Il prosciutto di Parma rischia di blocco delle esportazioni

Il prosciutto di Parma rischia di blocco delle esportazioni

Il crudo di Parma, una delle eccellenze del nostro Paese messo a rischio dalla peste suina.

Dopo un assurdo e incomprensibile silenzio solo recentemente il Consorzio del prosciutto di Parma chiede l’abbattimento dei cinghiali

La PSA ovvero Peste Suina Africana, una patologia che pur essendo innocua per l’uomo sta decimando la popolazione dei cinghiali rappresenta un grande pericolo per gli allevamenti dei suini da cui si ricava il pregiatissimo prosciutto crudo di Parma, e non solo.

Per coloro che non conoscono la gravità della malattia ricordo che, comunque, stermina i suini, maiali o cinghiali, senza distinzione.

Forse la strategia polacca che ha portato all’abbattimento di quasi tutta la popolazione di cinghiali a fronte di un arresto della propagazione del contagio avrebbe dovuto essere adottata anche nel nostro paese, almeno in maniera selettiva, per alcune zone in si sono manifestati i primi casi e avrebbe potuto arginare il problema evitando l’allarme e l’emergenza attuale.

Infatti, per nulla rassicurate dall’affermazione che la stagionatura di 400 giorni, requisito del marchio DOP, impedisce che il prosciutto contenga il virus al momento del consumo Cina, Giappone, Taiwan, Cuba , Messico, Thailandia e Uruguay hanno bloccato completamente le importazioni mentre Brasile, Argentina, Perù, Serbia e Canada le hanno bloccate in parte.

Ma noi siamo sempre abituati a reagire solo alle emergenze conclamate, forse stavolta una azione più decisa avrebbe evitato di dover abbattere 40.000 maiali in sette regioni (Piemonte, Liguria, Campania, Lazio, Calabria Sardegna e Lombardia) senza riuscire ad arginare l’epidemia e, forse, non siamo che all’inizio di un calvario che potrebbe mettere in ginocchio non solo l’export del prosciutto ma anche, e specialmente, di salumi e altri insaccati, vanto del vero made in Italy.