L’ecommerce un tanto al metro lineare

L’ecommerce un tanto al metro lineare

Siti di ecommerce, perchè falliscono e la mentalità errata degli operatori del settore che invece dovrebbero avere le competenze giuste per aiutare gli imprenditori a vincere sul mercato.

Nella mia ormai ventennale esperienza nel settore mi è capitato di vedere di tutto. Tutti vorrebbero vendere online tanto che negli anni sono spuntati come funghi sistemi di vendita online on demand, piattaforme in cloud di ecommerce preconfezionati, siti di ecommerce che non sono ecommerce, siti cataloghi senza carrello per gli acquisti di cui si credeva non fossero ecommerce ma che il legislatore ha catalogato come tale (con tutte le conseguenze fiscali del caso) ma soprattutto una estrema disattenzione da parte degli operatori fiscali e commerciali sul fenomeno, su cosa stava succedendo e su costa succedendo anche solamente oggi mentre scrivo.

Personalmente, per molti anni, mi sono tenuto lontano dall’ecommerce per il semplice fatto che già in tempi non sospetti sapevo che era una “bestia” da cavalcare per nulla semplice da domare e che occorrevano molte competenze anche trasversali per poter dare un servizio di qualità che non ponesse il cliente di fronte a rischi pesanti dal punto di vista del diritto commerciale, della fiscalità e anche degli enti e delle istituzioni preposte al controllo e alle certificazioni dei prodotti in determinati ambiti merceologici.

Mi è capitato purtroppo e con rammarico dover affrontare problematiche estremamente spinose con clienti di ecommerce che non hanno voluto seguire le mie indicazioni e che poi si sono trovati alle corde con dispendio di risorse economiche ben più rilevanti rispetto a quanto investito sulla piattaforma di vendita online. E mi trovo purtroppo a dover constatare che non solo le cose dal punto di vista culturale non stanno cambiando ma esiste una vera refrattarietà e comprendere il fatto che l’ecommerce non è un software che si acquista un tanto al metro lineare ma è un vero processo aziendale che coinvolge PESANTEMENTE e STRUTTURALMENTE ogni aspetto, ogni funzione e ogni dinamica di una azienda, in tutto il suo complesso.

E allora, quando un aspirante imprenditore che desidera aprire un sito di ecommerce e lanciarsi così nel mondo dell’imprenditoria “digitale” o “virtuale” si reca dal commercialista per mettersi nelle sue mani, mi tocca in tanti frangenti, aggiustare il tiro e rilevare che le informazioni ricevute dall’esperto sono spesso discordanti con la realtà dei fatti. Oggi si può ben dire che il legislatore è andato molto più avanti rispetto a quelle che sono le conoscenze e le competenze di molti dottori commercialisti iscritti all’albo e non. E da cosa lo constato? Semplice, dalle sanzioni, dagli insuccessi fragorosi di molti progetti che vanno avanti più per noia che per altro e dai numeri che non ci sono. Ma non solo, ho visto persino leregistrazioni contabili sbagliate: un dominio web non è pubblicità ma è un cespite, un sito web vetrina è pubblicità, la struttura di un sito di ecommerce con tutta l’interfaccia per la gestione ordini e vendite no! Eppure, ho visto anche questo. Mi sono dovuto prodigare io, quache anno fa a produrre un articolo che spiegasse come si registra un ecommerce ai fini contabili e un sito web perché in materia c’è una confusione pazzesca! Qui l’articolo: https://innovando.it/trattamento-contabile-dei-siti-internet-e-dei-nomi-a-dominio/

E per non parlare poi degli obblighi informativi che ormai ogni “cristiano” che voglia essere presente sul web deve conoscere ad occhi chiusi? Eppure si vedono milioni di siti web che sono totalmente al di fuori da ogni più banale regola spesso soprattutto quelli di coloro che invece queste regole e questi obblighi dovrebbero conoscerli e renderli presenti ai propri clienti (commercialisti e avvocati).

