cosiddetta Direttiva Case Green, più precisamente la Energy Perfomance of Building Directive (EPBD)

La nuova direttiva contiene alcune previsioni di sicuro impatto sul patrimonio immobiliare esistente in tutta Europa.

Il dibattito che ne è generato, in Italia come in altri stati dell’Unione , è stato ampio e controverso data la complessità dell’argomento.

Gli edifici dell’UE rappresentano il 36% delle emissioni di gas serra e il 40% dei consumi energetici, di cui la maggior parte possono considerarsi sprechi. Intervenire sugli immobili di proprietà significa incidere sui patrimoni delle famiglie italiane che, secondo i dati Censis diffusi a Dicembre 2022 ammontano al 70% dell’intera popolazione nazionale. In più la EPBD, pur prevedendo passaggi differenziati per residenziale e non residenziale e tra pubblico e privato, sembra voler dettare tempistiche rapidissime (10 anni per un primo importante efficientamento). C’è da chiedersi : chi farà questi investimenti? Si possono obbligare le famiglie ad affrontare spese ingenti per adeguare gli immobili, a pena di vedere svalutato drasticamente il valore di mercato del proprio bene?

Nel caso delle “case green” , l’Italia ha molto da dire nel segmento delle riqualificazioni. Favorire l’interscambio tra grandi e piccoli, tra aziende consolidate ed innovatori, è uno spazio di creazione del valore che potrebbe pagare enormemente in vista degli obblighi a cui il settore dovrà adempiere.

Le startup sono affamate e vivaci , le società si muovono spesso solo se accompagnate da quadri regolatori e incentivanti: potrebbe valer la pena assecondarle e guidarne la grande potenzialità verso investimenti “cleantech”. Insomma , l’opportunità di riqualificare il patrimonio edilizio e renderlo più efficiente è davvero importante, ma occorre non sprecare questa occasione.

Per scongiurare questo rischio è necessario nell’ordine non pensarlo come un intervento di breve periodo, liberare le intelligenze del settore che si occupano di innovazione sia con incentivi economici e regolatori e favorire la collaborazione tra grandi aziende e startup o centri di ricerca, imparando dai modelli che all’estero stanno già funzionando.

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