Il Recupero delle Spese di Giudizio

Come recuperare le spese del giudizio di primo grado, ove la sentenza venga riformata in appello

A norma dell’art. 282 cpc,

la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva tra le parti. Cioè: la parte vittoriosa in primo grado può agire esecutivamente nei confronti della parte soccombente e pretendere da essa le spese di giudizio liquidate dal giudice.

Ma cosa accade se la sentenza di primo grado viene riformata in appello?

Possono presentarsi due alternative:

O la Corte di Appello dispone sulla restituzione delle somme versate e, in questo caso non sorge alcun problema perché la sentenza di secondo grado è esecutiva;

oppure la Corte di Appello non pronuncia sul punto: in quest’ultima ipotesi, la sentenza di appello che non contenga un’espressa statuizione di condanna alla restituzione del pagamento, non costituisce titolo esecutivo, sorge tuttavia il diritto alla restituzione degli importi pagati (Cass. Ordinanza 23 giugno 2022, n. 20220; Cass. 29302/2022).

Non si tratta di un indebito arricchimento

e quindi non rileva in alcun modo lo status soggettivo, posto che il pagamento è avvenuto in virtù di una sentenza, ma essendo venuto meno il titolo in base al quale il pagamento è avvenuto, è necessario ricostruire il patrimonio di chi ha ingiustamente pagato (Cass. n. 9480/2010).

Tuttavia, poiché è irrilevante la buona o mala fede, chi ha chiesto l’esecuzione della sentenza di primo grado, non è tenuto a sopportare il rischio dell’attuazione della tutela giurisdizionale invocata, con riguardo alla decorrenza degli interessi applicabili (Cass. Civ., Sez. III, 12 novembre 2021, n. 34011)

La parte che intende recuperare le somme ingiustamente versate dovrà formulare apposita domanda in sede di gravame, ovvero attivare un giudizio autonomo.

L’istanza di restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di primo grado non è domanda nuova in appello, perché conseguente alla richiesta di modifica della decisione impugnata.

Se il pagamento è intervenuto in pendenza del giudizio di impugnazione, l’istanza di restituzione può essere formulata in qualunque momento, fino alla udienza di precisazione delle conclusioni (Corte di Cassazione Sez. 1 Sentenza N. 23972 del 29.10.2020; ordinanza n. 7144/2021)

Colui che sceglie di recuperare le somme pagate in virtù della sentenza di primo grado in un giudizio autonomo, dovrà munirsi di decreto ingiuntivo e comunque non gli sarà opponibile il giudicato, perché la rinuncia implicita alla domanda di cui all’art. 346 cpc, ha valore processuale e non sostanziale (Cassazione Ord. 24.03.2022 n. 9684).

Il termine di prescrizione del diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza di condanna di primo grado, riformata in appello,

è decennale, comincia a decorrere, ai sensi dell’art. 2935 c.c., dalla data di pubblicazione della sentenza di riforma ed è interrotta dalla notifica dell’atto di appello, fino al passaggio in giudicato, purché nell’atto o nel giudizio di appello, sia stata espressamente formulata la richiesta di restituzione delle somme corrisposte in esecuzione della sentenza di primo grado (Cass. Ord. n. 27131 del 25/10/2018).

Il difensore distrattario è tenuto in proprio alla restituzione delle somme a seguito di riforma della sentenza di condanna.

            Il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza di appello

tuttavia a norma dell’art. 373 Cpc, il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata può, su istanza di parte e qualora dall’esecuzione possa derivare grave e irreparabile danno, disporre con ordinanza non impugnabile che la esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.

Secondo la Corte di Cassazione, in materia, deve escludersi un rapporto di pregiudizialità logico-giuridica tra il giudizio d’impugnazione e quello promosso per ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione della sentenza poi riformata in appello; tuttavia ai fini del legittimo esercizio del potere di sospensione discrezionale del processo, previsto dall’art. 337, secondo comma, cod. proc. civ., è indispensabile da parte del giudice, un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità della decisione di cui venga invocata l’autorità in quel processo, sulla base di un confronto tra la decisione stessa e la critica che ne è stata fatta. (Cass. 29302/2022 del  07/10/2022).

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