Secondo voi che mi leggete, se aprite un negozio fisico con tanto di magazzino prodotti, la cassa, le insegne, le registrazioni contabili e le segnalazioni ai vari enti, il personale, l’allestimento del negozio, le assicurazioni varie, magari un po’ di pubblicità, può costare 29,00 Euro al mese? E’ mai possibile questo?

Quindi tornando a bomba, quando un cliente decide di aprire un sito di e-commerce cosa fa generalmente? Si rivolge al commercialista. Il commercialista dovrebbe:

  1. Fargli uno studio di fattibilità.
  2. Dovrebbe aiutare il cliente a redigere un business plan.
  3. Dovrebbe spiegare al cliente gli oneri fiscali
  4. Dovrebbe spiegare al cliente quali sono gli aspetti legali che andranno inquadrati da un legale
  5. Dovrebbe inquadrare il progetto ai fini IVA, ai fini delle registrazioni, di come viene registrato un sito di e-commerce, un dominio. A maggior ragione se si vende all’estero. Regimi iva diversi, rappresentanze fiscali, domande all’Agenzia delle Dogane etc…
  6. Dovrebbe mettere in regola la posizione con i vari Enti, Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, redigere e inoltrare la SCIA.
  7. Dovrebbe spiegare al cliente quali sono gli obblighi di pubblicazione e quando l’e-commerce è inquadrato all’interno di un progetto finanziato, a maggior ragione e spiegare al cliente cosa rischia se non lo si fa.
  8. Dovrebbe spiegare e raccomandare il cliente di fare attenzione e di adeguarsi alla legge quadro denominata GDPR, cosa comporta, rischi, procedure, attuazioni etc… e se non è competente in materia indirizzare il cliente verso un professionista competente.
  9. Certificare la compliance del sito e dell’azienda in bilancio in apposita sezione. Obbligatorio per il commercialista da aprile 2022. E quindi già dall’anno 2021.
Invece questo non succede quasi mai. E ho menzionato solo alcune cose, nemmeno tutte. Perché occorre anche sensibilizzare il cliente sulle questioni relative alla gestione del consenso degli utenti, il cosiddetto GDPR ma per farlo bisogna sapere cosa si sta dicendo e io vedo moltissimi siti, quasi tutti, di studi professionali che non rispondono elle indicazioni del Garante per la Privacy.

Invece purtroppo mi trovo spesso a supportare le mancanze di professionisti iscritti ad un albo che pensano ancora di essere il centro del mondo e non lo sono più da un pezzo. Quei professionisti lì, non tutti, è meglio che spariscano. La contabilità posso farmela fare anche da un ragioniere e anzi, prima o poi la farà direttamente l’Agenzia delle Entrate.

Lo stesso dicasi quindi per chi offre servizi di realizzazione di siti di ecommerce. Esistono due grandi gruppi, quelli che se ne fregano e pensano solo ai propri soldi e quello che il cliente gli manda, lo usano senza fare domande, giusto o sbagliato che sia e quelli che invece stanno dalla parte del cliente, con senso di responsabilità e cercano di “parare i colpi” o coprire i buchi lasciati da altri professionisti per evitare al cliente un sacco di guai. I primi vendono siti di ecommerce al metro lineare i secondi vendono consulenza su processi di vendita tramite piattaforme digitali e si integrano alla perfezione con i processi e le dinamiche aziendali assieme a professionisti responsabili che sanno fare il proprio mestiere. Per i primi, un sito può valere 29,00 Euro al mese e sono quelli che non scollinano mai i fatidici due anni per arrivare al breakeven, i secondi vincono. Su 10 siti di ecommerce che nascono, 9 muoiono al primo anno anche a causa di tutto quello che ho scritto qua e tanto altro. Uno su 10 mediamente vince e vince anche molto bene.

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