Figli della globalizzazione
Ad una certa età cominci a pensare e comportarti in modo diverso.
Insieme agli acciacchi senili, arriva la consapevolezza di te stesso e una diversa visione della vita.
Ripensi ai genitori e ai nonni e ti ritrovi a fare cose che, quando le facevano loro, ti facevano sorridere, mentre loro minacciavano… “ ci passerai anche tu”.
Ed io ci sto passando.
La mia è stata tutto sommato una giovinezza felice, giocavo in strada, quando ancora i bambini potevano farlo, sotto lo sguardo vigile degli adulti che nelle sere d’estate sedevano nei cortili del vicinato a discutere della vita che scorreva…
La radio era già in uso a tutti, poi sono arrivati i primi televisori in bianco e nero e ancora ci si riuniva per vedere le poche trasmissioni serali; quindi sono arrivati i TV Color, i computer, i telefonini… fino alla moderna tecnologia che, alla me bambina, sarebbe apparsa fantascienza, ma che ha reso tutti sempre più soli ed isolati.
Noi, giovani dei tempi passati, eravamo pieni di vita e di sogni…
Mi guardo intorno e vedo un numero sempre più esiguo di ragazzi,
che già a pochi anni dalla nascita, hanno gli occhi vuoti e spenti, incollati ai computer ed ai cellulari di ultima generazione: non hanno mai giocato per strada, le liti tra bambini finiscono in tribunale e quello che per noi è stato un gioco ed ora è un accessorio per comunicare e uno strumento di lavoro è per loro l’oggetto dei desideri…
Certamente il mondo è cambiato. Ma siamo tutti noi ad aver permesso che cambiasse in peggio.
Abbiamo consentito che l’innocenza dei bambini venisse sporcata, mentre tentavamo di tenerli in una campana di vetro.
Volevamo per loro una vita migliore della nostra e li abbiamo resi impreparati alle difficoltà dell’esistenza.
Se fino a qualche anno fa, alle carenze economiche dei genitori, sopperivano le pensioni dei nonni, ora con le pensioni da fame che ci prospettano, potremo al massimo aiutare i nostri figli a pagare le tasse e comprare il cibo.
E i giovani? Sono ormai senza futuro e senza speranze.
Vittime della globalizzazione e di una società che sta togliendo loro persino la famiglia, si adagiano in una situazione di ignavia e come le rane bollite di Chomsky, sono ormai incapaci di dare quel colpo di reni e di dignità che li porterebbe in salvo, fuori dal calderone. Tutti uguali come soldatini di creta che si infrangono contro la vita e cotti nel brodo preparato da pochi, che si ciberanno dei loro cadaveri.
Tutto per responsabilità degli adulti.
Auguro ai giovani che possano recuperare la capacità di vivere, di scandalizzarsi, di ribellarsi… di sognare!