Commercialisti e parità di genere evitare il passo indietro

Commercialisti e parità di genere: un passo avanti e due indietro

La revisione D.lgs 139/05 riduce la percentuale riservata al genere basandosi su un calcolo numerico…ma è questa la “ratio legis” della norma?

Il tema dell’esigenza di meccanismi volti ad incentivare la parità di genere è da sempre fonte di grandi discussioni fra coloro che ritengono che se una persona ha doti e capacità possa emergere a prescindere dal genere e chi, invece, sostiene l’esistenza di fattori (non solo culturali) che rallentano ed (in alcuni casi) impediscono la valorizzazione delle professioniste.

Nell’ambito della realtà di noi Commercialisti credo che siano la storia ed i numeri a dare evidenza di una difficoltà reale delle donne per emergere sia nel proprio ambito lavorativo che nella Governance Ordinistica.

Posso dirlo io, a ragion veduta, proprio perché, quale Presidente dell’Ordine più grande, godo di una posizione privilegiata nell’osservare il fenomeno.

Le Colleghe , ancora oggi, nella quotidianità, hanno problemi non indifferenti nella conciliazione casa – lavoro e, indubbiamente, sono molto poche le tutele a loro riconosciute laddove, per qualsiasi motivo, debbano rallentare la propria attività.

E’ significativo, inoltre, sempre a mio parere, del percorso ancora lungo che si deve compiere, che nel nuovo codice deontologico mentre, correttamente, si pone l’accento sulla tutela dei tirocinanti, vi sia solo un breve accenno all’importanza del rispetto dei principi di parità, senza nessun riferimento al vincolo etico di attenzione degli iscritti per supportare la valorizzazione delle Colleghe di studio anche in momenti delicati come, ad esempio, il periodo di maternità.

Non meno problematica è la presenza delle donne nei “piani alti” della politica di categoria

Ricordo a me stessa, prima che agli altri, che ci sono volute una battaglia in prima linea di alcune colleghe e la successiva norma vincolante per fa sì che nei Consigli vi fosse l’obbligo di una specifica presenza del genere meno rappresentato (a mia memoria – chissà perché – nei singoli territori, sempre quello femminile).

Conseguenza è stata che è cresciuto “per forza” il numero di Consigliere elette, ma le Presidenti Donne da 14 sono salite solo a 19.

I numeri, per chi sa leggerli, evidenziano un gap effettivo che deve essere colmato e, come ormai avviene nella maggior parte delle realtà moderne, non ci si può limitare, a mio parere, a dichiarazioni di principio che non trovano, poi, riscontro nei fatti.

Per questo non posso che non essere contraria alla proposta introdotta nella bozza di modifica della nostra legge istitutiva diffusa dal Consiglio Nazionale che riduce il vincolo di rappresentatività del genere meno rappresentato nei Consigli territoriali e del CNDCEC da 2 quinti a 1 terzo.

Credo che la motivazione data, e cioè che il rapporto individuato sia connesso alla percentuale di professioniste iscritte, non sia condivisibile alla luce dell’attuale situazione.

Mi piacerebbe, ed è una proposta concreta, che l’esperienza di una certificazione della parità di genere ottenuta da alcuni Ordini sia fatta propria dal CNDCEC per dar vita ad una certificazione della struttura Ordinistica nel suo complesso.

Sarebbe, indubbiamente, una cartina di tornasole oggettiva della situazione generale della componente femminile nella nostra realtà e, ne sono sicura, porterebbe il nostro CNDCEC a non modificare l’art. 21 del Dlgs. 139/05 poiché, stante lo stato dell’arte, a mio parere, la variazione proposta costituirebbe un ritorno al passato inutile e dannoso.

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