Suicidi per debiti

Suicidi per debiti

La vicenda

L’ultimo triste episodio di una lunga serie: un allevatore pugliese si toglie la vita dopo che la sua masseria viene svenduta all’asta a un decimo del suo valore.

I problemi economici dell’allevatore erano cominciati da tempo a causa di clienti che ritardavano i pagamenti o non pagavano per nulla.

Per salvare la situazione accese un mutuo, ma poi per la crisi e la pandemia non riuscì ad onorare il suo debito che ammontava a quarantamila euro.

Il suo legale riuscì a concludere un accordo con i creditori, offrendo la somma della vendita dell’azienda a rate mensili per bloccare l’asta.

I creditori accettarono la proposta, ma l’agricoltore non riuscì a versare i primi acconti. E così la vendita non venne più annullata. Era fissata per il 16 gennaio, ma il 4 qualcuno si è fatto avanti e l’agricoltore, si è ucciso.

Quante vite ancora dovranno essere sacrificate sull’altare delle esecuzioni forzate?

Quanto vale una vita umana?

Quando il nostro diritto prenderà atto che togliere ad un cittadino tutto ciò che ha costruito con grandi sacrifici e non dargli il valore che merita, costituisce una istigazione al suicidio? Il nostro sistema giuridico non prevede la carcerazione per debiti, ma lascia persone bisognose prive di tutela.

Vero che esistono i soliti “furbi”, i “cattivi pagatori”, ma esistono anche persone oneste che hanno problemi obiettivi.

Allora perché non tener conto delle situazioni concrete?

I “furbi” si salvano ad esempio, intestando i propri beni a persone di fiducia, o riescono a farli riacquistare all’asta per interposta persona.

Per salvarsi, non si può contare sul fatto che nessuno si presenti all’asta perché il bene non è appetibile…

Purtroppo accade che spesso le aste sono l’obiettivo di “affaristi”

che attendono l’ennesima asta e quando il prezzo del bene scende, acquistano per cifre irrisorie.

La riforma Cartabia ha anche introdotto la «vendita diretta», per consentire al debitore di reperire un acquirente dell’immobile, purché ciò avvenga senza frode ai creditori e senza procrastinare la procedura (artt. 568-bis e 569-bis c.p.c.), ma neanche questa sembra essere una misura sufficiente.

Ormai è chiaro che neppure la Legge 3/2012 (c.d. legge salva suicidi) è in grado di salvare la vita a cittadini onesti ed inermi. Essa infatti prevede che a fronte di debiti contratti da piccole imprese, professionisti o privati, un Gestore della crisi possa elaborare un piano di rientro.

Ma come può pagare e rispettare le scadenze imposte con un piano di rimborso del debito, chi ha problemi economici obiettivi e non ha modo di reperire i soldi necessari per salvare quei beni che costituiscono spesso il sacrificio di una intera vita?

  • Praticamente si lasciano in balia dei creditori e di affaristi senza scrupoli le persone che hanno maggiori difficoltà.

Infine, l’art. 586 c.p.c. prevede che il giudice dell’esecuzione possa sospendere la vendita forzata immobiliare sia quando la sproporzione tra il prezzo di aggiudicazione dell’immobile ed il suo valore commerciale derivi da fatti sopravvenuti al provvedimento di fissazione degli incanti, sia quando essa dipenda da errori valutativi commessi dall’esperto.

La sospensione della vendita forzata immobiliare costituisce l’esercizio di un potere discrezionale del giudice dell’esecuzione ed è vincolata alla preventiva individuazione del prezzo da indicarsi come “giusto” che va desunto dalla assenza di elementi fuorvianti eventualmente posti in essere in sede di formazione del prezzo stesso e dalle circostanze di fatto che hanno concorso alla realizzazione del prezzo di aggiudicazione, non al valore di mercato del bene o al raggiungimento del miglior risultato economico. Pertanto non va disposta la sospensione della vendita forzata immobiliare quando difetti la possibilità di pervenire in tempi brevi ad un prezzo maggiore di quello raggiunto in sede di aggiudicazione.

In buona sostanza, la legge legittima la svendita all’incanto dei beni del debitore. Ne consegue che la norma è sbilanciata perché viola diritti, dignità e sacrifici del debitore, che deve anch’esso essere tutelato, al pari dei creditori. Pertanto si rende necessario un intervento del Legislatore  in tal senso.

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